La Lettura, 27 novembre 2022
La fine degli Aztechi raccontata dagli Aztechi
Quando nel novembre 1519 Hernando Cortés e Montezuma si trovarono faccia a faccia, che cosa avvenne? Il re degli Aztechi non credette di trovarsi davanti a un dio o che il dio Quetzalcoatl si trovasse lì sul campo, tantomeno gli Aztechi furono impressionati dalla visione di Maria o dei santi. Non ci fu una conquista spirituale prima che materiale. Dunque, che cosa accadde? Chissà quante volte, dopo le letture o dopo avere visto una versione cinematografica, abbiamo immaginato la scena e lo sbigottimento dell’uno e dell’altro: di Cortés e di Montezuma. Stupore e terrore.
E invece... Invece «accadde semplicemente che il re Montezuma si trovò in possesso di una potenza militare minore rispetto ai nuovi arrivati, e lo riconobbe». Tutto molto più prosaico, tutto meno soprannaturale e tenebroso, ma tutto straordinariamente più credibile. Per farsene un’idea chiara, che costringe a rivedere le tante versioni spagnole della leggendaria conquista, è bene leggere il libro di Camilla Townsend: Il quinto sole (Einaudi).
La particolarità del testo risiede nelle fonti: per la prima volta la storia degli Aztechi è raccontata basandosi unicamente su testi scritti dagli stessi indigeni. Basta questa notizia a spiegare la particolarità entusiasmante dell’opera, dal momento che delle fonti azteche si ignorava perfino l’esistenza. Accadde che furono proprio i conquistatori europei ad «armare» – qui è giusto usare le virgolette – la mano degli indigeni, insegnando l’alfabeto latino. I nativi – ora nascondendosi, ora ignorati dagli spagnoli – usarono le nuove lettere per scrivere resoconti dettagliati delle loro storie, vicende e credenze nella loro lingua: il nahuatl. Tutto ciò non è incredibile?
Camilla Townsend ha scritto un libro importante, non c’è dubbio. Forse, il libro che ogni storico vorrebbe scrivere perché basato su fonti non conosciute prima o, comunque, non usate. Per Matthew Restall di «History Today» è «il miglior libro sugli Aztechi mai scritto, punto e basta». Non solo perché restituisce al popolo di Montezuma un tratto umano, senz’altro capace di «brutali violenze» e di «amore profondo», ma soprattutto perché – stupore nello stupore – gli Aztechi, in fondo, non esistono nemmeno. La parola Aztechi è degli studiosi ma non, per paradosso, degli Aztechi, che è meglio indicare come i Mexica e i Nahua. Insomma, fin dai nomi, che evidentemente hanno una loro importanza, questa storia che crediamo di conoscere o che conosciamo solo per una metà della luna è più intricata e più bella di quanto non sospettavamo. Proprio come il quinto sole. Che è...
Il popolo di Montezuma credeva che il mondo fosse stato distrutto quattro volte in precedenza e che fosse rinato una quinta volta grazie al coraggio di un uomo straordinario: Nanahuatzin. I vecchi raccontavano la storia ai nipoti: «Quando tutto era avvolto nelle tenebre, quando il sole non era ancora sorto e l’alba non era ancora giunta gli dèi si riunirono per parlare tra loro». Cercavano un volontario. Si fece avanti un uomo borioso che, però, davanti alle fiamme scappò. Nanahuatzin non ebbe paura: «La sua carne crepitava e sfrigolava». Il quinto sole sorse e la terra fu salva con il sacrificio terribile di Nanahuatzin.