Corriere della Sera, 27 novembre 2022
Ischia, da Maupassant a Liz Taylor passando per Benedetto Croce
Ischia non è Capri. Allora, cos’è? «È una scoria vulcanica», diceva Maupassant. E probabilmente la sua non era solo una annotazione geologica, perché Ischia è davvero il riflesso del Vesuvio nel Golfo di Napoli. È l’altra faccia del vulcano e come il vulcano affascina e minaccia: è il bello e il tragico che vengono dal mare, e l’aspetto tragico, come storia e cronaca raccontano, purtroppo non è saltuario. Qui Neruda scrive «yo quiero que... io chiedo che tutti vivano nella mia vita e cantino nella mia canzone». E Pasolini si sentiva felice, tanto da annotarlo in un giorno di pioggia nel diario di viaggio: «Mi sembra il Friuli, la Carnia...». Ma qui la Lenù de L’amica geniale non fa neanche in tempo a scoprire che c’è un mondo diverso dal suo asfittico rione Luzzatti, un mondo di luce, di spiagge, di case nel verde, che subito conosce il lato violento della natura umana. È a Ischia, forse ancora non a caso, che Elena Ferrante ambienta la scena in cui Lenù viene violentata, quella che la fiction Rai ha parzialmente censurato senza però annacquare il racconto. Ischia non è Capri, non ha i rivoluzionari russi che giocano a scacchi nel parco con Lenin e Gorkij, ma ha i giardini delle Mortelle di lady Walton e ha Garibaldi che viene qui a curare le ferite dell’Aspromonte. Non ha la villa di Malaparte a strapiombo sul mare, dove Godard gira il suo pensoso Il disprezzo con Piccolì e una scandalosa Brigitte Bardot, ma a Forio, nel bosco di Zaro, ha la villa di Luchino Visconti, la Colombaia; e tra i film di cui l’intera isola può andar fiera c’è di sicuro l’esilarante e tutt’altro che elitario Cosa è successo tra mio padre e tua madre di Billy Wilder che nel cast, con Jack Lemmon, ci infila anche un antidivo come Pippo Franco. Ischia non è stata mondana come l’isola azzurra, ma l’isola verde ha avuto Angelo Rizzoli che nel bene e nel male, dipende dai punti di vista, l’ha trasformata da così a così, da rifugio di pescatori e vignaioli a meta ambita di un turismo per ricchi e popolare insieme, anticipatore di quello che sta ora animando i vicoli antichi di Napoli. A Lacco Ameno, dove negli anni Sessanta è cominciato il nuovo corso, Rizzoli ha portato tutti, non solo Richard Burton e Liz Taylor, che sull’isola girarono alcune scene di Cleopatra, ma anche Pietro Nenni, con cui giocava a bocce a Villa Arbusto e che, grato, gli confida di essersi finalmente lasciato la politica alle spalle, salvo una visita domenicale alla sezione socialista di Casamicciola intitolata a Vittoria, la figlia. Ischia è anche l’isola di Auden, di Capote, di Moravia e di Ingeborg Bachmann che la canta così: «Frutti d’ombra cadono dalle pareti/ luce lunare intonaca la casa/ e cenere di spenti crateri entra col vento marino...». Ed è l’approdo ferito dai tedeschi. Non solo di pionieri come Ludwig Kuttner e la Baronessa Ursula Von Stohrer, inventori dei parchi termali, dove i compatrioti operai e impiegati possono consolarsi a spese della mutua. Ma anche di Helmut Schmidt e poi di Angela Merkel, per anni abituale e riservata frequentatrice del borgo di Sant’Angelo, dove il marito la raggiungeva con voli low cost, mandando in tilt, lei e lui, i politici nostrani abituati alla super esposizione mediatica. Ischia non è Capri, anche se Elsa Morante, tradendo Procida, l’isola di Arturo, la definisce tra le isole, «la più bella tra le belle». Ma ciò che più la distingue – a parte l’umorismo di Wilder, il superaffollamento agostano e l’autenticità che, nonostante tutto, ancora sopravvive in quartieri come Ponte e Forio – è appunto la dimensione tragica. E tragico è il terremoto del 1883, quello di Casamicciola, il terremoto che, come è noto, segnò la vita di Benedetto Croce e ne ispirò la filosofia. Due anni dopo quella scossa devastante, sull’isola arrivò Guy di Maupassant: «Finalmente Ischia. Sulla punta estrema, uno strano castello appollaiato sulla roccia che domina la città alla quale è collegato da una lunga diga...». Era il castello Aragonese. Poi, le pagine dedicate ai i dettagli. «Tra le macerie dell’hotel Vesuvio furono ritrovati 150 cadaveri; sotto le rovine dell’ospedale, 10 bambini, qua un vescovo, là una famiglia molto ricca, sparita in pochi secondi...». Era una famiglia in villeggiatura. Come la famiglia Croce.