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 2022  novembre 25 Venerdì calendario

Intervista a Pjotr Tolstoj, che vuole rispedire l’Ucraina nell’Ottocento

«A voi occidentali manca il senso della storia». Esistono le speranze di questa parte del mondo, su fratture e divisioni interne alla politica e agli apparati russi. E poi c’è il ruvido pragmatismo di Pjotr Tolstoj, trisnipote del grande scrittore, vicepresidente della Duma, falco tra i falchi, fedelissimo alla linea più dura, anzi spietata, possibile. Non raccoglie le obiezioni, ripete le sue tesi di matrice ultranazionalista, che a casa propria gli valgono una notevole popolarità, tale da farlo indicare da alcuni analisti come futuro capo di qualche ministero importante. «Basta guardare ai conflitti dei secoli scorsi tra Russia ed Europa per capire».
Cosa intende?
«Nell’Ottocento eravamo a Parigi, nel Novecento a Berlino. Quindi, l’unico punto di mediazione è la nostra bandiera su Kiev. Poi vedremo».
Perché allora la Russia sembra così in difficoltà?
«Questo è un film che si sta facendo l’Occidente. In qualsiasi guerra si verificano periodi di vittorie, momenti di arretramenti e di ridislocazione delle forze prima dell’inverno. La verità è che siamo solo agli inizi. Ma arriveremo ad annientare il nemico».
Privandolo di luce, gas e acqua con le bombe su obiettivi civili?
«Poche settimane fa cantavate vittoria. Adesso vi lamentate per la nostra strategia, che mi sembra efficace e lecita. Abbattendo ogni sua infrastruttura, rispediremo l’Ucraina nel diciottesimo secolo».
Dopo il ritiro da Kherson è l’unico modo per vincere?
«Quello non fu un trionfo dell’Ucraina, come è stato presentato, bensì una nostra tattica per raccogliere le forze e non consentire eccessive vittime. Ma secondo la Costituzione russa Kherson è parte della Federazione Russa e non ho dubbi che tornerà ad esserlo. Come molte altre città della ex Ucraina».
Non teme l’instabilità dei confini russi dopo la fine dell’Operazione militare speciale?
«Quando tutto sarà finito, credo che nascerà un sistema di sicurezza internazionale diverso. I miti occidentali sulla vittoria definitiva nella Guerra fredda e l’espansione della Nato faranno parte del passato. Sono abbastanza sicuro del fatto che a decidere gli assetti futuri sarà la prossima generazione di politici. Tutti gli attuali leader dell’Europa verranno accantonati, dopo che la loro posizione nel conflitto ha portato un enorme degrado economico ai loro Paesi».
La Russia vincerà
Non bisogna dimenticare che le potenze nucleari non perdono mai le guerre
Come spiega allora il pessimismo che sempre più spesso emerge dai talk show e dalle analisi sui media russi?
«Con le aspettative esagerate di coloro che attendevano una vittoria rapida e non aveva capito la sostanza di questo conflitto tra Russia e Occidente, che invece sarà duraturo. Mi creda, le azioni più decise della Russia le vedremo più avanti».
Non percepisce una certa stanchezza nella società?
«Mi sembra innegabile che ci sia. Ma sento anche un grande slancio patriottico. Quel che conta è la consapevolezza generale che in questo conflitto la Russia vincerà».
Da cosa deriva tanta sicurezza?
«Non bisogna dimenticare che le potenze nucleari non perdono mai le guerre».
E se l’isolamento della Russia durasse anche dopo l’eventuale fine del conflitto ucraino?
«Questo è un sogno irrealizzabile dell’Occidente. Siamo il più grande Paese in Europa. Senza di noi non può essere davvero attuata alcuna decisione presa da un G7 o da un G20. Cina, India, Africa ed America latina sono anche loro consci della fine del mondo occidentale monopolare. Dopo la conclusione delle azioni belliche ci sarà la fila per avviare negoziati e affari con noi».
Mi sembra quasi inutile chiederle se esiste lo spazio per una trattativa con l’Ucraina…
«Tutte le trattative sono state fermate da Washington e da Londra. L’Unione europea pensa che l’Ucraina abbia una chance di mantenersi come Stato attraverso una soluzione militare. Quindi siamo aperti ai colloqui con coloro che prendono le decisioni, perché è chiaro che non si tratta del governo di Kiev. Ma prima ci serve la vittoria sul campo. Possiamo anche aspettare. Noi, di tempo ne abbiamo abbastanza».