la Repubblica, 23 novembre 2022
Farsi una risata fa bene alla salute
Avete mai pensato a cosa ci fa ridere davvero? Ho voluto scendere al fondo di questa domanda con uno studio che ho pubblicato nella rivista New Ideas in Psychologye che ha dato una risposta sconcertante: ridere è una cosa da persone serie. Millenni di evoluzione hanno preservato nell’uomo questo comportamento, perché ha una importanza fondamentale. Ridere è una sirena di allarme che scatta per avvertire chi ci sta accanto di qualcosa di importante: un cessato pericolo.
Per capire questo, spieghiamo cosa è l’umorismo. Quando il terribile uccello Beep-Beep fa cadere dall’alto di un canyon un’incudine in testa al povero Willy il Coyote, prima proviamo sgomento per qualcosa che dovrebbe provocare dolore, poi trasaliamo per la trasformazione di un essere vivo in una frittella, e infine: liberazione finale perché nessuno si è fatto male! Questo lo trovate nelle commedie più raffinate, da Plauto a Molière, e nei disegnatori da Altan a Zero Calcare; perché l’umorismo è un linguaggio universale.
Ma se questo è il meccanismo dell’umorismo, perché scatta in risposta quel verso strano e strampalato che chiamiamo risata? Perché un verso animalesco invece di un apprezzamento verbale? Pensate a come è fatta la risata: ritmica, alto volume, proprio come una sirena di allarme. Già, la risata è un segnale di allarme; anzi di cessato allarme. Quale allarme? Quello di aver trovato nella vita qualcosa di insolitamente freddo, morto, ripetitivo, rigido, come accade nei cartoni animati. Perché per l’uomo moderno il peggior attentato alla sua integrità è il diventare ripetitivo, routinario e freddo come un oggetto, come Sheldon in Big Bang Theory o come il Marchese del Grillo nel film di Monicelli.Su questo hanno ben messo in guardia i principali filosofi moderni, da Marcuse a Heidegger. Anche Freud ha spiegato che le cose ripetitive ci allarmano e generano ansia. È il nostro istinto che si ribella.
Riso e pianto sono stranamente connessi tra loro: entrambi sono fenomeni ritmici, che generano ormoni del sollievo, fenomeni esclusivamente umani e modi di comunicare a prescindere dalle parole. Il linguaggio comunicativo non verbale è ancora oggi fondamentale, anche se ha preso il sopravvento la parola, strumento a volte insufficiente, specialmente in condizioni estreme di gioia o di dolore.Il nostro comportamento include schemi ripetitivi, che vanno dal succhiare al seno dei bambini al respiro. Questi schemi sono una specie di pacemaker per la nostra vita, ma anche per la nostramente; sono punti di riferimento per il nostro benessere.
Il riso è stato preservato nell’evoluzione umana: probabilmente in un tempo in cui gli umani non parlavano, lo utilizzavano come un segno di allarme, ed era utile ad avvertire gli altri di gravi pericoli; oggi avverte di un pericolo non meno grave: la disumanizzazione.Grazie allora a chi ci fa ridere, ai disegnatori, ai comici, ai nostri figli o ai nostri partner, perché stanno tirando fuori dal nostro io interiore la capacità di giudicare le cose fredde della vita, che troppo spesso accettiamo come fossero normali.
L’autore è professore associato di Pediatria e membro del Comitato di Bioetica della Regione Toscana