la Repubblica, 22 novembre 2022
Intervista a Patricia Cornwell
«I pericoli più subdoli sono quelli che non possiamo vedere: virus, veleni, sostanze chimiche, hackeraggio e altri cyberattacchi. Ma anche il fanatismo e quel genere di disinformazione che scatena violenze, guerre e genocidi». Patricia Cornwell — storica regina del mystery al femminile, madre nobile di tutti gli infiniti libri, film e serie tv sulla scienza forense — lo fa dire alla sua alter ego Kay Scarpetta, di professione medico legale, nell’ultimo romanzo, Livore (Mondadori), appassionante avventura nel mondo oscuro di queste armi non convenzionali. E spiega il perché, via telefono, aRepubblica : «Ho iniziato raccontando i serial killer, sulla scia del
Silenzio degli innocenti , ma nella realtà attuale, e soprattutto dopo il Covid, i veri nemici sono diventati altri».
Impercettibili, subdoli, alcuni facilmente reperibili. Ancora più inquietanti.
Nel corso della chiacchierata, però, la scrittrice parla anche di sé. Rievocando il duro e lungo tirocinio compiuto per poter descrivere con credibilità il lavoro meticoloso, e profondamente umano, di chi affronta — come da titolo del suo primo bestseller — indagini Post mortem .
Patricia, dopo un periodo di latitanza ha ripescato la sua Kay Scarpetta: nel 2021 in “Autopsia”, ora in “Livore”. Come mai?
«Già prima della pandemia avevo orientato le mie ricerche sulle armi ad alta tecnologia. Poi è arrivato il Covid è tutto è crollato: non vedevi nessuno per strada, avevamo di fronte qualcosa di orribile e spaventoso. Allora ho pensato: cosa farebbe Kay Scarpetta se fosse qui, ad affrontare killer sconosciuti e segreti? InLivore , ad esempio, a provocare morte e distruzione sono le onde elettromagnetiche usate come arma: un pericolo reale e presente, anche se la maggior parte delle persone, al di là di servizi segreti, Nasa o cyber investigatori, non ne sa nulla. Kay del resto è abituata ad accorgersi di particolari che nessuno nota. Anche in questo nuovo contesto, però, lei continua a esercitare l’empatia, la sua dote fondamentale: la capacità di sentire il dolore anche delle creature più piccole».
Ma cosa la spinse, agli esordi, a raccontare il mondo, allora sconosciuto, della medicina legale?
«Tutto è cominciato molti anni fa,quando andavo al college e facevo anche la giornalista. Ero affascinata dalla cronaca nera. E la cosa che più di tutte mi interessava era sapere cosa succedeva a quei corpi che a un certo punto venivano portati via dalla scena del crimine. Era questo che volevo scoprire. Tutto è cambiato dopo un tour in unamorgue reso possibile dalla mia amica Marcella Fierro, la scienziata che ha ispirato l’origine italiana di Kay Scarpetta. Solo allora ho capito che avrei dovuto davvero lavorare in quei luoghi per poterne scrivere».
Una scelta di vita radicale.
«In effetti sì. Per questo il mio motto è “non scrivere di ciò che sai: scrivi di quello che impari”».
Cosa fece per imparare?
«Prima chiesi come potevo fare per assistere a delle autopsie, e mi fu detto che non era un’attività che prevedeva spettatori: come minimo avrei dovuto diventare un volontario della polizia.
Così lo diventai, e mi presentai lì in uniforme».
Fu accettata?
«Sì. In tutto ho lavorato sei lunghi anni nell’istituto di medicina legale. Di giorno seguivo le autopsie, prendevo appunti, di pomeriggio lavoravo all’elaborazione dati al computer, un lavoro che non voleva fare nessuno, di sera scrivevo. Sempre alle prese con persone morte, e che quindi non potevano più tornare indietro né cambiare nulla di quanto era loroaccaduto. Non avrei mai scritto ciò che ho scritto se non avessi sentito in prima persona ciò che Kay Scarpetta sente».
Emotivamente è impegnativo.
«Non si possono vedere le cose che ho visto io senza restarne profondamente cambiati: gli effetti della violenza dell’uomo sono traumatizzanti. Anche se lavorando in quei posti si sviluppa come una strana forma di ironia: a un certo punto mi sono resa conto che non avrei potuto stare lì senza un minimo, necessario distacco».
Poi è diventata un’autrice bestseller e ha lasciato la morgue: immaginava che avrebbe creato un filone così prolifico, con l’invasione di medici legali sia su pagina che su schermo?
«Non avrei mai potuto prevedere il boom del cosiddetto forensic thriller che c’è stato subito dopo di me: ammetto che sono stata una pioniera, ma a mia insaputa. Guardandolo ora, in retrospettiva, trovo il fenomeno interessante, anche se, lo ammetto, a volte, provo un pochino di fastidio.
Forse ha ragione la mia amica Marcella Fierro quando dice che la medicina legale è la mia attitudine, e non c’è nulla da fare. Se forse ho un merito, è quello di averla resa accessibile».
Almeno le guarda, le serie tv su autopsie e dintorni?
«No, non lo faccio. In generale non mi interessano i prodotti televisivi polizieschi, di nessun genere».
A proposito di pionierismo, un altrosuo pregio è l’aver imposto una protagonista femminile nell’universo molto maschile del “crime”.
«Anche in questo caso non è stato un obiettivo calcolato. Ma ricordo bene cosa è stato crescere in una piccola città della Virginia, con due fratelli, circondata da uomini. Quando lavoravo nel mondo della polizia ero vista con sospetto, avevo solo ventidue anni ed ero una donna, mi trattavano in modo ostile: ho dovuto lottare contro il sistema. La stessa cosa che è poi successa alla mia Kay, anche lei condannata a essere la prima donna nel suo ambiente di lavoro».
Oggi invece c’è un’attenzione enorme al genere, alle minoranze. C’è chi parla di cancel culture. Lei che ne pensa?
«Sono assolutamente d’accordo con chi invita a esercitare una certa sensibilità sulle parole. Ma, come in ogni ambito della vita, ci vuole moderazione. La lingua è uno strumento potente, ha la capacità di far succedere le cose, il che ci impone di essere accurati».
In un’intervista al Sunday Times, scherzando su certi eccessi semantici, ha detto: presto non diremo più “black holes”, buchi neri, ma “non-white holes”…
«Già! Perché è giusto evitare i cliché, ma la lingua deve rimanere vera. Non dobbiamo esagerare, ripulirla troppo: altrimenti perdiamo qualcosa».