Corriere della Sera, 20 novembre 2022
Dario Ballantini si racconta
Bocciato da Pippo Baudo, promosso da Antonio Ricci. «Si è chiusa una porta e se ne è aperta un’altra che mi ha portato al programma della mia vita». Uno e centomila, Dario Ballantini, imitatore e trasformista, è il volto mascherato di Striscia la notizia da quasi 30 anni, mentre a teatro porta in giro ben tre spettacoli: uno su Petrolini, uno su Dalla e uno sulle 10 imitazioni che sente più sue.
Gli inizi?
«Da ragazzino. Ero appassionato di Alighiero Noschese che è stato un grande imitatore e trasformista della tv in bianco e nero. Poi a scuola, al liceo, mi sono accorto che avevo questa attitudine e ho iniziato a fare cabaret in maniera artigianale: le prime parrucche le creavo io stesso in modo rudimentale. Adesso sono molto meticoloso, disegno sempre i personaggi da imitare prima di farlo».
La svolta?
«A fine anni Ottanta. Partecipai a Gran Premio, un concorso della Rai per giovani talenti. Ero praticamente stato scelto da Baudo, ma poi preferirono puntare su un’imitatrice, una donna che non ha fatto carriera, perché era una novità. Mi ritrovai messo fuori e partecipai a un altro concorso, Star 90. Vinsi e conobbi Antonio Ricci che era in giuria. Cinque anni dopo l’ho convinto a prendermi con l’imitazione di Dario Fo».
Cosa la colpisce di Antonio Ricci?
«Spirito di osservazione acutissimo, ironia sottile come una carta velina».
L’imitazione a cui più legato?
«Valentino è quello che mi ha lanciato e con lui ho portato per la prima volta le imitazioni in strada, è stato il primo personaggio on the road della tv».
La migliore?
«Gino Paoli, come somiglianza e come esperimento. E poi perché far ridere con Gino Paoli non è da tutti. Anche Nanni Moretti, con i suoi silenzi. Il silenzio in tv è pericoloso, la tv è immediata, non puoi stare zitto e non dire nulla. Con questi due personaggi dalle imitazioni ombrose è stato accettato in tv anche uno stile rarefatto».
In diverse occasioni l’imitatore Ballantini ha incontrato il vero imitato. Chi è stato spiritoso e chi meno?
«Gino Paoli e Vasco Rossi sono stati molto spiritosi. Morandi anche. Conte ci ha provato. Moretti invece non è stato molto partecipe».
Chi si è offeso?
«Vittorio Emanuele non la prese bene, ma era divertente. Alvaro Vitali faceva la moglie...».
I politici sono il suo core business...
«Ormai i politici sono diventati più attori dei veri attori. L’attualità detta legge, è inevitabile. Pensi a Ignazio La Russa: lo lanciai prima di tutti ma l’avevo fermo dal 1994. Ora è tornato in auge come presidente del Senato».
Chi si diverte a fare?
«Mi piace Draghi, perché ha quel che di Alberto Sordi: io sono io e voi... Anche Conte, per lo stile del gagà. La Russa mi impegna molto per la voce cavernosa e l’aria mefistofelica, devo sforzarmi a tenere il volto come una maschera».
Guardando alla concorrenza?
«Panariello con Renato Zero sta in testa a tutti. Mi piace l’Ornella Vanoni di Virginia Raffaele: sarebbe bello fare un duetto con il mio Gino Paoli. Crozza non si trucca alla perfezione, ma il suo Mauro Corona mi divertiva molto».
Uno e centomila: come si mantiene l’equilibrio?
«È la mia vita, mi viene facile, altrimenti sarei diventato un folle; è un modo per annullare me stesso e far ridere un altro dentro di me. Ho fatto più di 70 imitazioni, in fondo ho vissuto altre 70 vite».
Lei è anche un apprezzato pittore.
«È un’altra delle mie vite parallele, Livorno è una città d’arte, ho respirato creatività in famiglia e ho fatto il liceo artistico».
Che stile ha?
«Io non studio il quadro, lo progetto mentre lo realizzo. Sono un pittore esistenzialista, ho uno stile tra Sironi e Ennio Calabria. La pittura è una passione che fa anche soffrire, in fondo è il risultato di una seduta psicanalitica, di quello che provo o del mio pensiero sull’umanità, la pittura consente di sviscerare e rimuginare un calderone di idee e pensieri».
Tante maschere: il vero Ballantini per strada lo riconoscono in pochi?
«Un po’ è vero, poi con Morandi sono diventato più “famoso” perché è quello a cui assomiglio naturalmente di più. All’inizio mi dispiaceva, ma ci convivo da tutta la vita. Anche perché ho questa particolarità del viso che se mi taglio i capelli non mi riconoscono nemmeno i miei familiari».