La Lettura, 27 novembre 2022
Le famiglie di Shirley Jackson
Un cieco e la moglie truffano un cassiere di un negozio di liquori sfruttando il suo imbarazzo di fronte alla disabilità. Una donna pignola ricca e in sovrappeso fa shopping in un grande magazzino brandendo come un’arma la possibilità del reclamo contro i commessi. Una vedova con due figli si trova in casa una cameriera che dispensa, con discrezione, poteri magici. Una ragazza scompare, forse è stata uccisa da un serial killer, forse non è mai esistita. Una bisnonna istruisce la nipote su come si dovrebbe comportare, mentre sfila con abilità a un macellaio l’unico pezzo di carne che ha conservato per sé. Un ragazzino di dieci anni per la prima volta fa un viaggio in treno da solo e si trova accanto una ladra in fuga che si spaccia per sua madre. E poi angeli e demoni che distribuiscono buone o cattive azioni scambiandosi di tanto in tanto i ruoli.
Sono alcune delle storie di Shirley Jackson raccolte in Un giorno come un altro, a cura dei figli della scrittrice, Laurence Jackson Hyman e Sarah Hyman DeWitt, e con la traduzione di Simona Vinci, che Adelphi manda in libreria dopo La luna di miele di Mrs Smith. Circa tre decenni dopo la morte della scrittrice, nel 1965 a 49 anni, la famiglia ha scoperto un prezioso giacimento di racconti inediti o pubblicati solo su riviste. Alcuni erano in uno scatolone ritrovato in un fienile del Vermont, altri alla Library of Congress di Washington e alla San Francisco Public Library. Si tratta di aneddoti familiari romanzati, racconti umoristici o irriverenti dalle atmosfere e dalle ambientazioni più disparate, usciti in inglese nel 1996 in un unico testo dal titolo Just an ordinary day . Se in La luna di miele di Mrs Smith Adelphi ha raccolto le storie inedite, alcune delle quali in stato di bozze o esperimenti, qui sono invece riunite quelle uscite su riviste o magazine, per lo più femminili.
Nelle famiglie di Shirley Jackson succede sempre qualcosa di strano. Non è l’orrore quotidiano a cui ci hanno abituato i suoi romanzi più noti, come La lotteria o L’incubo di Hill House, ma l’incrinatura della facciata, il comportamento bizzarro che getta un’ombra sulla correttezza ostentata, la perfidia ben mascherata, a volte anche il potere di distribuire, a caso, schiaffi o carezze a perfetti sconosciuti. Come fanno Mr. e Mrs. Johnson, coppia dalla strana vocazione, nello spiazzante racconto Un giorno come un altro, con le noccioline.
Jackson non ha bisogno del soprannaturale per suscitare paura: bastano gli impulsi irrazionali in persone normali, le decisioni sbagliate al momento giusto, l’incontro casuale per strada, la meschinità che alberga anche negli animi più nobili. Non tutte le storie hanno la stessa compiutezza letteraria, alcune risentono del fatto di essere racconti su commissione, ma molto spesso alla scrittrice basta un tocco per imprimere una svolta al racconto, non importa che si tratti di scelta, destino, caso o magia. Le atmosfere vanno dagli anni Trenta agli anni Sessanta del Novecento e le donne sono le protagoniste principali: nonne borghesi, eleganti nel loro «bel cappottino nero con il vezzoso cappellino bordato di violette», giovani sprovvedute con il fidanzato lontano, madri che preparano ciambelle per la squadra di Lupetti dei propri figli, amiche che organizzano le serate del club. Si bevono cocktail e quasi tutti fumano: «Il nonno diceva sempre che le sigarette vanno bene per donne e bambini», gli uomini invece devono fumare sigari. E così sia, in una società non ancora smoke free.
La scrittrice gioca abilmente con la perfidia, a volte impiantandola nel dna dei protagonisti: «Che cosa faresti se io mi innamorassi pazzamente di un altro?», chiede al marito una moglie insicura e gelosa dell’amica meno ricca che, però, ha un amante. «Gli farei pagare il tuo regalo di compleanno», risponde lui con invidiabile aplomb. Altre volte la perfidia è tutta dell’autrice, capace di inchiodare i personaggi ai loro difetti. Come fa con Mrs. Melville che «da un giorno all’altro si era ritrovata ad avere quarant’anni e quasi impercettibilmente anche la sua taglia era passata a una cifra che superava quella della sua età».
Jackson esplora le relazioni famigliari con sottigliezza e un filo di divertito cinismo, osservandole da diversi punti di vista a seconda che debba trarne una commedia, una farsa, una tragedia, una storia ordinaria attraversata soltanto da un velo di bizzarria o una commedia sentimentale. Come la deliziosa Storia di due brave persone dove Ellen e Walter vivono in due appartamenti uno di fronte all’altro sullo stesso pianerottolo, con un numero di telefono (fisso naturalmente) diverso soltanto per un numero. Potrebbero benissimo essere amici e invece «per qualche ragione – forse chimica, sociologica o ambientale – iniziano a nutrire un’antipatia così intensa da potersene liberare soltanto con mezzi drastici», chiosa l’autrice. La lite condominiale passa da commedia degli equivoci a una sorta di Guerra dei Roses e chi meglio di una saggia zia, nei collaudati panni di sensale, potrebbe porvi rimedio?
L’elemento magico della raccolta è tutto nelle mani di Mallie, una governante che compare in due racconti: in uno assomiglia a una Mary Poppins con superpoteri, capace di trasformare gli uccellini che decorano un cappello in un appetitoso arrosto per i parenti in visita; nell’altro, dalle atmosfere più oscure, dà il pollo che le porta la vicina da magiare al gatto mentre per la famiglia di cui si occupa raccoglie denti di leone e bacche.
Se la vita è, in fin dei conti, il tema generale di questi racconti, non può mancare la morte, che per Shirley Jackson è sempre grottesca più che tragica. Così nel racconto Come Charlotte uscì di scena, una donna molto malata si appresta ad affrontare i suoi ultimi giorni in compagnia della cugina con cui ha instaurato un rapporto di complicità, mentre riceve inquietanti lettere anonime. In Si spegne una grande voce l’attesa dell’ultimo respiro di un famoso critico letterario ricoverato in ospedale dopo un infarto riunisce un gruppo di persone in cui «tutti parlavano a voce bassa, si chiedevano quanto ci sarebbe voluto, si ricordavano a vicenda i nomi di tutti i presenti» e naturalmente si interrogano su quali vantaggi possono ottenere. Il marito di Shirley, Stanley Hyman, era un critico letterario ma questo, forse, non ha nessuna importanza.