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 2022  novembre 22 Martedì calendario

Intervista a Dominik Paris

La squadra privata, il lavoro sugli sci in Argentina e una ritrovata consapevolezza. Dominik Paris, la stella azzurra dello sci alpino, riparte con nuove certezze dopo la deludente stagione delle Olimpiadi di Pechino nelle quali ha raccolto un amaro sesto posto in discesa, fallendo anche la conquista della coppa di discesa. Poco per un atleta del suo talento e della sua forza, finito sugli sci all’età di tre anni e diventato il padrone della Streif a Kitzbuehel. Così, dopo mesi difficili, tra dubbi e crisi di identità sportiva, Paris riparte e guarda avanti, alla Coppa e ai Mondiali di febbraio. Oggi a Lake Louise, in Canada (dove ha vinto nove anni fa), va in scena il primo test di discesa che giovedì apre il lungo il lungo fine settimana della velocità.
Paris, cosa è cambiato?
«L’obiettivo è sempre quello, essere veloce, anzi il più veloce. In coppa cambierò tattica, devo cercare di puntare anche ad un piazzamento come il quarto o il quinto posto, sono punti preziosi».
Quest’anno ha ottenuto un team per lei. Soddisfatto?
«Molto. Nella vita devi cambiare, serve nuova energia. La federazione mi ha messo nelle migliori condizioni per allenarmi, mi ha sostenuto. Il mio motore deve essere preservato, devo dosare meglio gli sforzi per essere al top. Il presidente Roda ha accettato la mia richiesta (come quella delle azzurre di vertice Bassino, Brignone e Goggia, ndr) e mi ha dato questa possibilità. Sono più libero. Alla mia età servono condizioni particolari».
Com’è stata l’estate?
«Ottima. Abbiamo trascorso tre settimane di preparazione a Ushuaia, in Argentina, facendo un ottimo lavoro, anche sui materiali. Abbiamo sfruttato al massimo le perfette condizioni della neve. In più ho insistito sul gigante, lo avevo fatto solo nel 2016. Per questo ho gareggiato a Soelden. Mi serve per il superG perché stanno cambiando le tracciature, diventano sempre più strette e con maggiori curve».
Nella scorsa stagione le sono sfuggite la medaglia olimpica e la Coppa di discesa. Cosa non ha funzionato?
«In primavera ho ripensato ai Giochi cinesi. E ho capito appunto di aver bisogno di un mio staff. Incluso un allenatore per me, quello che mi conosce meglio, cioè Ghidoni. Ho analizzato e fatto tesoro degli errori commessi nell’ultima stagione».
Qual è stata la molla che l’ha spinta a continuare?
«La vittoria nella discesa di Kvitfjell, il 5 marzo scorso. Lì, a fine stagione, ho ritrovato le mie sensazioni sulla neve».
Il calendario di Coppa quest’anno è rivoluzionato. Avete dovuto cambiare la preparazione?
«Non condivido il fatto di avere due discese nello stesso weekend. Perché una ammazza l’altra. Non lo dico per la fatica, a quella siamo abituati. Ma per dire...a Kitzbuehel ci deve essere un solo re. Insomma, è come se i vincitori di Wimbledon fossero due. Io amo lo schema classico, i fine settimana di gara devono avere un supergigante e una discesa e basta».
Alle Olimpiadi di Milano-Cortina avrà 37 anni. Pensa di arrivarci?
«I Giochi italiani sono ancora molto, molto lontani. Ogni anno dovrò vedere come starò fisicamente e mentalmente, se riuscirò a motivarmi ogni volta. A quel punto deciderò se esserci o meno. Poi vediamo come sono forti i giovani e quanta energia portano».
La musica heavy metal è la sua amica preferita. Si è esibito con la sua band in qualche concerto durante l’estate?
«Sì, abbiamo fatto due concerti, è stato divertente. Lo ammetto, sul palco sono molto più teso di quando devo scendere a oltre 100 chilometri sugli sci. Perché lì controllo la situazione. Quando suoni, invece, hai davanti un sacco di gente e vedi subito la reazione e ti può condizionare. In gara no, perché non so a che punto sono fino a quando non taglio il traguardo e sono concentratissimo».
Tra le sue passioni c’è il cibo. Lei è un ottimo cuoco. Qual è il piatto che più ama cucinare?
«La carne, alla griglia, al forno o nella pentola. In cucina mi rilasso».