la Repubblica, 26 novembre 2022
L’Arabia vuole il Mondiale del 2030
AL KHAWR – La partita più triste di sempre fu anche la più breve, quindici secondi tra il fischio di apertura e il triplice finale. Si disputò il 21 novembre 1973, Estadio Nacional di Santiago, fra Cile e Urss. In palio la qualificazione al Mondiale 1974, andata a Mosca 0 a 0. I sovietici si rifiutarono di disputare il ritorno nello stadio dove erano stati incarcerati i militanti fedeli al presidente socialista Allende, caduto nel golpe del generale Pinochet. La Fifa, ricorda Gregorio Mena Barrales, uno dei detenuti, finse di non vedere i 7 mila prigionieri e diede l’ok al match. L’Urss non si presentò, il capitano del Cile “Chamaco” Valdés Muñoz segnò a porta vuota, 15 mila spettatori applaudirono grotteschi. L’Urss però, nota Heather Dichter, curatrice del monumentale saggio Soccer Diplomacy: International Relations and Football since 1914 (University Press of Kentucky), pur eliminata, vinse il dribbling politico e accusò il presidente Nixon e il diplomatico Kissinger di sponsorizzare i dittatori. Quando, dunque, alla partita d’apertura in Qatar, l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani ha accolto in tribuna il principe saudita Mohammad bin Salman la diplomazia del pallone esercitava, in diretta tv, solo un nuovo capitolo della saga nata oltre un secolo fa. I pessimi rapporti Doha- Riad facevano temere, dal 2017, lampi di guerra panaraba sul Golfo (il Qatar ospita il comando Usa Centcom, Medio Oriente e Asia centromeridionale), tutto raffreddato invece, nell’aria condizionata dello stadio al Bayt, un prato nel deserto. Ora che il Qatar è eliminato, i tifosi locali terranno per i sauditi? Secondo l’enfatica rete tv di casa Al Jazeera sì, anzi l’intera comunità islamica si mobiliterà «dai caffè curdi di Erbil, ai pub di Istanbul, agli stadi di Gaza». In realtà, se i tifosi del Qatar sembrano freddi, la torcida verrà da lontano: all’Inter Club di Lakkidi, stato indiano di Kerala, le chat chiamano gli amici residenti a Doha perché vadano allo stadio con le bandiere saudite. Qualcosa del genere si è visto dopo la vittoria dell’Arabia sull’Argentina: i colori dei due Paesi uniti in una festa inattesa. Le presenze del Segretario di Stato Blinken, degli uomini forti di Egitto e Turchia, al Sisi ed Erdogan, del presidente algerino Tebboune, hanno lanciato il summit del pallone che, con le proteste di Iran e Germania, svuota l’invito del presidente Macron: “Non politicizziamo lo sport!”. In realtà, a inventare il cocktail Sport-Politica-Diplomazia, dosi uguali e shakerare, son stati proprio i francesi, dalle Olimpiadi di De Coubertin ai club di calcio che, dopo la Grande Guerra, girarono l’Europa in tour di propaganda del governo parigino. I sauditi sognano ora il Mondiale 2030, magari in team con Grecia e Egitto, e la carismatica principessa Haifa al Saud, discendente per via paterna della dinastia Abdulaziz bin Abdul Rahman Al Saud, ha invitato per un giro del Paese un imbarazzato Messi, ennesimo sponsor per il cartello monstre sport-turismo-economia da lanciare via calcio-golf-Formula 1 (Tiger Woods avrebbe detto no a centinaia di milioni). E CR7 ha ricevuto un’offerta per giocare nel Newcastle arabo. I casi di studio son tanti, il Caudillo spagnolo Francisco Franco, reietto dopo la guerra civile 1936, usò i cinque trionfi in Coppa Campioni del Real, 1955-60, per riguadagnare prestigio all’estero. «Noi antifranchisti – ricordava lo scrittore spagnolo Jorge Semprun – ci infiltravamo da Parigi, nei caffè di Madrid la polizia ci chiedeva il risultato del Real, scena muta e dritti in galera…». Nel 1955, piena Guerra Fredda, quando la popolazione islandese contesta la base aerea USA di Keflavik, il presidente Eisenhower invia la Nazionale americana in amichevole a Reykjavík, e tutto si aggiusta. La Calcio-Diplomazia ha però una condizione indispensabile, conclude lo storico Peter Beck, «che le squadre facciano buon risultato, Esempio classico la Germania Ovest 1954, che batte la mitica Ungheria 3-2». Contestatissima, in odore di doping, la squadra intera finisce in ospedale, per “itterizia” si disse allora. La Germania ritornò nella diplomazia globale e il geniale regista Fassbinder usò la concitata radiocronaca nel filmIl Matrimonio di Maria Braun,usando quei gol per datare la vera fine della guerra a Berlino.