la Repubblica, 21 novembre 2022
La parabola di Stefano Bonaccini
“Compagni e compagne” non glielo si sentiva dire da tempo. Il vecchio saluto comunista lo ha rispolverato a Campogalliano, nel modenese, da dove viene e dove vive, davanti agli amici, alla famiglia (incluso il cane Romeo) e soprattutto alla mamma Anna, emozionata e orgogliosa in prima fila. Di solito, per entrare in connessione emotiva con la platea, usa un’altra chiave: “Ma voi pensate che nei bar parlino di questo?”. Ripetuta costantemente negli ultimi tempi, a sottolineare la proverbiale distanza tra eletti ed elettori. Ovvero il deserto che tutta la politica si ricorda ogni giorno di dover attraversare, senza quasi mai riuscirci. Un’impresa che Bonaccini almeno una volta portò a termine, mobilitando davvero l’elettorato dell’Emilia-Romagna per sbarrare la strada a Salvini, riconfermandosi presidente della Regione a inizio 2020.
È dentro quel successo – pronosticato da pochi dopo aver visto la Lega superare per la prima volta il Pd in Emilia alle Europee di sei mesi prima – che nasce la sua candidatura a segretario del partito di oggi. “Battere la destra” del resto è il titolo del libro che Bonaccini diede alle stampe di lì a poco, cominciando ad assaporare la sensazione di avere le idee più chiare di altri per muoversi nello scacchiere politico nazionale.
Un cambio di passo e di prospettiva che Bonaccini aveva iniziato a darsi proprio per far fronte all’avanzata leghista, scegliendo un profilo più popolare e meno burocratico con cui presentarsi nei comizi agli elettori. Sostanza ma anche forma. La barba affilata e ben curata, gli occhiali a goccia, l’abbigliamento casual e molti post vivaci sui vari social, per restituire l’immagine di un politico simile a tutti (“Popolare spero, certo, ma non populista”).
La sua vera sfida resta quella di dimostrare che il teorema emiliano sia esportabile anche a Roma. E sconfiggere la diffidenza che da sempre accompagna gli amministratori di qui, considerati molto efficaci sul territorio amico ma inadatti alla dura battaglia politica. Se però è vero che il Pd alle ultime elezioni ha perso soprattutto per il suo atavico vizio di incartarsi nello stringere alleanze, Bonaccini sul punto non teme rivali. Governa con calendiani, renziani e sinistra da tre anni senza incidenti di percorso. E per sua natura tende alle larghissime alleanze. Coi 5 Stelle parlava anche quando loro consideravano il Pd poco meno del male assoluto. Figurarsi oggi. E col Terzo polo non ha problemi per definizione, essendo stato al fianco di Renzi nel 2013 quando l’ex sindaco di Firenze si prese il partito, poi il governo e anche quel 40% abbondante di consensi alle Europee. Tra i due i rapporti si sono allentati ma il legame è rimasto. E anche di questo Bonaccini dovrà in qualche modo rispondere, oggi che l’uomo di Rignano è inviso ai più, dentro e intorno al partito. Ma Bonaccini fu anche al fianco di Bersani nel 2009, sostenne la candidatura di Zingaretti e fu tra i primi a chiamare Letta per incoraggiarlo ad accettare l’incarico. “Smettiamola di etichettarci con i cognomi degli altri”, ha glissato lui, che tra l’altro a Campogalliano abita precisamente in via Bonaccini (il partigiano Vittorio, non il politico Stefano), tra largo Che Guevara e piazza Martiri della libertà. Sui valori di sinistra insomma si sente coperto, non accetta insinuazioni ma sa già che ne avrà sempre, da qui ai giorni caldi che verranno.
Intanto ha evocato da subito l’urgenza di un nuovo gruppo dirigente e sottolineato caldamente più volte la forza dei buoni amministratori troppo spesso sottovalutati nel Pd. Definendo dunque il perimetro dei suoi alleati necessari nella scalata al partito, ben sapendo che larga parte del gruppo dirigente attuale non tiferà per lui. Se la sfida alla fine sarà davvero con Elly Schlein, in fondo sarà anche quello un suo piccolo successo. Avrebbe potuto premiarla con un assessorato di peso, dopo averla vista raccogliere oltre ventimila preferenze con la lista “Coraggiosa” alle regionali, ma si è spinto a darle la vicepresidenza. Intuendone la forza politica, pur subendone la popolarità. Lui però nel partito ci è nato, lei deve ancora decidere di entrarci. E questo Bonaccini lo considera ancora un vantaggio. Sempre che alle primarie non ci arrivi Paola De Micheli, piacentina, la prima a candidarsi. Ci si potrebbe quasi sbilanciare: il prossimo segretario arriverà dalla via Emilia.