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 2022  novembre 24 Giovedì calendario

“ODIO IL CINEMA, NON NE POSSO PIÙ. NE HO VISTI TROPPI, DI FILM” – MARCO GIUSTI SI RACCONTA: “QUANDO USCÌ ‘LA GRANDE BELLEZZA’, TROVAI IL FILM IRRITANTE, SORRENTINO SE LA PRESE. MI SEMBRAVA CHE LUI NON AVESSE CAPITO NÉ ROMA NÉ I ROMANI. E FORSE ESAGERAI. PER FORTUNA POI CI SIAMO RIAVVICINATI. HO SEMPRE AMATO I CINEPANETTONI E IL CINEMA “SCORREGGIONE” MA SONO STATO IL SOLO A DIFENDERE LUCA GUADAGNINO" – IL PRIMO RAPPORTO SESSUALE A 21 ANNI (“NON ERO UN GRANDE AMATORE”), LA BALBUZIE ("L’UNICO PRESENTATORE CON QUESTO PROBLEMA”), BLOB E LA LITE CON GHEZZI, DE LAURENTIIS "PREPOTENTE" E QUELLA VOLTA CHE GLI PROPOSERO DI CONDURRE "STRACULT" CON PINO INSEGNO, VICINO ALLA MELONI: “RISPOSI CHE…” -

Da tempo, baluginava nella mia testa l’idea di intervistare Marco Giusti. Nel mare delle banalità profuse a iosa e del conformismo nauseante spacciato per critica, “Il cinema dei Giusti” – così si chiama la sua rubrica quotidiana che il Nostro tiene, da anni, sulle pagine di Dagospia – è una galleria di personaggi, scene, orrori, bellezze.  Ideatore, insieme a Ghezzi, di Blob, negli ultimi quarant’anni Giusti ha attraversato l’oceano tempestoso della tivù italiana con grande abilità e capacità. Ma  è stato il cinema il suo vero amore!

A differenza di tanti sapientoni boriosi, che affollano il mare magnum della carta stampata, la penna di Giusti scivola leggera sulla carta; chi vuol capire qualcosa, lasci perdere i quotidiani e i suoi recensori che, a lingue spiegate, ci dicono cosa dobbiamo vedere, e cosa no; cosa è bello o brutto, o, come sovente capita, cosa è giusto o sbagliato; oppure, sorbirci panegirici infiniti sul grande (?) attore o sul regista così ben voluto da tutti…

Ogni giorno, da decenni, non fa altro che vedere e scrivere, fino allo sfinimento, film alti e film bassi, giudicare premi Oscar e attori mediocri (tanti), con uno sguardo critico, a volte duro, ma sempre, o quasi, con una vena di tolleranza e, direi, benevolenza.

Giusti, dal divano di casa, o da una scomoda poltrona di cinema sempre più tristi e deserti, ci narra un’altra storia, probabilmente la più fedele e vicina alla realtà delle cose. Conosce tutto e tutti, ma, al netto di amicizie,  idiosincrasie, ed errori (spesso confessati), non puoi non apprezzare la sua onestà intellettuale, e la sua autonomia di giudizio. La sua penna risponde alla sua coscienza e non, di certo, alle cricche o conventicole così numerose nella Capitale

La sua memoria, elefantiaca, spolvera storie spesso dimenticate. Nelle circa due ore di chiacchierata, ho provato ad aprire l’armadio della sua vita. Giusti è stato sornione come un gatto, a tratti guardingo, probabilmente, voleva capire chi fossi e cosa volessi da lui. Sarò riuscito a descriverlo per com’è? Chissà…

(...)

Ha detto, in un’intervista, che fino all’età di 25 anni non ha aperto quasi mai bocca per via della sua balbuzie… Come ha affrontato il mondo? Male, direi. Ho sempre trovato nei miei fratelli o nei miei genitori qualcuno che parlasse per me. Anche quando ho fatto coppia fissa nel lavoro con Enrico Ghezzi, parlava sempre lui, cercavo sempre di defilarmi, di nascondermi. Ora parlo, male, ma parlo… Come nasce la sua balbuzie? Esattamente non lo so; sono stato un bambino molto timido. Ne soffrivo quando ero in compagnia di uomini più grandi me; e, poi, si dice che capiti quando uno pensa troppo velocemente rispetto a come parla…

Ha sofferto e soffre ancora? All’inizio sì, molto; poi me ne sono fatto una ragione, e non l’ho mai voluta vedere come una cosa negativa, anzi. Penso di essere stato, in Italia, l’unico presentatore con questo problema… A che età ebbe il suo primo rapporto sessuale? A 21 anni…

Se lo ricorda? E’ stato un po’ tardivo, lei… Certo che me lo ricordo! Ero a Genova… Ed è stato quando ho avuto la mia prima storia d’amore. La distanza tra una casa e l’altra era minima, e quindi ricordo pure che in un appartamento vicino, dei signori vedevano un film:  “Carosello napoletano”, di Ettore Giannini… Scusi, Marco, per seguire il film vuol dire che il rapporto sessuale fu disastroso… Beh, non ero un grande amatore… Aveva ascendente sulle donne? Da giovane ero molto carino, magro, ma completamente imbranato. E avevo il mito che sesso e amore non dovevano essere due cose scisse. Ero per le storie “per sempre”…

E oggi, guardandosi allo specchio, si piace come uomo? Certi giorni sì, altri no. Direi che cerco ancora di abituarmi a me stesso.  E’ Alessandra Mammì, sua attuale moglie, la donna della sua vita? Assolutamente sì! Che rapporti aveva con il papà di Alessandra, Oscar Mammì, potente ministro della Prima Repubblica…? Negli anni in cui è stato ministro e esponente di spicco della Prima Repubblica, era decisamente chiuso dentro se stesso, un po’ arrogante, come tutti i politici. Quando si ritirò a vita privata, era molto più umano, vicino, affettuoso. Ho un bel ricordo. Ero molto legato a Oscar. Da barricadero illuso di sinistra, mal sopportavi, quindi le sue frequentazioni e alleanze politiche? Mai stato né barricadero né illuso di sinistra. Ma, a differenza dei figli, pensi, una volta o due l’ho anche votato! E Craxi, Andreotti, potevano non piacere, ma erano delle personalità! Quando facevo Blob, erano anche presi di mira, sbeffeggiati, però avevano una statura internazionale che non potevi non vedere.

Chi la raccomandò per entrare a viale Mazzini? Inizio a lavorare in Rai, sul finire degli anni Settanta, seguendo Ghezzi, che era entrato con un concorso; prima a Genova e poi, seguendo Enrico, finisco a Roma a Raitre, con Angelo Guglielmi. Poi, quando nel 1996 arriva Carlo Freccero, mi sposto definitivamente sulla seconda rete e vengo assunto come dirigente.

Aldo Grasso, a proposito di Freccero, ha scritto: “Ieri situazionista, oggi sovranista: replica il mondo e al tempo stesso lo assoggetta alla furia combinatoria. Assume le sembianze delle persone con cui entra in contatto: a pranzo con Di Battista spiega a Di Battista come essere Di Battista; con il direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano parla il sangiulianese; al presidente Foa spiega come si fabbricano notizie al servizio dei governi ed elogia Putin…”

Condivide l’analisi di Grasso? Freccero ha una personalità complessa, ha grande intelligenza, ma non sempre condivido le sue scelte. Ma seguito a volergli molto bene. E’ come un fratello per me.  

Lei che rapporti ha avuto con Freccero? Non è un sopravvalutato? No. E’ stato il miglior direttore di rete che la Rai abbia mai avuto e che io abbia mai avuto. Il più moderno, il più spericolato, ma anche il più innovativo. La cultura televisiva deve molto a Freccero. Ci ha insegnato come fare televisione. Al di là della teoria, quello che abbiamo appreso era tutto molto pratico. Le potrei fare mille esempi. E era impossibile non sentirne il fascino. Specialmente la prima volta che è stato direttore di Rai Due, è riuscito a rinnovare profondamente la Rai.  (…)

Perché litigò con Ghezzi? Cosa combinò lei? Quando si è in due e c’è un grosso successo, è molto difficile che il rapporto resista.

Chi sbagliò di più? Tutt’e due, probabilmente. Era diventato impossibile convivere con Enrico. Era tutto teoria, in sfida perenne con il mondo e con se stesso. Si sentiva troppo, troppo bravo rispetto a quello che faceva, ma al tempo stesso aveva molte fragilità. Alla fine mi ero stancato di reggergli il bidone, di fare il lavoro per lui. Detto questo, però, gli devo molto, anche sul lavoro.

Riusciva a lavorare liberamente in Rai? Assolutamente sì! Ho sempre fatto quello che cazzo volevo! Sono stato sempre molto abile a reinventarmi con ogni nuovo direttore, qualsiasi fosse il suo credo politico. Inoltre, i miei programmi, specialmente negli ultimi vent’anni non davano molte noie politiche… Ma, scusi, Marco: Blob non vi creava rogne? Blob era un programma che andava in onda su Raitre, la rete di Angelo Guglielmi. Era un programma totalmente protetto dalla rete e da Guglielmi. Un programma che oggi non si potrebbe più fare. Mi sta dicendo che eravate intoccabili? Più che noi, era Blob, l’intoccabile. Detto questo, qualcuno ci provò. Ricordo che una volta mi diedero 10 giorni di sospensione perché avevo fatto un montaggio contro Berlusconi. Diciamo che se sai nuotare, riesci a sopravvivere… Una volta ha detto: “Davanti al trash non resisto”. Da dove nasce questo feticcio?  Perché sono attratto dalle cose folli e assurde, e nei film e nei programmi. Più la cosa è strana, bizzarra, popolare, più il mio pollice diventa verde.

Quando Stracult chiude i battenti, nel 2020, dichiara: “Forse non piace al direttore di rete…” Non ha pensato minimamente che con il 2% di audience fosse difficile andare avanti? Ma è l’audience che ha sempre fatto Raidue, nella programmazione notturna! Se pensi che il programma di Ilaria D’Amico in queste settimane sta facendo il 2,2 di ascolti. E Stracult non costava niente. Quindi? Qualora fosse vero quello che lei mi sta dicendo, come se la spiega allora questa chiusura? Beh, da un lato ero prossimo alla pensione, e dall’altro mi propongono di condurre Stracult con Pino Insegno, uomo vicino a Giorgia Meloni… Gli dico: non voglio fare un programma con Insegno, a un mese dal mio pensionamento, e rovinarmi una “fedina penale” immacolata…

E lei, mettendo da parte la miopia o la non voglia del direttore di Raidue, che errori ha fatto, conducendo Stracult? Non era magari un programma un po’ moscio? Non credo proprio. E’ stato un programma importante perché ha fatto uscire personaggi e film che erano stati dimenticati e che non avevano mai avuto occasione di parlare. E oltre ai personaggi e ai singoli film era proprio un tipo di cultura, diciamo popolare, che era stata completamente sommersa da quella considerata di maggior pregio perché legata al cinema d’autore. Ovvio che nel tempo un po’ di questa carica si sia perduta, ma non ho mai visto Stracult come un programma moscio. Nessuna rete aveva un programma così fuori dal normale come Stracult.

La televisione dà sempre una grande visibilità… Da quando le hanno chiuso Stracult, il suo cellulare squilla ancora tanto? Si narra che negli anni della sua conduzione, il suo telefono squillasse tantissimo… In effetti, il mio telefono è completamente morto… Tutto sommato, meglio così. L’hanno delusa le persone che hanno smesso di cercarla? No, per niente. L’avevo messo in conto. E’ la vita.

Da chi si è sentito usato negli anni della sua massima popolarità?  Da nessuno, mi creda. Le persone che hanno lavorato con me, e che ho sempre scelto liberamente, sono le stesse che avrei voluto a cena, a casa mia… Di quale programma va meno fiero, e perché? Di un programma che si chiamava “Scalo Settantasei”. Meno fiero perché ho potuto fare poco, e sperimentare ancora meno. Era un programma che non era mio, dove sono stato chiamato. Ma in generale ho sempre cercato di farmi piacere tutto.

Quale artista, o presunto tale, che hai lanciato in tivù, ti ha dato maggiori soddisfazioni? Andrea Delogu, senza dubbio. Ma non posso dimenticare Max Giusti, Paolo Ruffini, Lillo&Greg, che, comunque, stavano facendo già un loro bellissimo percorso. 

Il più bravo tecnicamente? Max Tortora era tecnicamente pazzesco. E come presentatore credo che Paolo Ruffini possa ancora dare moltissimo.

Ci può spiegare l’amore per il cinema? Perché sono nato e cresciuto nei cinema. Ma ora, in realtà, odio il cinema, non ne posso più…Ne ho visti troppi, di film…! Quanti?

Boh? Diciamo circa 50mila… Ma il punto, ad essere onesti, è un altro: di quanti film visti e stravisti ricordo ancora qualcosa?

E che risposta si dà? Che ricordo, paradossalmente, quelli visti da giovane…

C’è n’è qualcuno che ha lasciato un’impronta, una cicatrice, nella sua vita? Sentieri Selvaggi, i Cavalieri del Nord-Ovest di John Ford; se fossi nato negli anni di Tarantino, ricorderei senza dubbio di più i film di Sergio Leone…



Come nasce la sua collaborazione con Dagospia? Nessuna la sopportava nei giornali? All’epoca collaboravo con Il Manifesto, ma avevo scritto un po’ ovunque, sull’Espresso per esempio. Roberto aveva, da poco, fondato Dagospia. E non ci sembrava, a noi che scrivevamo sui giornali, qualcosa di solido e di possibile. Piano piano però le cose stavano cambiando e Dago aveva visto prima degli altri quello che sarebbe capitato all’editoria. Quando mi propose di scrivere per lui, ebbi qualche esitazione. Anche perché il mondo del web lo conoscevo poco, pochissimo. Poi mi dissi: ma in fondo Roberto mi lascia assolutamente libero di scrivere quello che voglio, perché rinunciare? In tanti anni ho sempre scritto quello che volevo con la più totale libertà.

Christian De Sica ha detto: spesso alle nostre prime, i critici si sbellicavano dalle risate, poi, leggendo i loro articoli, erano di una ferocia assoluta”. Anche lei era così ipocrita? No, per niente! Sono stato, probabilmente, il primo, e l’unico, a parlare bene di certi film che mi facevano ridere. Andando contro tutti. Ho sempre amato i cinepanettoni e il cinema “scorreggione”…

Come mai la critica cinematografica, in Italia, verso in uno stato pietoso? Mai una critica, mai un azzardo, solo banalità e applausi scroscianti… Come se ne esce? Perché, con la chiusura delle riviste specializzate, la critica cinematografica ha perso verve, forza, e ci si è un po’ ripiegati… Di conseguenza, il lavoro di analisi profonda sui film, sugli attori o sulla fotografia è diventato sempre più superficiale. E’ difficile, oggi, che un film faccia discutere, o che crei dibattito. E’ solo un: ti è piaciuto o non ti è piaciuto?

Una cosa che mi ha molto colpito è stato l’atteggiamento che i critici italiani e il mondo del nostro cinema hanno avuto nei confronti di Luca Guadagnino. Quando uscivano i suoi film non piacevano proprio. Ero il solo o quasi che lo abbia sempre accanitamente difeso e ci ho visto bene. Anche rispetto a Checco Zalone, l’ho sempre molto appoggiato.  E sono contento che Dago abbia appoggiato questo tipo di battaglia culturale. Ricordo che quando il film di Guadagnino “A Bigger Splash” andò alla mostra del cinema di Venezia, si poteva cogliere quasi l’odio, il disprezzo negli occhi di chi faceva cinema in Italia… Quando venne candidato all’Oscar, ovviamente, le cose cambiarono. 

E perché, secondo lei? Perché Luca riesce a fare con budget limitati film internazionali, e, non da ultimo, il fatto di non stare nel giro del cinema romano… E qual è, scusi, il giro romano che conta per lavorare ed essere apprezzati? E’ il giro di chi fa cinema da anni e difende i propri interessi. 

Chi sono i produttori più permalosi e allergici alle critiche?  Quelli che mi vorrebbero menare? 

Esatto, o quelli che alzano la cornetta per dirle che ha scritto delle stronzate… Mi è capitato parecchie volte. E confesso che non sempre avevo ragione io. Uno di quelli che si è lamentato con me è stato Malcom Pagani che, una volta, mi chiamò per dirmi che era meglio se non avessi scritto nulla di un suo film piuttosto che scrivere cose negative…

… E che film era? Quello su Ornella Vanoni: purtroppo inguardabile… Ma non ne ho scritto. Ho fatto una battuta e si è arrabbiato. Pazienza. Invece ho fatto pace con la regista. 

E altri? Beh, Pupi Avati , in effetti, mi detesta proprio… Perché, cosa ha combinato? Perché i suoi film sono brutti. Non riesco a farmeli piacere. E poi non posso non citare Elisabetta Sgarbi: anche i suoi film non mi piacciono proprio. E pretende pure che vadano ai festival…! 

E uno dei film più brutti visti recentemente?  La terza parte di “C’era una volta il crimine” di Massimiliano Bruno, uno dei film più brutti che abbia mai visto ultimamente… E dire che gli altri film di Massimiliano Bruno mi divertono. Questo non è riuscito. Ma il mio divertimento non è solo giudicare liberamente i film che vedo ma, anche, scrivere sui gusti dei nostri critici, a partire da Mereghetti, del Corriere della Sera. 

De Laurentiis? Aurelio è prepotente, si sa, ma, nonostante tutto, abbiamo un ottimo rapporto…

Perché è prepotente? Cosa vuole da lei? Cosa le chiede? E’ autoritario di carattere. Cosa vuole? Nulla. Ma è uno dei pochi produttori italiani, anche se oggi produce molto poco, che ti chiamano, ti stimolano, parla con la critica. 

E gli attori? Quali sono quelli verso i quali non prova grandissima stima, ed uso un eufemismo? Perché mi fa questa domanda?

(...)

Prima lei mi ha citato più volte Guadagnino; e di Sorrentino, cosa pensa? La sua fama è tutta meritata? Quando uscì la Grande Bellezza, trovai il film irritante, e i rapporti, ovviamente, s’incrinarono. Paolo se la prese, forse a ragione, perché io non fui per niente tenero… Mi sembrava che lui non avesse capito né Roma né i romani. E forse esagerai. Per fortuna poi ci siamo riavvicinati, anche perché ho molto apprezzato le sue due serie, “The New Pope”, e anche “Loro”. Sorrentino è uno dei pochi registi italiani che riesce a muoversi con totale libertà. Nel nostro cinema può davvero raccontare di tutto esattamente come vuole. Reputa Sorrentino un regista sopravvalutato, intoccabile? No. Anche se certi suoi film possono non piacermi. Ma ha avuto e ha il giusto successo. Non è facile arrivare all’Oscar. E ancor meno facile è non venirne schiacciati. Sorrentino sa esattamente cosa vuole e sa come ottenerlo. Massima stima.

(...) Serie e fiction prodotte a iosa non pensa siano diventate, ormai, una sorta di ufficio di collocamento per attori frustrati e mediocri? A parte che anche gli attori frustati e mediocri hanno diritto di lavorare, mi sembra vero il contrario. Tante serie sulle piattaforme servono per lanciare e scoprire nuovi talenti. Pensi allo strepitoso cast di Gomorra…

Qualche giorno fa tutti i giornali, a reti unificate, e con la lingua di fuori, hanno venerato Roberto Benigni, per i suoi settant’anni. Lei cosa pensa del toscano? Come mai da decenni ha perso quello smalto che tanto l’avevano rese celebre? Come tutti quelli che vincono l’Oscar, anche Roberto, con tutto il successo internazionale che ha avuto, doveva inevitabilmente chiudersi un po’ a riccio. Se la popolarità ti soffoca, ti chiudi e rischi. Ma a settant’anni, siamo onesti!, è impossibile pretendere ancora creatività e freschezza esplosive. Detto questo, dopo Totò, metto proprio Benigni, Troisi, Verdone forse i più grandi attori comici che abbiamo avuto. Benigni giovane a teatro era un vero e proprio spettacolo. Mi dispiace che le generazioni più giovani non lo abbiano visto.

Le è mai capitato di scrivere un articolo e poi vergognarsene? Mi è capitato di scriverlo e poi cestinarlo, perché offendevo qualcuno o scrivevo qualcosa di sbagliato… Ma scrivendo sul web, così tanto e  così in fretta, si commettono anche molti errori. 

Entri nei dettagli; si ricorda i destinatari delle sue invettive?  No. non voglio fare nomi. Si fanno degli sbagli per la fretta… e ti capita di dire cose che pensi, ma che non vanno per questo sempre scritte. Crede ancora che quello che scrive ha ancora un significato? Non le capita di chiedersi: ma a chi interessa veramente quello che scrivo? No, non me lo chiedo mai. Però, una domanda me la faccio sempre, ovvero se quello che scrivo interessa a me… E il cinema cosa le ha lasciato? Probabilmente, ritornare a quando eravamo bambini… Cioè? Sì. Ricostruire quel meccanismo di intrattenimento magico che vivevo da bambino andando al cinema. 

Come vorrà essere ricordato una volta smessi i panni del rompicoglione? Non penso di essere tanto un rompicoglione… Una cosa la vorrei sottolineare, però: che mi venisse riconosciuto il tentativo di aver scritto un’altra storia del cinema e televisione italiani, vale a dire aver provato a dare un volto, una dignità artistica, uno spessore a figure che, diversamente sarebbero rimaste nell’anonimato, o a film e programmi che nessuno aveva voglia di “vedere” e ricordare… Le fa paura finire nel dimenticatoio? Probabilmente già ci sono. Il problema è che prima o poi si viene riscoperti…