Virginia Piccolillo per il “Corriere della Sera”, 25 novembre 2022
“LA COSA CHE MI FA MALE È AVERE VISTO QUEI RAGAZZI TRATTATI COSÌ: POCO DA MANGIARE, TANTE VOLTE SENZA ACQUA, LUCE E RISCALDAMENTO” – IL RACCONTO DI MOHAMMED EL MOTARAIJI, CHE HA LAVORATO NELLA COOPERATIVA DELLA SUOCERA DI SOUMAHORO: “MI AVEVANO PROMESSO TANTE COSE. HO LAVORATO SEI MESI. NIENTE CONTRATTO E NIENTE STIPENDIO. ALL'INIZIO DOVEVO FARE IL TRADUTTORE, POI L'INFORMATICO. QUANDO CHIEDEVO IL CONTRATTO MI RISPONDEVANO SEMPRE: ‘DOMANI’. ALLA FINE..." -
«Mi avevano promesso tante cose. Un contratto, un lavoro, uno stipendio. Ho lavorato sei mesi. Niente contratto e niente stipendio. Ma la cosa che mi fa male è avere visto quei ragazzi trattati così: poco da mangiare, tante volte senza acqua, luce e riscaldamento. Il poket money , invece che ogni giorno, solo ogni tanto».
Mohammed el Motarajji aggrotta la fronte, turbato. È poco più grande di quei minori venuti da Libia, Albania, Bangladesh accolti nella struttura gestita dalla suocera di Aboubakar Soumahoro, Marie Thérèse Mukamitsindo: una casa famiglia dove lui, studente di ingegneria del genio civile, venuto dal Marocco per lavorare e poter continuare a pagarsi l'università, pensava di aver realizzato il suo sogno.
A prospettarglielo Aline, la figlia di Marie Thérèse: «All'inizio dovevo fare il traduttore, poi l'informatico. Ma quando chiedevo il contratto mi rispondevano sempre: "Domani"». Quel «domani» non è mai arrivato. «Alla fine abbiamo fatto un accordo con Marie Thérèse per avere di meno, 5 mila euro, ma subito.
Abbiamo firmato. Ho aspettato. Ma non ho avuto niente», racconta al Corriere Mohammed. Mostra quel documento, fa spallucce e sorride lo stesso. È ripartito da zero. Con il coraggio dei 22 anni. Lo stesso che ha spinto due dei minori della struttura a scappare in Francia.
Altri, ospiti o dipendenti della struttura, non vogliono più parlare. Hanno «paura». Finora si sono rivolti solo, e non tutti, al sindacato Uil-tuc. Così le indagini della Procura di Latina si concentrano sul filone principale, quello delegato alla Guardia di Finanza, che vede indagata per malversazione Marie Thérèse Mukamitsindo, con l'ipotesi che i fondi ministeriali destinati all'accoglienza dei migranti siano stati distratti e destinati ad altro.
Nessuna denuncia è stata presentata in Procura, alla Finanza e nemmeno ai carabinieri, invece, di episodi come quelli descritti da Mohammed che, se verificati, potrebbero far ravvisare i contorni di una sorta di sfruttamento di quei minori.
Resta per ora un mistero anche la frettolosa eliminazione di documenti: otto sacchi di plastica nera zeppi di fascicoli e carte relative agli immigrati accolti. Un passante, incuriosito dal via vai sotto la sede legale delle cooperative riconducibili a Marie Thérèse, li ha notati e segnalati ai carabinieri del comando provinciale di Latina che li hanno subito sequestrati.
Anche per la coincidenza temporale tra lo scoppiare del caso e il repulisti di documenti. Sul fatto che diversi dipendenti siano stati pagati poco e male invece le evidenze sembrano farsi più chiare. Ci sono testimonianze, carte e documenti ufficiali che attestano accordi violati, prestazioni non contrattualizzate, interventi del sindacato per ottenere il pagamento «sostitutivo» della retribuzione da parte della prefettura avvenuto in quattro casi di dipendenti non pagati dopo aver lavorato alla cooperativa gestita dalla suocera e, fino a due mesi fa, dalla moglie di Soumahoro.
Oltre alla Guardia di Finanza su questo sono all'opera, in questi giorni, gli ispettori del ministero del Lavoro. Stanno concludendo un'attività iniziata, dicono, da mesi sulla base di denunce di alcuni lavoratori. Mentre al ministero delle Imprese e del made in Italy si vagliano i risultati di quella revisione che è stata fatta da Confcooperative e caricata sul portale del Mise solo qualche giorno fa: doveva essere conclusa entro marzo. Al termine di questi accertamenti si valuterà se la situazione è sostenibile o se Karibu e Consorzio Aid sono passibili di commissariamento.