La Stampa, 19 novembre 2022
Le ceneri di Scalfari a Rosta
Eugenio Scalfari, fondatore de la Repubblica e de L’Espresso, scomparso il 14 luglio scorso, amava molto la cittadina di Rosta, piccolo aggregato urbano a circa 20 chilometri da Torino. Sabato 26 novembre le sue ceneri arriveranno nel cimitero di quel comune della bassa Valle di Susa. Viene così soddisfatta una delle ultime volontà del celebre direttore, per 70 anni uno dei protagonisti dell’editoria italiana, nato a Civitavecchia nel 1924. Rosta per Scalfari era il luogo del cuore. Vi tornava di tanto in tanto anche negli ultimi tempi, in compagnia di Serena Rossetti, sposata nel 2006 dopo essere rimasto vedovo. In quel paese non lontano da Torino sono sepolti la prima moglie, Simonetta De Benedetti, e il padre, Giulio De Benedetti, storico direttore de La Stampa che a Rosta aveva il suo buen retiro: vi trascorreva le vacanze e vi si recava spesso anche negli intervalli dal lavoro del giornale.Era piccola, esile ma molto forte e determinata Simonetta, che convolò a nozze con Scalfari nel 1950 quando Eugenio era già un brillante collaboratore de Il Mondo. Il loro fu un legame intenso e insolito, fatto anche di grande complicità e di consonanza intellettuale, da cui sono nate Enrica e Donata. Figlia unica di Maria Bignami e di De Benedetti, Simonetta è stata una delle prime fotoreporter italiane. Con una straordinaria intuizione sul futuro della comunicazione, nel 1977 fondò l’agenzia Agf.Scalfari l’ha sempre evocata come un «centro», un riferimento non solo affettivo ma anche culturale da cui aveva preso le mosse la sua carriera: «Se anche il mio cognome oggi conta qualcosa, è grazie a lei – spiegò -. Lei c’era il giorno in cui è nato L’Espresso, c’era il giorno in cui è uscita Repubblica. Tutte le scelte sono state fatte insieme. E niente avrei potuto fare senza di lei».Scalfari ebbe un rapporto molto stretto anche con De Benedetti, al timone de La Stampa fino al 1968. «Fu protagonista di un ventennio di giornalismo eccezionale – annotò così Scalfari in un suo ricordo del suocero – inventò “Specchio dei Tempi” e fece un giornale popolare e di qualità». De Benedetti fu un maestro con le sue corrispondenze mirabili per la Gazzetta del Popolo: a Mosca intervistò Lev Trockij, Nikolaj Bucharin e Iosif Stalin, mentre a Monaco di Baviera ebbe l’occasione di un colloquio con Adolf Hitler quando era ancora il capo di un piccolo partito nazionalista (il dittatore, parlandogli degli ebrei, affermò di essere in grado di avvertirne la presenza «a un chilometro di distanza», raccontò De Benedetti, aggiungendo: «senza sapere che chi gli stava davanti ad ascoltarlo era un ebreo»).De Benedetti fu per il padre di Repubblica colui che tracciò con La Stampa una strada molto innovativa per il giornalismo italiano. «Il quotidiano registrava, lasciava sfogare – rammentò Scalfari – ma moderava coi titoli, bilanciava sempre, un’opinione di un tipo con un’opinione del tipo opposto. Tutto il segreto stava nel dosaggio». E così La Stampa divenne la testata preferita da tanti settori laici e progressisti della pubblica opinione.Su un percorso analogo si avviò Scalfari con le sue avventure editoriali. Queste scelte spesso furono il fulcro delle appassionate discussioni di Simonetta ed Eugenio a Rosta, quando andavano a trovare il grande Giulio nella dimora di famiglia anche dopo che si era ritirato dall’agone. Scalfari ha così chiesto di ritornare nella cittadina per lui cenacolo ideale di confronto e riflessione con Giulio e Simonetta.