il Fatto Quotidiano, 27 novembre 2022
Alluvioni anche a Gedda
In Italia – Dopo l’alluvione dello scorso week-end nel Salernitano – Agropoli e Castellabate le città più colpite – tra lunedì 21 e martedì 22 novembre è arrivata la tempesta “Denise”, di forza non comune pur senza avvicinare la violenza eccezionale di “Vaia” (ottobre 2018). La prima regione ad accorgersene è stata la Sardegna, esposta già lunedì a piogge copiose e allagamenti nell’Oristanese, poi martedì rovesci battenti hanno scaricato fino a 162 mm d’acqua a Villetta Barrea (L’Aquila), minacciata dallo straripamento del fiume Sangro, ma ha piovuto molto anche sulla già martoriata Campania, su Lazio, Toscana e pianure emiliano-venete (116 mm in 12 ore a Villadose, Rovigo, record dall’inizio delle misure nel 1992). La pressione atmosferica molto bassa (984 ettopascal sull’alto Adriatico) e il vento impetuoso (spesso oltre 100 km/h) hanno determinato un evento di acqua alta e mareggiate con gravi effetti tra i litorali romagnoli e il Delta del Po, ma il mare in burrasca ha fatto danni anche sulle coste laziali e campane (una vittima ad Amalfi). La piattaforma Cnr-Ismar di fronte a Venezia ha rilevato una marea di +173 cm, terza più elevata dopo i casi storici del 4 novembre 1966 (194 cm) e 12 novembre 2019 (187 cm). Nella città lagunare l’azionamento del Mose ha scongiurato un disastro, tuttavia con l’ulteriore incremento del livello marino dovuto al riscaldamento globale (oggi a Venezia siamo a quasi 6 mm all’anno inclusa la subsidenza del suolo, e il ritmo aumenterà) le acque alte diverranno sempre più notevoli e ricorrenti – pressoché quotidiane a fine secolo – rendendo via via più insostenibile il sollevamento delle barriere. Inoltre restano vulnerabili tutte le altre coste italiane, proprio a partire da quelle basse dell’Adriatico, e non si può immaginare un Mose lungo ottomila chilometri! Sarebbe stato più prudente cominciare a ridurre le emissioni-serra nei decenni scorsi, invece stentiamo a farlo ancora adesso come ha insegnato la Cop27 appena conclusa a Sharm el-Sheikh. Tempo più calmo nel prosieguo della settimana, ma nuove piogge torrenziali sono in corso al Sud. Drammatico l’esito del nubifragio di ieri notte a Ischia (170 mm d’acqua, di cui 52 in un’ora): grandi colate di fango dal Monte Epomeo hanno investito Casamicciola distruggendo una decina di edifici e seppellendo 13 persone in gran parte ancora disperse. Un evento analogo, ma con effetti un po’ meno severi (una vittima), aveva interessato la stessa zona sotto le piogge intense del 10 novembre 2009.
Nel mondo – Oltre all’Italia, piogge alluvionali hanno colpito anche i Balcani dalla Serbia all’Albania. In Arabia Saudita è stata sommersa da un’alluvione-lampo la città desertica di Gedda a causa di un nubifragio di intensità inaudita per la località che in sei ore, giovedì 24, ha scaricato 179 mm d’acqua, tre volte la media annua. In Africa il peggio è toccato a Ruanda e Repubblica Democratica del Congo con oltre 40 morti per inondazioni e frane. Mentre l’Australia sud-orientale sta vivendo il novembre più freddo in mezzo secolo, una calura straordinaria e precoce interessa l’Argentina (nell’emisfero Sud è primavera): 38,6 °C a Buenos Aires, nuovo primato per questo mese. Il riscaldamento globale produce effetti complessi e talora controintuitivi: i Grandi Laghi americani congelano con più difficoltà, e la loro superficie liquida a inizio inverno cede all’atmosfera più vapore acqueo facilitando così imponenti bufere di neve sullo stato di New York all’arrivo di venti freddi dal Canada. Non a caso gli eventi di “Lake effect snow”, nonostante le temperature in aumento, stanno diventando più intensi secondo le statistiche del gruppo di ricerca “Climate Central”: uno di questi la scorsa settimana ha sepolto con due metri di neve Buffalo, in riva al Lago Erie. Ecco perché il clima non si presta a facili discorsi da bar.