Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  novembre 24 Giovedì calendario

Ritratto di Frida Kahlo

Nel gennaio 1937 arriva nel porto di Tampico una nave sulla quale si trova il cinquantottenne Lev Trockij, rivoluzionario in fuga da Stalin e dai suoi sicari. È nel Messico del presidente Cardenas che Lev ha trovato rifugio, con il supporto del pittore Diego Rivera. Sulle prime, Trotskij non vorrebbe neppure scendere dalla barca. In lontananza, però, si profila una figuretta femminile. È Frida Kahlo, la pittrice moglie di Rivera. Il rivoluzionario rimane colpito da lei e dalla sua mise, con i vestititi coloratissimi di tehuana (della zona del Tehuantepec), la camicetta ricamata, la gonna ampia, lo scialle a frange, i sandali intrecciati, le sopracciglia folte, gli occhi truccati, le folte trecce da regina, i gioielli precolombiani. Benché abbia con lui la moglie, Natalia, inizia una relazione con Frida, che ha trent’anni.
LA CAREZZA E LA VIOLENZA
A complicare il ménage si presenta lo scrittore comunista francese (espulso dal partito, come è accaduto a Rivera in Messico) André Breton. Anche lui resta affascinato dalla pittrice, che gli sembra «una principessa adorna di amuleti sulla punta delle dita», «una giovane donna dotata di tutte le capacità di seduzione e abituata a muoversi fra uomini di genio». La invita quindi a Parigi, dove Frida andrà nel ’39. Lei, comunque, preferisce la moglie di Breton (non è la sola attrazione femminile della Kahlo, che ha fra l’altro una liaison con Tina Modotti). E quello che è stato definito l’intreccio fra arte, amore e rivoluzione non regge: Rivera rompe con Trockij e anche Frida, che gli regala un autoritratto. Dopodiché il messicano fugge negli Stati Uniti, dove lo raggiungerà la moglie, mentre Trockij verrà ucciso dal piccone del sicario Ramon Mercader. Nonostante le molte passioni di Frida, il grande amore resta il marito, «il mostro adorabile» che l’ha abbondantemente tradita (persino con la sorella di lei, Cristina) e continuerà a farlo. Una volta gli scrive: «Ho capito che ti amo più della mia stessa pelle». Dice di lui: «È allo stesso tempo un’immensa carezza e una violenta esplosione di forze potenti e uniche». Rivera la ama in modo egoista, da uomo latino del tempo, che non si fa problemi ad avere le storie che vuole. Solo dopo la morte di Frieda riconoscerà: «Troppo tardi mi sono reso conto che la parte più bella della mia vita è stato il mio amore per lei».
GLI INCONTRI
L’esistenza della pittrice è un intreccio di amore e dolore, gioia e sofferenze nel corpo e nell’anima, incontri fatali e laceranti separazioni. Tutto ciò che le accade, ogni quadro che dipinge è sotto il segno della passione, della vitalità, della forza, e al tempo stesso della fine, del sangue, della morte, in una introspettiva ricerca di sé e del senso della vita. Anche in omaggio all’anima messicana, in lei così presente, alla Rivoluzione cui sente di appartenere, ai murales colorati, al folclore indios, alle maschere, ai funerali pieni di canti e fiori, agli scheletri che danzano, alle maschere, all’erotismo, alla forza del femminile. Infiniti i suoi autoritratti, che fanno pensare a uno specchio, un doppio, un alter ego e scandiscono ogni accadimento, ogni dramma. Da Autoritratto come Tehuana (o Diego nei miei pensieri) a Le due Frida, da La colonna spezzata (con la pelle nuda piena di chiodi) a Frida e l’aborto. Dichiara che si ritrae «perché sono la persona che conosco meglio e anche perché mi sono sentita spesso sola». Invece, Ciò che l’acqua mi ha dato è il suo quadro più surrealista. In un’intervista a Time dice però: «Pensavano che fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni».
LE ORIGINI
Nasce a Cayocan il 6 luglio 1907, segno del Cancro. Il padre Guillermo è un fotografo fuggito dalla Germania, la madre Matilde una donna brusca, poco presente. Nata probabilmente con la spina bifida (i medici la scambiano per poliomielite), dimostra sin da bambina una forte personalità. Vuol fare il medico, ma il 17 settembre 1925 l’autobus su cui si trova viene tamponato da un tram e lei rimane gravemente ferita. Verrà sottoposta a 32 operazioni e dovrà passare mesi a letto. «Nella mia vita ho avuto due incidenti: quello con il tram e quello con Diego. Diego è stato di gran lunga il peggiore», dirà. L’amato padre le dona un letto a baldacchino, in cima al quale mette uno specchio, nonché il necessario per dipingere. La sua carriera comincia così: proseguirà, con successi crescenti che la porteranno a Parigi e negli Stati Uniti e la renderanno molto popolare.
IL SUCCESSO
Dopo aver incontrato Rivera, che è già sposato, riesce a convolare con lui nel 1929: successivamente divorzieranno, per poi risposarsi. Sarà per lei un grande dolore non riuscire a portare avanti le gravidanze. Il successo come pittrice le consente maggior indipendenza dal marito, ma la sua salute è sempre problematica, tanto che nell’agosto ’53 le viene amputata una gamba. Alla fine sta così male, che viene portata a una mostra in suo onore sdraiata sul letto. Muore il 13 luglio 1954. Aveva scritto: «Spero che l’uscita sia gioiosa e spero di non tornare mai più». Ma il suo ultimo quadro si intitola Viva la vida!.