Corriere della Sera, 27 novembre 2022
Dalila Procopio, l’italiana esplusa dalla Turchia
È sempre più difficile manifestare in Turchia. Venerdì scorso era la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne e, come in gran parte del mondo democratico, in molte si erano date appuntamento a Karakoy, nella parte europea di Istanbul, per protestare contro i 349 femminicidi avvenuti dall’inizio dell’anno nel Paese ma anche per solidarizzare con le sorelle iraniane. Il corteo, però, non era stato autorizzato, come ormai accade di frequente, così mentre le donne intonavano lo slogan iraniano «Donne, vita e libertà» la polizia ha sbarrato loro il passaggio. I manifesti viola sono finiti per terra proprio all’imbocco di viale Istiklal, la via dello shopping che il 13 novembre era stata teatro di un attentato in cui avevano perso la vita sei persone.
Tra le arrestate, circa duecento, c’è anche un’italiana. Si chiama Dalila Procopio, ha 25 anni, è nata a Napoli e residente a Catanzaro si trova a Istanbul per seguire l’Erasmus. Le viene contestato di avere un permesso di soggiorno scaduto il 14 agosto. Ma il padre, che è un brigadiere dei carabinieri, ha assicurato che la figlia è in regola e il suo visto è valido fino a dicembre.
A dare la notizia dell’arresto è stata l’associazione femminista Mor Dayanisma («solidarietà viola» in turco), di cui la giovane fa parte, che sui social aveva chiesto il rilascio di Dalila e di un’altra attivista proveniente dall’Azerbaigian. Ieri le femministe sono riuscite a parlare con le due ragazze ed hanno assicurato che stanno bene. Presto saranno trasferite in un centro di rimpatrio per essere poi espulse. Una soluzione avallata anche dalla Farnesina, che si è subito attivata, ma che trova la ferma contrarietà di Mor Dayanisma: «Faremo appello contro questa decisione perché è contro le legge».
«Non ci arrendiamo – hanno gridato le manifestanti durante il corteo —, la polizia pensi ad arrestare i violentatori, non ci vieti di scendere in piazza». Nel documento di lancio della protesta, indetto dalla «piattaforma per il 25 novembre», si leggono dure critiche al presidente Recep Tayyip Erdogan: «Il governo dell’Akp sta conducendo ogni giorno una guerra contro le donne e le persone Lgbt+. Le donne vengono molestate, violentate, assassinate; le persone Lgbt+ sono esposte a mille tipi di discriminazione attraverso i crimini d’odio». Sul sito della piattaforma è stata anche pubblicata la foto di una giovane cui sarebbe stata spezzata una gamba in due punti durante la custodia della polizia. La maggior parte delle fermate è stata poi rilasciata.
Lo scorso anno Erdogan aveva deciso il ritiro dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne, firmata proprio ad Istanbul nel 2011. Secondo il partito filo islamico Akp il testo danneggia l’unità familiare, incoraggia il divorzio, promuove l’omosessualità e introduce concetti come l’identità di genere. Quest’anno il Parlamento ha approvato una legge che aumenta la pena se il crimine è commesso contro una donna e rende il reato di stalking punibile con il carcere. Venerdì il presidente turco ha promesso che «alzerà costantemente l’asticella» nella prevenzione di questi reati: «Non possiamo consentire che una singola donna sia sottoposta a violenza» ha detto.