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 2022  novembre 26 Sabato calendario

Il cantiere per un’intesa Renzi-Berlusconi

È
un classico: se Calenda incontra Meloni, Renzi chi sente? Ovviamente Berlusconi.
Sia chiaro, non sono alle viste né inciuci né rotture: la «luna di miele» tra la presidente del Consiglio e il Paese è in pieno svolgimento, e il processo di costruzione del Terzo polo è ancora in corso. Il quadro politico resterà a lungo immutato: d’altronde il primo test match sarà alle Europee, nel 2024. Ma come negli scacchi, è d’obbligo elaborare le mosse successive. E così se FdI già lavora a un’aggregazione del centrodestra a immagine e somiglianza della sua leader, per rafforzarla nel ruolo di governo, il capo di Italia viva ha in mente un progetto che comprenda quella parte di area moderata destinata a rimanere ai margini del futuro partito conservatore. Un po’ perché quel disegno non lo accetta, un po’ perché in quel disegno non è accetta. Che poi è la stessa cosa.
E allora, mentre Calenda si prepara a far visita alla premier per «aiutarla» sulla Finanziaria, Renzi ha chiamato il Cavaliere per «aiutarlo a bilanciare Meloni». Così gli ha detto. I due – hanno avuto modo di constatarlo – la pensano allo stesso modo su molte cose. Sulla partenza dell’esecutivo ad esempio, che ritengono – per usare un eufemismo – «non entusiasmante». E se Berlusconi lascia filtrare il suo giudizio attraverso i dirigenti forzisti, visto che con la premier non parla, il leader di Iv lo spiega da un paio di settimane direttamente a Meloni: ce n’è la prova nello scambio di alcuni messaggi, ruvidi come può essere il confronto tra due personalità molto forti.
Tra il Cavaliere e Renzi, invece, il dialogo è tutt’altro che spigoloso: certi amori non finiscono, eppoi si sa che il primo considera il secondo il suo figlio (politico) mancato. Pronto peraltro ad andare dritto al cuore della questione: l’idea che Berlusconi possa contrastare Meloni facendo asse con Salvini è – secondo Renzi – velleitaria, per la fragile posizione del leader leghista che «deve pensare piuttosto a garantirsi nel suo stesso partito». E due debolezze non fanno una forza. Diverso sarebbe per gli azzurri costruire nelle Camere accordi con il Terzo polo per realizzare intese più larghe della maggioranza sul terreno programmatico.
Le sponde potrebbero essere molteplici ma il terreno della giustizia è l’ideale: hanno la stessa opinione sullo stato della giustizia in Italia. Sentire ieri Renzi additare i pm del processo Open per il loro comportamento «eversivo o anarchico», era come riascoltare le intemerate del Cavaliere contro le «toghe rosse». E all’incrocio di un’iniziativa «di stampo garantista» in Parlamento c’è il Guardasigilli, che il leader di Iv avrebbe voluto candidare se non glielo avesse strappato Meloni: la linea di Nordio sull’eliminazione del reato di abuso d’ufficio avvicina in queste ore il Terzo polo al centrodestra. Quanto al resto, si potrebbe costruire passaggio dopo passaggio, magari anche sulla Finanziaria: ognuno restando nel proprio ruolo di maggioranza e opposizione.
Il progetto di Renzi, che non sembra avere intenzione di indebolire la leadership di Calenda, resta quello di ricostruire un fronte che – quando stava a palazzo Chigi – arrivò a includere anche una parte del blocco moderato. Tra le macerie del Pd s’intravvede un certo lavorio dell’area popolare come di quella riformista, interessate al disegno. Resta da capire dove si collocherà ciò che resta dell’impero berlusconiano. La discussione è in corso, a sentire un esponente di Azione: «E quando dentro Forza Italia – anche quanti oggi guardano a Meloni – si accorgeranno che FdI non darà loro spazio, allora lo spazio per noi si allargherà».
È una scommessa, certo, ma è su questo che punta Renzi. Perciò sente Berlusconi. Con il quale – manco a dirlo – ha da risolvere anche altre questioni. C’è da chiudere l’intesa sulla commissione di Vigilanza Rai, dov’è in ballo la presidenza per Boschi. E c’è da verificare se è possibile stringere un accordo sul futuro assetto del Csm, visto che il tredici dicembre il Parlamento si riunirà in seduta comune per eleggere i membri laici, in attesa di scegliere il vicepresidente dell’organo di autogoverno delle toghe. Non sono in programma né inciuci né rotture nel Palazzo, dominato oggi da Meloni. Ma il 2024 in fondo non è così lontano.