la Repubblica, 19 novembre 2022
Pericolo Bielorussia
BRUXELLES – Il pericolo adesso si chiama Bielorussia. Nello scambio quotidiano di informazioni tra la Nato e l’Ucraina, sta crescendo una preoccupazione. Che dopo il ritiro da Kherson, la Russia possa aprire un nuovo fronte. E lo possa fare proprio nei prossimi giorni per avere una rivincita e anche come una delle risposte all’incidente di tre giorni fa con il missile caduto in Polonia. La diffidenza reciproca, se ce ne fosse bisogno, tra Mosca e Kiev è aumentata proprio da quel momento. Lo scambio di accuse e il sospetto vicendevole di strumentalizzare la vicenda ha di fatto determinato la cancellazione delle piccole aperture al dialogo avanzate prima del G20 di Bali. Anzi, a questo punto il Quartier Generale dell’Alleanza di Bruxelles ha iniziato a monitorare quali possano essere i possibili sviluppi del conflitto sul terreno. E il primo di questo si concentra proprio sul Paese “satellite” del Cremlino guidato da Aleksandr Lukashenko. Una percentuale consistente di truppe, infatti, sono state da tempo dislocate in quel Paese. Lo stesso esercito di Minsk potrebbe essere coinvolto e irrobustire i contingenti putiniani. La soluzione alternativa consisterebbe nel passaggio attraverso la Transnistria ma viene considerato troppo complicato e logisticamente meno comodo. I timori si concentrano proprio sull’idea che dopo l’addio a Kherson, i generali di Putin vogliano sferrare un nuovo attacco dal fronte settentrionale. E di fatto puntare dritti nuovamente su Kiev come avevano provato a febbraio scorso. Da qualche giorno i satelliti Nato stanno allora monitorando quel confine. Con una intensità diversa rispetto al passato, anche recente. Per il momento non si sono registrati movimenti che possano far credere ad un intervento imminente. Ma è anche vero che, secondo gli esperti, basterebbero una dozzina di ore per mobilitare le forze russe presenti in Bielorussia ed entrare nel territorio ucraino. La paura è crescente anche perché una operazione del genere dovrebbe scattare prima che il terreno si riempia di neve e fango. L’allarme, del resto, ruota intorno all’idea che Putin stia cambiando idea sulla eventualità di avviare una qualche forma di negoziato, anche indiretto. Prima lo smacco di Kherson e soprattutto l’incidente polacco di Przewodow hanno modificato il quadro decisionale del Cremlino. E forse anche i rapporti di forza dentro la nomenclatura moscovita. Non è un caso che gli Usa abbiano proprio ieri ribadito che la trattativa non potrà mai essere aperta senza il coinvolgimento di Kiev. Un messaggio che non sembra presagire una soluzione in tempi brevi. Esattamente come le parole pronunciate, sempre ieri, dalla presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen: «Putin voleva cancellare l’Ucraina dalle carte geografiche, ma ha ottenuto l’esatto contrario: la nazione ucraina oggi è più forte che mai». Insomma gli Alleati hanno ormai dubbi pesantissimi sulle intenzioni del presidente russo e quindi sulla possibilità di aprire un negoziato. Al punto che più di prima, gli Usa e la Nato stanno tenendo sotto osservazione un’altra mossa a disposizione del Cremlino: il ricorso ai missili nucleari tattici. Sarebbe una mossadisperata. Ma drammatica. E che eppure non viene scartata perché in un momento di massima difficoltà, anche nei rapporti interni, Putin potrebbe giocarsi la carta finale. Che renderebbe tutto tragico. Il rischio del «potenziale uso» di armi nucleari e di «calcoli sbagliati» tra Occidente e Russia – haspiegato infatti ieri John Kirby, il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale – «è una delle ragioni» per cui gli Stati Uniti «vogliono mantenere aperti i canali di comunicazione» con Mosca. Ed è anche la spiegazione del recente incontro ad Ankara del direttore della Cia, William Burns, con la sua controparte del Cremlino.