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 2022  novembre 22 Martedì calendario

L’epica editoriale e i pochi lettori

Nelle ultime settimane sono usciti diversi libri sull’editoria italiana e sulla cultura promossa e diffusa dagli editori nel dopoguerra. Sono libri molto diversi tra loro, come quelli di Ernesto Ferrero (Album di famiglia, Einaudi) e di Gian Arturo Ferrari (Storia confidenziale dell’editoria italiana, Marsilio). Ambedue però raccontano protagonisti e fatti vissuti dall’interno di quel mondo. A questi si aggiungono Bazleniana (Acquario editore), a cura di Anna Foà e Marco Sodano, sulla figura di Roberto Bazlen, e Verità di famiglia (La nave di Teseo) di Sebastiano Mondadori sul nonno Alberto, figlio ribelle di Arnoldo. Altri studi e rassegne si potrebbero citare, meno recenti ma altrettanto significativi, che segnalano una voglia di bilancio e di riflessione su un’epoca ormai chiusa di cui si avvertono ancora oggi i fermenti, i benefici e l’eredità. Senza dimenticare le miserie e i fallimenti, il dato di fatto è che l’editoria del dopoguerra in Italia ha raccolto le migliori energie intellettuali e creative per costruire mattone su mattone, libro su libro, il Paese del futuro. C’è sempre un sapore epico nel racconto del mondo editoriale del secondo Novecento, nonostante i vezzi, gli errori, anche le follie: Mondadori, Rizzoli, Bompiani, Einaudi, Garzanti, Feltrinelli, Boringhieri… Al di là delle gestioni «allegre» (spesso per eccessiva generosità), i risultati culturali sono stati del tutto eccezionali, tali da fare invidia agli altri Paesi, e si capisce che quel tempo venga celebrato con ammirazione. Basta scorrere i cataloghi, le collane, le copertine che, come detto altrove, meriterebbero un museo come certi capolavori dell’arte. Purtroppo, il Paese reale e il Paese politico non sono stati all’altezza dell’impegno di uomini e donne per i quali la passione per il libro, «meglio se cieca» (come scrive Ferrari), è stata il primo requisito. Il pubblico è sempre rimasto molto ristretto, e neppure le strategie di marketing e la ricerca ossessiva del bestseller sono riuscite ad allargare la cerchia dei lettori, tuttora esigua anche. Né sono riusciti i numerosi bellissimi festival e i saloni festosi ad alimentare il mercato editoriale, se siamo ancora qui a lamentarci dei pochi lettori. Ovvio che questo sarebbe tra i primi argomenti su cui un nuovo governo dovrebbe concentrarsi. Anzi, avrebbe dovuto.