La Stampa, 24 novembre 2022
Roma, la città della cocaina
La storia dei tre omicidi avvenuti a Roma la scorsa settimana è talmente assurda che sembra successa su un altro pianeta; ascoltando i telegiornali si prova spesso questa sensazione di insensatezza davanti a fatti di cronaca gravi e torbidi, avvenuti qui proprio nel posto in cui viviamo, con le nostre famiglie, le nostre amicizie, i nostri affetti. E ci sembra strano come qualcosa del genere sia accaduto così vicino, in luoghi domestici che conosciamo così bene, coinvolgendo persone prossime a noi. Di fronte a tutto questo nasce spontaneo il sospetto che forse crediamo soltanto di conoscere la nostra città e le sue abitudini, mentre magari non è affatto così. O lo è solo in parte, in quanto Roma ha una sua vita pubblica, con leggi in vigore, diritto, forze di polizia, asili coi bambini, uffici di avvocati e studi notarili, e poi c’è un’altra Capitale che si svela solo in certe circostanze. È una città alternativa all’altra, violenta e crudele, che si manifesta di colpo, nei momenti e nei modi più imprevedibili, lasciandoci stupefatti. Un’entità capace di generare fatti di cronaca disumani, che depositano in noi una sensazione di dispetto e ingiustizia. Una città inammissibile, che ci porta a giustificare i suoi eccessi come illogici ed estranei a ciò che conosciamo, che esige una risposta di distanza personale dai fatti, brutali e offensivi per la nostra etica, naturale quanto legittima. Insomma, è comprensibile estraniarsi davanti a vicende irragionevoli e aberranti, avvenimenti di un altro mondo che però è qui con noi, corre parallelo al nostro, però sommerso, e si palesa solo ogni tanto. Un universo che funziona con altre regole, dove avvengono eventi figli di una società distorta, alterata e tossica; la Roma della droga. E questo non deve suonare come strano, perché c’è in giro un sacco di gente strafatta per le strade ed i quartieri della Capitale. Certo magari sono cose, per paradosso, più visibili al buio che con la luce. Io, ad esempio, che torno a casa in bicicletta dopo il lavoro, nelle notti nelle quali Roma si mostra troppo "calda" e sregolata, faccio sempre vie alternative, cerco di allontanarmi più che posso dalla strada. Spesso percorro la pista ciclabile fino a casa, transito nelle aree pedonali. Allungo il percorso oltre ogni ragionevolezza. Perché lo sento che la città è alterata. Quando pedali sul Lungotevere le macchine cominciano a passarti troppo vicino. Ti sfiorano. Ti toccano con gli specchietti retrovisori. Ovunque c’è qualcuno che strilla qualcosa, la gente intorno diventa aggressiva. Vanno tutti più veloci del consueto. Rumori di motori tirati e di frenate all’ultimo metro. Tutti vogliono sorpassare gli altri. Mentre le persone litigano sui marciapiedi e camminano in modo innaturale. Come gli zombie. Si presentano in mezzo alla strada quando non dovrebbero, un attimo e te li trovi davanti. Appaiono così, come epifanie. È la droga, la cocaina. Che cambia la fiducia nel proprio corpo e la percezione del mondo. E quando sentiamo fatti di cronaca allucinanti dobbiamo sempre pensare al fattore droga. Non solo, certo, c’è l’alcool, le medicine. E poi la droga. Il mix che crea un’altra realtà dove maturano quelle vicende protagoniste della cronaca. Spesso nera. A noi sembrano assurde ma non è che per questo non succedano o poi spariscano. Provengono da un mondo fatto di eccesso, dove la percezione è diversa, modificata. Un mondo nel quale, invece, tutto è possibile. Anzi, quasi naturale. Infatti avviene. È il potere che hanno le sostanze come la cocaina, stupefacenti in grado di creare altri mondi, altre situazioni, altri esiti rispetto alla norma. Questo, certo, non giustifica quanto avvenuto a Roma, nel quartiere Prati e a poca distanza da questo, visto che il soggetto protagonista dei reati è un sex offender patentato, individuo nel quale convivono più patologie, devianze che non sono in alcun modo affrontabili dal sistema legale e penitenziario del nostro Paese. Visto che nessuno è in grado di occuparsi di individui nei quali coesistono disturbi psichiatrici e dipendenze. Nemmeno all’interno delle carceri, dove costoro devono vivere isolati dal resto della popolazione detenuta. In più il fattore di alterazione provocato dalle sostanze porta spesso indietro (e in un attimo solo) l’orologio (lentissimo) del progresso: in un Paese come il nostro, connotato da una società tradizionale a presunzione maschile, il concetto di subalternità della donna, radicato nell’educazione e nelle abitudini di entrambi i sessi, torna subito di attualità non appena si beve o si assumono sostanze eccitanti. Un quadro già grave che non poteva che precipitare del tutto in questa triste vicenda dei tre omicidi di Roma, l’artefice dei quali è un autentico predatore sessuale. Oltre all’inadeguatezza delle istituzioni nazionali stavolta c’è da sottolineare, con sommo rammarico, come non esista nemmeno più la criminalità organizzata di una volta, questo perché, tempo addietro, personaggi del genere non avrebbero avuto vita semplice all’interno della stessa società per delinquere; la decadenza dei valori investe ormai tutto, e lo spiccato senso dell’onore degli ambienti malavitosi, comincia a latitare anche lui.