il Fatto Quotidiano, 25 novembre 2022
Un report sui colletti binachi finiti in galera. In Italia sono davvero pochi
Il traffico. La vera piaga, in Italia, è il traffico. Quello degli stupefacenti. Ce lo spiega il rapporto SPACE I 2021 (Statistiques Pénales Annuelles du Conseil de l’Europe). Parliamo di un report che da 39 anni mappa gli istituti penitenziari in 46 Stati del Vecchio continente. La mappatura fa riflettere sul sistema penale italiano che pare disegnato apposta per colpire alcuni reati e schivarne altri. Quelli dei colletti bianchi, innanzitutto, se è vero che, nella popolazione carceraria censita dal gennaio 2020 al gennaio 2021, soltanto lo 0,9 per cento (326 su 36.204 detenuti) sconta una pena per reati economico-finanziari.
Il report pubblicato nell’aprile scorso, include tra i reati in oggetto una serie di “frodi”, incluse quelle inerenti le gare d’appalto. Dovremmo dedurne che gli appalti in Italia godano di ottima salute: il 99 per cento dei detenuti s’è infatti occupato d’altro. Oppure ammettere che le leggi italiane (nonostante il dispendio di forze di polizia giudiziaria e pm) non portano quasi mai a una condanna il “colletto bianco” che ha frodato o riciclato o altro ancora.
I processi funzionano invece benissimo quando si parla di traffico di stupefacenti: il 31,7 per cento dei nostri detenuti sta scontando una pena per reati legati alla droga, ed è molto interessante confrontare i risultati del nostro sistema penale con quelli del resto d’Europa.
Ad avere percentuali inferiori alle nostre, per quanto riguarda i reati economico-finanziari, sono davvero in pochi: l’Albania (0,1 su 2.284 detenuti), l’Estonia (0,1 su 1.882), l’Islanda (0,1 su 123), la Moldova (0,2 su 5.444) e la Lituania (0,7 su 4.739). A partire dalla Polonia (1 per cento su 58.571) il resto d’Europa combatte questo tipo di reato in modo molto più efficace. Al primo posto c’è la Slovenia (16,8 su 760), seguono Lettonia (10,1 su 2.243), Germania (9,8 su 46.851), Francia (7,1 su 44.817), Croazia (7 per cento sub 2.190), Repubblica Serba di Bosnia (6,9 su 480), Ungheria (6,1 su 13.914). E quindi – a meno di voler sostenere che un Paese come la Germania, per questo tipo di reati, delinqua dieci volte più di noi – non possiamo che trarre una conclusione: è il nostro sistema penale a essere più clemente (usiamo un eufemismo) verso questi crimini e (soprattutto) questi criminali. Ben altra sorte tocca chi delinque con gli stupefacenti.
Su questo fronte, con il nostro 31,7 per cento, siamo invece al terzo posto. Davanti a noi soltanto Islanda (37,4 su 123) e Lettonia (49,3 su 2.243). La Germania? 13,2 per cento. La Francia? 16 per cento. La Spagna? 17,2 per cento. E anche qui i casi sono due: o l’Italia è un Paese infestato dal doppio dei pusher (e di clienti, va da sé) rispetto a Germania, Francia e Spagna, oppure è il nostro sistema penale che (rispetto ai reati economico-finanziari) viaggia a una doppia velocità.
È il sintomo chiaro di una “giustizia di classe” clemente con le fasce sociali più alte (e con i loro tipici reati) e dura con quelle più basse. Niente di nuovo, quindi, quando il governo annuncia di voler “modificare” il reato d’abuso d’ufficio (peraltro già depotenziato da tempo). Reato che, oltre a essere la “spia” di crimini ben più gravi, a partire dalla corruzione, è caratteristico dei cosiddetti “colletti bianchi”. D’altronde, ce l’aveva già spiegato Roberto Benigni con il film Johnny Stecchino, nel 1991, quando suo zio lo accompagnava per le strade di Palermo spiegandogli che la piaga più grande di tutte, peggiore dell’Etna e la siccità, non era la mafia (innominabile) ma le “troppe macchine”. Il report dell’Osservatorio lo conferma: il vero problema dell’Italia è il “traffico”. Non quello di mazzette. Quello di droga.