Il Messaggero, 26 novembre 2022
Sarah Sands, la mamma che uccise il pedofilo che molestà i suoi figli, è di nuovo libera
«Mi levo il cappello, ben fatto». Con queste parole il 20enne Bradley per la prima volta ha commentato l’omicidio commesso dalla madre Sarah Sands, che nel 2014 ha pugnalato a morte l’uomo che aveva molestato sessualmente lui e i suoi fratelli minori. A quell’epoca, Bradley aveva 12 anni mentre i gemelli Alfie e Reece ne avevano 11. «Non mentirò – ha aggiunto il maggiore dei tre nella prima intervista mai rilasciata a Bbc Breakfast -: quell’uomo era stato rilasciato su cauzione, cosa ti fa pensare che non sarebbe andato a prendere altri quattro o cinque bambini?». L’uomo in questione è Michael Pleasted, che all’epoca dei fatti aveva 77 anni ed era un pedofilo già condannato 24 volte in trent’anni. Ma nessuno nell’area conosceva il suo passato. Aveva cambiato il suo nome da Robin Moult e questo gli aveva permesso di essere rilasciato in attesa del processo quando era stato nuovamente denunciato per lo stesso tipo di reati: molestie sessuali ai danni di minori che vivevano nel quartiere ma la cui identità non era stata rivelata. A Pleasted era stato permesso di tornare nella propria casa, a pochi passi dalle vittime che lo avevano accusato. E che ora, a distanza di otto anni, per la prima volta hanno un nome.
LE VITTIME
Si tratta proprio dei tre figli della donna che era stata poi successivamente arrestata per l’omicidio dell’uomo e condannata nel 2015. Quella notte d’autunno, Sarah aveva lasciato la villetta di famiglia nell’est di Londra, con il cappuccio della sua felpa in testa – come mostrano le immagini delle telecamere di sicurezza – e con un coltello in mano. Dopo aver camminato per qualche decina di metri, era entrata nell’appartamento di Pleasted e, sebbene avesse raccontato alla polizia di essersi recata in quell’appartamento per un confronto, l’aveva poi accoltellato per otto volte, uccidendolo. Gli investigatori descrissero il gesto come «un attacco deciso».
L’omicidio «non ha fermato i nostri incubi», racconta Alfie, «ci svegliavamo piangendo nella notte e chiedevamo dov’è la mamma?» aggiunge Reece. Tuttavia, sapere «che era morto» dava un certo sollievo. «Un senso di sicurezza – spiega ancora Alfie, che aveva 11 anni – perché sapevamo che non l’avremmo trovato dietro l’angolo».
GIUSTIZIA SOTTO ACCUSA
L’accusa più grande la rivolgono allo Stato, che ha permesso che tutto questo accadesse: «Se fosse stato in carcere dopo 24 condanne ora non saremmo qui a parlare», hanno aggiunto.
Per la prima volta anche Sarah Sands, mamma single, ha raccontato la sua versione dei fatti: appena trasferiti a Silvertown, pochi mesi prima, aveva stretto amicizia con l’anziano vicino di casa, ignara del suo passato. Quella notte voleva costringerlo a dichiararsi colpevole e risparmiare ai figli la vergogna del processo: «Non so cosa stavo facendo... Non provava alcun rimorso. Disse che i miei figli mentivano. Il mondo si è fermato. Avevo il coltello nella mia mano sinistra e ricordo che aveva cercato di prenderlo», ha raccontato ribadendo che non aveva intenzione di ucciderlo. Qualche ora più tardi, invece, si è consegnata alla polizia con i suoi abiti e l’arma sporchi di sangue. Il tribunale, che aveva creduto alla non premeditazione, l’aveva condannata per omicidio colposo a tre anni e mezzo ma in Appello gli anni sono diventati sette e mezzo, poiché non chiamò l’ambulanza per soccorrere l’uomo dopo il gesto.
IL PENTIMENTO
«Mi sono fatta giustizia da sola e mi hanno insegnato ad assumermi le responsabilità delle mie azioni» ha aggiunto definendosi pentita per aver messo fine alla vita di un uomo. Una decisione che ha avuto conseguenze anche sul rapporto coi figli, che sono cresciuti con la nonna e hanno sofferto la mancanza della madre per anni. Nel chiedere una legge che impedisca ai pedofili condannati di cambiare il proprio nome, la donna ha lanciato un monito: «Pedofili, se toccate i bambini, ci devono essere delle conseguenze. Devono perdere il diritto di cambiare il proprio nome». «Queste persone sono poi in grado di lavorare nelle scuole e altri posti con i più vulnerabili, dove riescono ad abusare della loro posizione di fiducia nei modi più orribili», ha confermato la deputata laburista Sarah Champion, che si sta battendo per cambiare le cose.