la Repubblica, 20 novembre 2022
Arrestato il killer delle prostitute a Roma
Sono quasi le otto di sera quando lascia la questura su una volante a sirene spiegate, con un cappuccio rosa per nascondere il viso. Giandavide De Pau, 51 anni, ex autista del boss Michele Senese: è lui il killer delle escort di Prati. Almeno secondo la polizia che l’ha interrogato per dieci ore. Ha sgozzato due cinesi e una colombiana, finisce a Regina Coeli. Roma tira un sospiro di sollievo e lui ripete agli inquirenti: «C’era tanto sangue, ricordo questo». Piange e aggiunge: «A una donna ho tamponato la ferita sul collo». Ha vuoti di memoria, sostiene che vuole suicidarsi, si prende la testa tra le mani. Dice tanti «non ricordo» ma troppe cose lo incastrano: i dati dei telefonini, una supertestimone, le immagini di videosorveglianza, il sangue nell’auto e sui vestiti. In 36 ore il caso sembra risolto. E per gli investigatori quel racconto confuso fa parte degli effetti delle droghe che l’assassino ha assunto nelle ultime ore.
La svolta
Venerdì la polizia è già sulle tracce di De Pau. Ci sono i frame delle telecamere, i tabulati dei cellulari, i reperti biologici trovati nelle due case di via Durazzo 38 e via Augusto Riboty 28 dove le tre donne sono state uccise. Ma la svolta nelle indagini arriva nel tardo pomeriggio,quando Francesca, la sorella di De Pau, telefona agli investigatori: «Mio fratellomi ha chiamato e mi ha detto cose che mi hanno allarmata». Nella notte, i poliziotti arrivano nell’appartamento di Ottavia, a Roma Nord, dove abita la madre di De Pau. Lui è lì, dorme. Ci sono anche i vestiti sporchi di sangue. Il puzzle sembra finalmente ricomporsi. L’uomo dice subito: «Ho vagato per due giorni senza mangiare né dormire, poi sono finito a casa di mia madre, mi sono buttato sul divano un paio di ore e siete arrivati voi».
La sua verità
Piange e si dispera, nel lungo faccia a faccia con gli investigatori coordinati dal procuratore capo Francesco Lo Voi. Minaccia di suicidarsi, ha le vesciche ai piedi: «Ho vagato per due giorni, a piedi e in macchina, senza mangiare, non ricordo bene», dice sfoggiando il mantra del colloquio: l’amnesia, dovuta al mix di droghe e farmaci che ha assunto mercoledì sera e che tre giorni dopo sta ancora cercando di smaltire. Dice di aver trascorso la notte prima dei delitti consumando polverine insiemea una ragazza cubana. Non ammette il triplice omicidio. Ricorda quello che, nella sua testa, è il primo e unico incontro: «Non ero mai stato dalle cinesi, ho preso appuntamento ». E continua: «Non ricordo nulla, sono arrivato in macchina — piange, e il racconto va a singhiozzo — pensavo che l’appartamento di via Riboty fosse al pianterreno, non al primo piano. Ho un blackout, c’era tanto sangue». Poi, in un’altalena di ammissioni, racconta di aver cercato ditamponare la ferita alla gola di una donna cinese e di aver dimenticato per terra il suo cellulare, nell’appartamento dove avrebbe ucciso le due donne orientali. «Non ricordo di essere stato in via Durazzo. Mi contestate due omicidi, non avrebbe senso negarne un terzo», prova a spiegare. «Sono uscito da quella casa, non so se sono salito in auto — aggiunge — A un certo punto ero all’Hilton in macchina, ma non so come ci sono arrivato né perché».
La cubana Francesca De Pau, nella telefonata agli inquirenti, aveva raccontato anche di una donna cubana di trent’anni, la stessa citata dal fratello, che era andata a casa sua per prendere soldi e vestiti. È così che la polizia arriva, venerdì sera, in via Milazzo, dove la giovane abita, ma a quell’ora nell’appartamento c’è solo suo fratello. Gli investigatori decidono di ascoltarlo in questura dove, nel frattempo, sfilano almeno cinquantatestimoni. Intorno a mezzanotte arriva anche la trentenne. È una escort che riceve i clienti nella casa vicino alla stazione Termini. Le sue parole, in strada, gelano tutti: «Sono stata con quell’uomo, sono fortunata perché sono viva. Mi ha raccontato che ha ucciso tre donne». È lei il gancio per arrivare al killer: è la supertestimone. Entra negli uffici di polizia e ne esce due ore dopo. «Sono stato da lei il giorno prima», la versione di De Pau. Ma le indagini dicono altro: lui è stato in quella casa due volte, mercoledì e giovedì. Ha assunto droga e ha trascorso la notte con la donna.
La macchina
Quando il cerchio si sta già stringendo attorno al killer, a chi indaga da quasi due giorni arriva un’altra telefonata. Sono le 4 di ieri mattina. Due ore prima della cattura di De Pau. Una segnalazione arriva proprio da via Milazzo per una Toyota sospetta che mette in allarme un passante. Le forze dell’ordine aprono l’auto e trovano il volante sporco di sangue. Dai primi accertamenti emerge che la macchina è intestata a un autonoleggio. In quella strada ci sono diversi B&B dove le escort accolgono i clienti, in una di quelle stanze è stato anche De Pau con la ragazza cubana.
Alle 21 di ieri il killer è già in cella ma i dubbi sono ancora tanti. L’arma non si trova, alcuni particolari non tornano. Un investigatore esce dalla questura e non nasconde il turbamento: «Ci chiediamo ancora perché».