il Fatto Quotidiano, 26 novembre 2022
Intervista ad Alice. Parla di Battiato
“Avevo un concerto a Zafferana Etnea. Così mi presi un giorno intero per stare con lui. Agosto 2020”.
L’ultima volta che vide Franco.
Parlava già poco, ma ogni volta lo faceva a ragion veduta. Aveva accettato la propria condizione, continuando a inoltrarsi nel percorso spirituale. A quel punto tutto il suo essere era in uno stato di coscienza elevatissimo. Poterne prendere atto mi rasserenò. Si andava via con la certezza di aver ricevuto un altro dono. Battiato continuava a dare, intensamente, su un altro piano. Più alto.
Gli amici, dopo la sua scomparsa, raccontano di aver ricevuto dei segni.
Come escluderlo? Nella comunicazione sottile accadono cose che razionalmente sono inaccettabili.
Alice, lei parla ancora con Franco. Non è così?
(Pausa, sorriso radioso, occhi commossi, tono dolce). Non pensa che siano un po’ affari miei?
Di certo, lo fa con questo album di inesprimibile bellezza. Eri con me. Sedici canzoni scritte da Battiato, gli arrangiamenti e il piano di Carlo Guaitoli, I Solisti Filarmonici Italiani.
Un lavoro iniziato in pandemia, con gli spettacoli fatti insieme a Guaitoli, che abbiamo affinato man mano, inseguendo l’essenza di questi capolavori di Franco. Ho voluto essere il suo strumento, cercando le profondità abissali in cui nuotava.
Battiato cantava “per sottrazione”, quasi con disincanto. Lei, Alice, ci mette i colori che Franco giocava a nascondere.
Lui aveva interiorizzato, nel tempo, la propria vocalità. Ma riusciva a dirti cose inesprimibili. Alla fine delle registrazioni ne sono uscita diversa.
Un’esperienza epifanica.
Soprattutto cimentandomi con quei brani che dal vivo non avevo mai riproposto. La più difficile, tecnicamente, è stata Sui Giardini della Preesistenza. Ho fatto quel che potevo per non togliere nulla a quella rivelazione. Più che cantarla, l’ho vissuta dentro l’anima.
Un’impresa, non farsi travolgere dalle emozioni.
Ho pianto sempre, incidendo. Ma di gioia e bellezza, perché Franco è lì.
La copertina dice tutto. Lei china a nutrire le piantine. La vita.
Francesco Messina ha saputo immortalare quell’istante. Io e Franco siamo uniti, anche se lui è altrove. La nostra individualità ci porta a considerare l’assenza, la separazione. Questa, a un livello astrale, è comunione.
Le è successo anche all’evento per Battiato all’Arena di Verona.
Avevo chiesto di interpretare Io chi sono?. Obiettarono che non fosse uno dei pezzi più noti, ma sapevo quali corde fosse riuscito a toccare Franco, con quel gioiello. Sul palco, avvertimmo nettamente la presenza di Battiato. ll pubblico ci avvolgeva in un abbraccio silenzioso e una partecipazione inimmaginabile. Fu qualcosa di soprannaturale.
Il vostro tour insieme, nel 2016, era stato memorabile.
Franco era un improvvisatore. Entrava in scena con la nonchalance con cui andava al bar. Gli chiedevo: non sei emozionato? E lui: no. Mi coinvolgeva in duetti mai provati, senza aver deciso la tonalità o i rimandi. Ad Ancona, dopo svariati bis, l’orchestra se ne era già andata, però il pubblico continuava ad acclamarlo. Rientrò con Guaitoli, mi fece cenno di raggiungerli. ‘Cantiamo L’Animale’. Amava condividere. Pretendeva attenzione. Quando nel set toccava a me, si sedeva dietro le quinte senza perdersi una nota. Mi sentivo in soggezione, poi i nostri sguardi si incrociavano, e riconfermava l’intesa.
Anni fa lei era alla Milanesiana. A sorpresa comparve Franco. Che dimenticò i suoi stessi versi su Prospettiva Nevsky. Ma il risultato fu delizioso.
Un’amnesia prima di intonare ‘e il mio maestro mi mostrò quant’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire’. Era una situazione buffa. Sapeva sdrammatizzare. Finita in qualche modo la canzone, volle riattaccarla dal punto critico. ‘Ora mi sono ricordato!’.
Poco prima gli aveva detto: ‘Non lasciarmi sola!’.
E non l’ha mai fatto. Amava la vita, in ogni forma. La sua inesauribile vitalità, l’intelligenza, l’ironia, la generosità. Chiamava tutti a ogni ora del giorno e della notte. Un compagnone.
Cosa lo faceva soffrire?
Non sopportava le ingiustizie. Quelle ai danni degli altri. Non si è mai tirato indietro quando c’era da dire qualcosa di scomodo. Come in Povera Patria.
Lei intervenne con un post quando un conoscente pubblicò voci sul suo stato di salute.
Non potevo tacere, di fronte a chi si spacciava per suo amico diffondendo il falso. Dovevo mettere in chiaro le cose.
In nome di un’amicizia nata nel 1979.
Fu il primo a credere in me. Il nostro produttore, Angelo Carrara, me lo presentò. Ero dubbiosa sulle mie capacità di cantautrice. Gli feci avere la cassettina. Una settimana dopo mi rispose: continua, tra un anno faremo un disco insieme. La sera in cui con Per Elisa vincemmo il Festival, non potemmo festeggiare. Franco e Giusto Pio erano a Milano, io sballottata a Sanremo. Ma, anche quella volta era con me.