Corriere della Sera, la Repubblica, 27 novembre 2022
In morte di Vladimir Makei
Che la posizione di Vladimir Putin sul trono di Mosca sia oggi molto più fragile di prima dell’invasione dell’Ucraina nove mesi fa è ormai cosa nota. I fallimenti del suo esercito contro la ferma volontà di resistenza del popolo ucraino, sommati all’evidente superiorità delle armi fornite dalla Nato, gli hanno procurato critiche anche tra gli alleati più stretti. Non è dunque strano che adesso anche i Paesi legati a Mosca da trattati di cooperazione militare avanzino sospetti e dubbi sulla stabilità di quei legami. L’Ucraina resiste militarmente e intanto paragona i «crimini di guerra» compiuti dai russi, compresi gli ultimi attacchi alle infrastrutture civili, allo Holodomor: la grande fame causata dalla repressione stalinista nei primi anni Trenta. Ieri il novantesimo anniversario di quell’evento commemorato a Kiev ha raccolto la solidarietà di larga parte della comunità internazionale. Ed è in questo contesto che s’inseriscono le reazioni dubbiose che hanno accompagnato ieri la notizia della morte improvvisa di Vladimir Makei, il 64enne ministro degli Esteri della Bielorussia legato al presidente Alexander Lukashenko.
Makei è deceduto mentre si trovava a Erevan per i lavori della conferenza dell’Organizzazione del Trattato per la Sicurezza Collettiva, che raggruppa gli ex Paesi sovietici alleati alla Russia. Domani avrebbe dovuto incontrare il ministro degli esteri russo, Sergey Lavrov. La portavoce del Cremlino, Maria Zakharova, ha subito espresso le condoglianze del suo governo («Siamo scioccati»).
Ma è nel contestualizzare la notizia che la morte del ministro diventa una cartina al tornasole delle tensioni politiche e militari nel campo russo. Makei, sino alla sua nomina alla guida degli Esteri di Minsk nel 2012, era stato capo dello staff di Lukashenko e aveva sostenuto fedelmente l’alleanza con Putin. Però, con gli anni, aveva cercato di aprire all’Unione Europea. Soltanto al momento delle Presidenziali del 2020, quando il popolo bielorusso era sceso in piazza per manifestare contro i brogli e chiedere le dimissioni di Lukashenko, Makei si era schierato col dittatore e aveva implorato Putin di mandare soldati e autoblindo per reprimere le rivolte. Quando poi lo zar, nell’autunno 2021, aveva chiesto alla Bielorussia di garantire l’entrata nel suo territorio delle unità e dei missili russ, Makei si era fatto interprete della luce verde di Lukashenko, insistendo però che la Minsk non avrebbe mandato i propri soldati. Da allora Putin pretende che la Bielorussia entri in guerra per aprire un nuovo fronte lungo il confine polacco. Ma Lukashenko sembra resistere. Che allora Makei sia stato avvelenato dagli agenti di Putin per mandare un avvertimento al capo? In questo senso va il Twitter di Anton Gerashechenko, noto consigliere del ministero dell’Interno ucraino, che evoca i «sospetti» di intossicazione sottolinea che il ministro era uno dei pochi che poteva «resistere alle pressioni di Mosca». Poche ore prima della notizia del decesso, i media ucraini riprendevano le affermazioni del centro studi americano Robert Lansing, secondo le quali Putin potrebbe eliminare o intimorire lo stesso Lukashenko.