il Fatto Quotidiano, 26 novembre 2022
I difensori della legalità
“Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo con una scatola di legno che dicesse: perderemo” (Amico Fragile, Fabrizio De André).
Il 23 febbraio del 2002 si svolse al Palavobis di Milano il primo grande “girotondo”, organizzato da Paolo Flores d’Arcais, contro le sistematiche violazioni dei principi, delle Istituzioni, del codice penale perpetrate da Silvio Berlusconi allora presidente del Consiglio. Intervennero, oltre a Flores, Dario Fo, Antonio Di Pietro, l’economista Paolo Sylos Labini, i giovanissimi fratelli Guzzanti, l’altrettanto giovane Marco Travaglio, Pancho Pardi, Fernanda Pivano, la scrittrice con la “voce rauca” di cui si innamorò Cesare Pavese. Furono tutti interventi appassionati, ognuno a seconda del temperamento di chi parlava. Al Palavobis c’erano all’inizio 8 mila persone, almeno a detta degli organizzatori, ma divennero 12 mila più 30 mila fuori perché continuava ad affluire gente. I “girotondi” erano appena agli inizi e l’organizzazione anche. Io arrivai al Palavobis quasi per caso, solo perché mi trovavo da quelle parti. Feci quindi un intervento a braccio, che qui in parte riproduco, senza essermi preparato nulla: “Per la verità io ai miei tempi ero socialista prima di Craxi e lo rimango, semplicemente non ho attraversato il periodo socialista con Craxi e i suoi. C’è un grave limite della sinistra ed è quello di essere egoriferita, la sinistra crede che un problema di Berlusconi riguardi solo lei. No, riguarda tutti i cittadini italiani siano essi di destra o di sinistra. E se volete che il movimento cresca veramente dovete avere quest’occhio, non essere continuamente autoriferiti, farvi autocoscienza e tutte queste altre belle cose. A Milano, l’onorevole Berlusconi si sottrae al suo giudice, rifiuta di essere giudicato dal Tribunale e dalle leggi dello Stato italiano pur essendone un rappresentante al più alto livello. In terra di Spagna, lo ricordava Furio Colombo, dichiara che sentenze passate in giudicato della Magistratura sono una guerra civile. Bene, se questo è il rispetto che il presidente del Consiglio ha delle leggi e delle Istituzioni, noi siamo autorizzati a metterci alla sua altezza, o bassezza se preferite, di avere lo stesso rispetto, o meglio mancanza di rispetto, delle leggi dello Stato, del presidente del Consiglio e del suo governo. Tanto più, tanto più, tanto più che quando il capo del governo controlla direttamente o indirettamente tutto il sistema televisivo, quando succede questo in un Paese questo non è più un Paese democratico, con tutta evidenza è un regime. Bisogna prenderne atto e trarne le conseguenze. Il Procuratore generale di Milano, lo sapete, Borrelli ha detto: “Resistere”. No, bisogna fare qualcosa di più, bisogna reagire. Perciò basta con la buona educazione, con le buone maniere, col buon e civile argomentare, con la logica, perché questi non rispettano né la logica né i principi. Non si può continuare a battersi con una mano dietro la schiena con chi non solo usa tutte e due, ma usa anche un randello e, come ha minacciato il ministro degli Interni, Novello Bava Beccaris, anche eventualmente i fucili e le armi contro i manifestanti. Mi spiace dirlo, perché io ho 57 anni e ho sempre rispettato le leggi di questo Paese, perché considero che le leggi sono ciò che ci tiene assieme, fino all’ultima virgola, ma con i furfanti bisogna comportarsi da furfanti. Lo diceva, mi appoggio a questa autorevole personalità, lo diceva anche il compagno Pertini che diceva ‘a brigante, brigante e mezzo!’.” Quella sera stessa, partecipando al talk del sempiterno Vespa, il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, diceva che avrei dovuto essere arrestato. E il concetto, cosa più inquietante, venne ripreso dal ministro degli Interni, Claudio Scajola. Non avevano tutti i torti perché sottotraccia, e neanche troppo, il mio era un invito a usare la violenza (“basta con le buone maniere”). Ripetei le stesse cose in piazza San Giovanni e questa volta c’erano 100 mila persone. I “girotondi” non godevano di buona stampa presso la sinistra, quante volte ho sentito in tv o alla radio un esponente di quel pateracchio che metteva insieme Margherita e i Democratici di Sinistra, rispondere scandalizzato a chi lo intervistava: “Non mi prenderà mica per un girotondino”. Paolo Flores d’Arcais al Palavobis aveva detto: “Questa è una svolta storica nella storia di questo Paese”. Si sbagliava. Il movimento dei “girotondi” si è volatilizzato abbastanza rapidamente. Qualcuno è morto, i più se ne sono disamorati vedendo che nulla cambiava e Silvio Berlusconi continuava imperterrito a emanare “leggi ad personam”. Certo Berlusconi oggi conta di meno, ma non per merito nostro, ma perché Fratelli d’Italia e la Lega di Salvini gli hanno sottratto la palla. Noi quella partita l’abbiamo, credo irrimediabilmente, perduta.
A difendere la legalità in questo Paese sono rimasti solo Marco Travaglio, il nostro giornale e i 5 Stelle. Sono, siamo, solo dei patetici Don Chisciotte. Senza nemmeno avere il conforto di Sancho Panza.