la Repubblica, 26 novembre 2022
Fine corsa Binotto. La Ferrari a Vasseur
Il secondo è il primo dei perdenti. Diceva così il fondatore e (anche) per questo Mattia Binotto esce dalla famiglia Ferrari. Fine corsa. Il team principal cede il posto in anticipo (il contratto scadeva nel 2023) a Fred Vasseur, capo in Alfa Romeo Sauber. Mancanza di appoggio e visione comune tra la dirigenza e l’ingegnere italo svizzero, 53 anni, che guida il Cavallino dal 2019 dopo esserci salito da stagista nel 1995. Sono stati 4 anni complicati, l’ultimo di rinascita, ma non abbastanza per sfamare l’ambizione di tornare a vincere. Solo 7 successi da quando è al timone, contro i 14 del suo predecessore, Maurizio Arrivabene, nello stesso arco di tempo. 4 vittorie in questo nuovo ciclo regolamentare sul quale Maranello ha puntato per rinascere.
Invece il sogno si è interrotto, dopo un inizio favoloso: macchina ben nata e molto competitiva al via, un motore che ha ritrovato prestazioni dopo essere stato “spento” dall’inchiesta federale del 2019 (chiusa con un accordo segreto con la Fia) e che nel campionato successivo portò la rossa al peggior risultato in 40 anni (6ªin classifica). Già all’epoca Binotto è stato in bilico. Ma pochinel Circus si sarebbero presi in carico una Ferrari così malconcia. E sulla quale le pressioni sono sempre altissime, anche se non vince un titolo piloti dal 2007 (Raikkonen) e costruttori dal 2008. Anche quest’anno la rincorsa si è fermata: la power unit eccellente, ma fragile. E anche la squadra ha perso spinta. Molti errori al muretto, troppi. Nel nome di un processo di crescita, della continuità e dell’immaturità al successo, Binotto paga il fatto di aver usato una mano troppo morbida per correggerei difetti. Malumori anche tra i piloti, autori di qualche imprecisione ma soprattutto vittime di strategie sbagliate. In particolare Leclerc, che si è sentito forse poco valorizzato rispetto a un Sainz scelto da Binotto per rimpiazzare Vettel. Con l’obiettivo del risultato di squadra, il manager non ha mai voluto stabilire una gerarchia tra i suoi alfieri. E il monegasco, che ha esordito in F1 nel 2018 proprio con Vasseur, avrebbe avuto un ruolo nel favorire il cambio al vertice con l’ingegnere francese, scopritore di talenti (Hamilton), imprenditore vicino a Tavares, ad di Stellantis, di cui è azionista il presidente John Elkann. Che di un 2° posto, come pure nei giorni scorsi diceva anche l’ad Vigna, non è contento. Troppo poco per essere Ferrari. Mancano solo i dettagli della separazione e della successione, già prefigurati ma respinti come infondati prima dell’ultimo gp ad Abu Dhabi. Ma stavolta la Scuderia non smentisce. Lavora a concludere il lungo addio conBinotto, cresciuto a Maranello attraverso tutte le aree tecniche, anche nell’era Schumacher, fino alla stanza dei bottoni. Invece l’ultimo pulsante è per dire no. Divorzio di comune accordo, nel disaccordo. Binotto non sentirebbe più l’appoggio della dirigenza, nonostante abbia sostenuto anche negli Emirati di averlo, per il medio e lungo termine. Il 9 dicembre a Bologna, il Gala della Fia. Incerta è la consueta cena di Natale con la stampa a Maranello. La stagione 2023 è qui, dopo i test il Mondiale parte il 5 marzo in Bahrein. La macchina rossa è quasi pronta. La squadra è ancora in fabbrica.