La Stampa, 22 novembre 2022
Saka, da bullizzato a simbolo della festa
Quattrocentonovantotto giorni per un riscatto. Non sono neanche tanti, soprattutto a 21 anni, ma per Saka alcune di queste settimane sono state insopportabili.
Bukayo Saka è il più giovane a mettere a segno una doppietta nel suo esordio al Mondiale dal 1966, due delle reti, nel 6-2 di Inghilterra-Iran, sono sue e il primato assoluto di precocità è di Franz Beckenbauer, 20 anni e 304 giorni proprio nella Coppa del Mondo ospitata dall’Inghilterra. Incroci a distanza. Ma Saka è stato anche uno dei tre giocatori insultati dopo gli errori ai rigori nella finale degli Europei persa contro l’Italia: gli hanno promesso la morte, hanno augurato pene atroci alla sua famiglia, denigrato le origini e augurato il peggio, certi ci sono andati giù pesantissimo, oltre la minaccia. C’è stato un arresto e un pentimento tra chi lo ha perseguitato, c’è stato un lungo silenzio dopo, soprattutto sono sbucati troppi interrogativi e sensi di colpa, fuori portata per uno sbaglio sul campo. Tormenti che Saka ha faticato a cacciare, paure che non sapeva di avere: «Quel che ho provato resterà sempre con me, ma non ho voluto che mi definisse, ho sentito il sostegno di casa, della squadra e della nazione e ora sono felice di restituire questo appoggio». Quel che gli è capitato si chiama abuso e se suona troppo violento è perché non ci si immagina quanto male possa fare non sentirsi più al sicuro. Nemmeno dentro la propria testa. Quando la Fifa, insieme con il sindacato giocatori, ha varato un piano per evitare l’aggressività social è a lui e ai suoi compagni che hanno subito pensato, è lui che hanno citato.
L’11 luglio 2021, ultima data felice del calcio azzurro, Saka si è nascosto tra le braccia del suo allenatore per piangere. Non per farsi consolare: per cercare di sparire. Il 21 novembre 2022 si è presentato davanti a Southgate per una stretta di mano, una di quelle con i pollici alti, da amici.
L’Inghilterra che travolge l’Iran è fatta di giovani leoni. Il primo gol è di Jude Bellingham, quando mette la palla in rete partono i Beatles (un’inevitabile «Hey Jude»), ma lui ha 19 anni, è uno dei 18 teenager presenti nelle 32 squadre in Qatar. Dopo Saka tocca a Sterling (altro bullizzato post Europei), a Rashford, a Graelish, l’Iran, che piazza due gol stanchi con Taremi, uno su rigore, smette di fare resistenza e l’inerzia dura moltissimo perché al Khalifa Stadium si vede la partita più lunga, supplementari esclusi, della storia del torneo, 27 minuti extra. Colpa dell’infortunio del portiere dell’Iran, l’uomo dal rinvio a lunga distanza esce dalla gara dopo 19 minuti con il naso sanguinante. E in realtà doveva essere fuori dopo la botta alla testa, secondo regolamento, ma quello lo si usa per gli arcobaleni. Insomma l’Iran non è calcisticamente pronto, nonostante siano i primi a usare le sei sostituzioni concesse, e ha altro per la testa, ma si merita il 6 politico per il coraggio. L’Inghilterra parte da un voto assai più alto che ora deve reggere: ha rispedito gli insulti dentro la rete, ora le tocca domare gli entusiasmi. —