la Repubblica, 26 novembre 2022
Due interviste a Angela Merkel
BERLINO – Due interviste da copertina a distanza di pochi giorni, la prima sullo Stern con un curioso formato senza virgolettati, la seconda sullo Spiegel, con citazioni copiose sul conflitto in Ucraina e un ricco contorno di dettagli sulla sua vita attuale. Angela Merkel ha scelto i settimanali tedeschi più prestigiosi per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, e in un momento delicatissimo per la guerra d’aggressione russa.Ma qualche passaggio è destinato a suscitare nuove polemiche sui suoi rapporti con Vladimir Putin e l’eredità politica del suo lungo regno. «Avrei desiderato un tempo più pacifico dopo il mio addio», rivela la cancelliera allo Spiegel, ma la guerra «non è stata una sorpresa». Per Merkel, architetta dell’intesa di Minsk del 2014, sottoscritta dopo l’annessione della Crimea per scongiurare un’ulteriore espansione russa, gli accordi «erano ormai diventati un guscio vuoto». Così, nell’estate del 2021, «cercai di ristabilire insieme a Emmanuel Macron un colloquio autonomo tra il Consiglio Ue e Putin». Alcuni, ammette, si opposero, e «io non avevo più la forza di impormi perché tutti sapevano: in autunno non ci sarà più». Peggio ancora: quando la cancelleria volò a Mosca per incontrare per Putin per l’ultima volta nella veste di cancelliera, «la mia sensazione fu chiarissima: “dal punto di vista della politica di potenza, non conti più”. Per Putin conta solo il potere». Nel 2021, azzoppata dall’imminente addio, Merkel non fu più in grado né di imporre un dialogo tra Ue e Mosca, né di contenere Putin. Sarebbe dovuta restare, forse, ricandidarsi anche nel 2021 per un quinto mandato, azzarda il giornalista? Merkel è convinta di no, e ammette che «c’era bisogno di un approccio nuovo». Sulla Transnistria e la Moldavia, sulla Georgia, sulla Siria e sulla Libia «non sono più riuscita ad avanzare neanche di un millimetro», ammette. Sullo Stern, nella strana intervista senza virgolettati, si capisce anche che l’altro clamoroso errore di Merkel, l’ostinazione a portare avanti Nord Stream 2, fu il risultato della sua convinzione che si potesse usare come una leva per contenere Putin. A proposito di contenimento, èSpiegelinvece a stanarla davvero sul suo ruolo nei rapporti europei con Putin. E l’interpretazione che la cancelliera dà indirettamente di sé stessa è imbarazzante. Merkel, da sempre lettrice avida, cita più volte la monumentale biografia di Sebastian Haffner su Churchill, la sua frase a Roosevelt sulla “guerra sbagliata” e ammette di aver apprezzato Jeremy Irons nel ruolo di Chamberlain nella serie Netflix “Monaco”. Secondo l’intervistatore Alexander Osang, l’ex cancelliera avrebbe «apprezzato che il predecessore di Churchill» noto soprattutto per il suoappeasement verso Adolf Hitler, «sia stato mostrato in una luce diversa. Non come timoroso fiancheggiatore di Hitler ma come stratega che garantì al proprio Paese i margini per prepararsi all’aggressione tedesca». Insomma, «Monaco 1938 suona come Bucarest 2008», commenta Osang, la Conferenza in cui i Paesi occidentali dimostrarono di non aver capito la pericolosità e la “resistibile ascesa” di Hitler, come la bollò Bert Brecht, è paragonabile con il vertice Nato di Bucarest del 2008, quando Merkel si mise contro il presidente americano George W. Bush per impedire l’adesione di Ucraina e Georgia alla Nato? Agli storici l’ardua sentenza. Ma è auspicabile che rigettino quel paragone. Soprattutto per Merkel.