Corriere della Sera, 27 novembre 2022
Ultime sul caso Soumahoro
Si chiamava PerLa. Era un progetto contro il caporalato. La Karibu, gestita da lady Soumahoro e sua madre Maria Therese Mukamitsindo, era fra le cooperative che dovevano, con fondi regionali, sottrarre i migranti agli sfruttatori. Ma alla fine la suocera del deputato di Verdi e Sinistra italiana, ora autosospeso, non pagò chi aveva lavorato a quel progetto. Dovette intervenire il sindacato per un accordo. È la più paradossale delle storie che emergono dalle carte dall’inchiesta di Latina sulle presunte malversazioni della presidente delle cooperative Karibu e Consorzio Aid. Una vicenda in cui benefattori e caporali si scambiano di ruolo. È scritta in un verbale di accordo firmato da Maria Therese che attesta come l’imprenditrice abbia ammesso di non aver pagato a un lavoratore le mensilità dovute per il progetto PerLa, né quelle per lavori precedenti, né il Tfr.
La vittima di quella mancata retribuzione la racconta al Corriere chiedendo l’anonimato per paura di ritorsioni. «Ho lavorato al progetto PerLa come mediatore linguistico. Era bello. Aiutava chi, come me, era arrivato in Italia cercando lavoro e trovando gente che si approfittava. Io ero già alla Karibu dal 2017. Il progetto è durato altri 4 mesi. Poi è finito. Ma i soldi non me li davano. Mi dicevano che c’erano ritardi. Che mi avrebbero pagato al più presto. Ma non è mai avvenuto: mi sono rivolto al sindacato Uiltucs e dopo mesi, nel luglio scorso, siamo arrivati a un accordo. Spero sia rispettato».
Tra le vittime di mancate retribuzioni anche Aline. Che ricorda con rabbia: «Del resort in Ruanda venimmo a sapere nel 2018, quando si registrò un grave ritardo nei pagamenti. Avevo lavorato in varie strutture tra il 2015 e il 2021. Ma dall’inizio gli stipendi sono stati erogati irregolarmente. E quando saltavano non veniva dato neanche il pocket money ai migranti, creando spesso momenti di tensione». Lei ricorda il ruolo attivo, anche in questo, della moglie di Soumahoro, Liliane. «Alla fine noi dipendenti ci rivolgemmo ai sindacati, Anche la Karibu contattò l’Usb per tentare una mediazione. La nostra protesta venne messa subito a tacere. Ma il fatto che non pagassero i lavoratori era noto a tutti. Anche all’Usb». Sindacato del quale faceva parte Soumahoro, prima di passare alla Lega Braccianti e inaugurare una sede a Latina. Dove? Presso il Consorzio Aid.
Sarà la Procura di Latina a chiarire responsabilità penali dietro quel giro vorticoso di bandi, progetti, Cas, affitti, da oltre 60 milioni di euro. Sulle responsabilità politiche invece è bufera. Nicola Fratoianni, che mise in lista Soumahoro, respinge la richiesta dei dirigenti pugliesi del suo partito di «assumersi per intero la responsabilità politica» di quella candidatura da loro contestata. E dice: «Ci sono ancora zone d’ombra da chiarire, ma non mi pento». E la segreteria di Si aggiunge: «Chi sapeva perché non ha informato i pm?».
FdI, con il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, attacca: «Desta sconcerto e ripugnanza ciò che emerge dalle indagini sul clan Soumahoro. Un sistema di gestione dell’accoglienza che si configura, a volte, con scenari da associazione a delinquere». E per il ministro della Difesa Guido Crosetto «il tema non è Soumahoro ma le migliaia di persone sfruttate nell’ indifferenza, utilizzando sistemi “legali”, come alcune cooperative».