10 ottobre 2022
Tags : Matteo Maria Zuppi
Biografia di Matteo Maria Zuppi
Matteo Maria Zuppi, nato a Roma l’11 ottobre 1955 (67 anni). Cardinale di Santa Romana Chiesa. Arcivescovo metropolita di Bologna. Presidente della Conferenza episcopale italiana • «Tra le voci più ascoltate nella Chiesa di Francesco, e non soltanto» (Carlo Verdelli, CdS 2/11/2020) • «Nel prossimo conclave potrebbe rientrare nella schiera dei papabili “francescani”» (Fabrizio D’Esposito, Fatto 6/7/2020) • «Alto, magro, movimenti veloci, la tonaca nera che svolazza mentre lui si affretta a chiedere: “Che, ce lo abbiamo il quarto d’ora accademico?”. Perché c’è sempre qualcuno che deve incontrare, vedere, ascoltare» (Silvia Bombino, Vanity 4/8/2022) • Amico personale di Andrea Riccardi, ebbe la vocazione nella Comunità di Sant’Egidio. Prete dal 9 maggio 1981. Iniziò come vice-parroco della basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma (parroco era Vincenzo Paglia). Uno dei primi sacerdoti ad avventurarsi nei campi rom della periferia romana. Con Sant’Egidio, ha avuto un ruolo diplomatico decisivo nell’accordo di pace tra governo e ribelli in Mozambico nel ’92, in Congo, Guinea, Burundi (al fianco di Mandela), e con i curdi del Pkk. Dal 2010 al 2012 è stato parroco a Torre Angela (80 mila anime, nell’Agro Romano, una città, con la più grande comunità nigeriana d’Italia). Nominato cappellano di Sua Santità da Benedetto XVI nel 2006. Dal 2012 al 2015 è stato vescovo ausiliare di Roma per il settore Centro. Nelle sue omelie più importanti cita San Francesco («Chi tratta male un povero fa ingiuria a Cristo») e il celebre «ama e fa’ ciò che vuoi» di Sant’Agostino • «Per me Zuppi è un punto di riferimento politico» (Andrea Orlando, vice-segretario del Pd) • «È un prete di strada, da sempre vicino ai poveri. Un vescovo di papa Francesco, in perfetta linea e sintonia. Non è uomo fazioso, nè ideologico, è uomo di rigore ma di straordinaria apertura» (Andrea Riccardi) • «È un pastore vero, un prete al quale piace la gente e il rapporto con gli ultimi. Ha una bellissima luce interiore» (Walter Veltroni) • «Un prete di strada può essere un leader spirituale; ma deve saper parlare in pubblico, reggere un’intervista, leggere e scrivere libri, saper mettere in relazione le persone, dialogare con tutti i politici senza diventare l’uomo di qualcuno, incrociare mondi ed essere a proprio agio davanti a un clochard e a una regina. Matteo Zuppi ha queste caratteristiche; quindi sarà un ottimo presidente della Cei. E poi è un uomo di energia e di simpatia: non l’ho mai visto di cattivo umore. Non è tutto; ma di questi tempi è molto» (Aldo Cazzullo) • A Bologna lo chiamano «don Matteo». È andato a vivere in una casa di riposo per preti, gira per la città in bicicletta ed è stato il primo cardinale ospite alla Festa nazionale dell’Unità. Da responsabile della Faac (azienda bolognese specializzata in cancelli automatici, il cui antico proprietario l’aveva lasciata in eredità all’arcidiocesi), ha elargito i dividendi ai poveri. Eppure, la definizione «prete di strada» non gli piace: «È una banalizzazione e, come tale, sempre pericolosa. È tutto molto più complesso». E, scherzando, aggiunge: «Mi dica lei dove altro dovrebbe stare, un prete, in salotto?».
Titoli di testa «“Papa Francesco ha avuto grande coraggio nel dire: sono pronto ad andare a Mosca e parlare con Putin”. Le reazioni non sembrano molto incoraggianti, eminenza… “Guardi, sono perfettamente consapevole della distanza enorme tra le due situazioni. Ma per chi cerca la pace, lo schema si ripete. E quando, con Sant’Egidio, cominciammo le trattative per porre fine alla guerra civile in Mozambico, ogni volta all’altra parte sembrava un tradimento. Parli con la resistenza, e sei complice. Parli col governo, e sei complice”» (Gian Guido Vecchi, CdS 5/5/2022).
Vita Quinto dei sei figli di Enrico Zuppi e Carla Fumagalli. Casa a Borgo Pio, a due minuti a piedi dal Vaticano. Famiglia molto religiosa. Il padre è giornalista, grafico e fotografo, per 32 anni direttore dell’inserto domenicale dell’Osservatore Romano (chiama a collaborare, tra gli altri, Giuseppe Prezzolini e David Maria Turoldo). Matteo è pronipote del cardinale Carlo Confalonieri. Pezzo grossissimo della Santa Sede, anche lui collaboratore dell’Osservatore della Domenica, nel 1978 - come decano del Sacro Collegio - celebra i funerali di Paolo VI e Giovanni Paolo I. «Era lo zio di mia madre, di Seveso, già segretario di Pio XI. Ricordo il suo rigore ambrosiano, l’idea del servizio alla Chiesa: oneri e non onori» (Vecchi) • «Partiamo dall’inizio. Famiglia numerosa, la sua. “Eravamo cinque fratelli e ognuno diverso dall’altro. Abbiamo una sola sorella, una tenerissima vice-mamma essendo la seconda, il luogotenente del ‘generale’…”. Sua madre? “E certo! Per forza! Fumagalli, brianzola, aveva l’arte del comando. Con facilità, penso, riusciva a gestirci”. Siete ancora uniti, oggi? “Abbiamo rapporti molto profondi anche se non continui, del resto il senso dell’essere fratelli non sta solo nella frequentazione. Non siamo mai riusciti a litigare davvero, nemmeno quando c’è stata la divisione delle cose del ‘generale’, quando è morta. Del resto aveva dato sagge istruzioni nel testamento”. Quali? “‘Ricordatevi che quando ci siamo sposati non avevamo niente: tutto questo è il frutto del lavoro di vostro padre e dell’aiuto di vostra madre’. Post Scriptum: ‘Vedetevi solo tra fratelli, senza mariti e mogli varie’”» (Bombino) • Studi classici al liceo Virgilio. Una scuola tra i corridoi della quale, in quegli anni, si possono incontrare il futuro cantautore Francesco De Gregori, il futuro rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, il futuro presidente del Parlamento europeo David Sassoli («il compagno di scuola che tutti avremmo desiderato»). Sono anni di fermento. Matteo inizia la quarta ginnasio il 1° ottobre 1968. «All’epoca, come per i gruppi extraparlamentari, l’adesione, il coinvolgimento in una comunità erano cose fortissime. Era un momento di ricerca, dovevamo cambiare il mondo, l’essere giovane aveva un senso e una responsabilità precisi» (Bombino). La sua strada per cambiare il mondo, Matteo la trova in quinta ginnasio, quando conosce Andrea Riccardi, un ragazzo di cinque anni più grande, che ha fondato la comunità di Sant’Egidio. «Là ho incontrato un Vangelo vivo e imparato ciò che un cristiano deve fare: voler bene a Dio e al prossimo, e così a sé stessi». I ragazzi della comunità si ritrovano insieme a pregare e a leggere la Bibbia. Le Beatitudini, il Vangelo sine glossa. Ma non basta: la parola di Gesù vogliono metterla in pratica. Per Zuppi inizia così un lungo apprendistato tra i poveri e gli ultimi. I bambini delle baraccopoli romane. Le puttane. Gli anziani soli e non autosufficienti. Gli immigrati. I barboni. I malati terminali. Gli zingari. Gli handicappati. I drogati. I galeotti. I profughi in fuga dalle guerre. Infine, è alla Sapienza, facoltà di Lettere e Filosofia, che decide di farsi prete: «Mi laureai in storia del cristianesimo, con una tesi sul cardinale Schuster. Padre Turoldo mi aiutò a capirlo: a Milano accolse tanti partigiani e poi, giustamente, si scandalizzò della barbarie di piazzale Loreto, non perché fosse antifascista o fascista ma perché era un padre e un monaco» (Vecchi). «Perché è entrato in seminario solo dopo la laurea? “Mi dico sempre che ho fatto tre seminari, essendo un po’ zuccone. Il primo è stato in casa. Mamma e papà erano molto credenti, lui legato a un’esperienza di laicato impegnato. La sua tesi di laurea, per esempio, era sui primi scout, un movimento che, negli anni ’30, aveva un modo diverso di approcciarsi ai ragazzi, che combaciava perfettamente con la visione del “generale”: si lavora e non si perde tempo. A casa nostra a una cert’ora si diceva il rosario: e non è che noi bambini fossimo felici di smettere di giocare per recitarlo”. Secondo seminario? “La Comunità di Sant’Egidio, dove mi sono formato e ho conosciuto il Vangelo ereditato in casa, ma vivo, come la preghiera insieme ai miei coetanei, al liceo. Poi c’è stato il terzo seminario, in senso stretto”» (Bombino) • «Ricorda quando ha detto al “generale” che voleva farsi prete? “Che uno dei figli facesse il prete era motivo, da una parte, di felicità, dall’altra, di grande preoccupazione: non ero della tipologia tradizionale. Ricordo che alla mia prima messa, a 26 anni, vennero tutti i miei parenti a Santa Maria Maggiore. Ma io, dopo la messa e gli auguri per l’ordinazione, scappai e andai a Primavalle”. «Scappai»? “Sì, perché forse sarei dovuto stare più con loro, ma per una certa radicalità dell’epoca non concessi molto: avevo fretta di andare in periferia, a celebrare la “seconda prima messa” in una cappellina in uno scantinato”» (Bombino).
Stemma Il libro del Vangelo (su cui sta scritto Levate oculos vestros ad messem, Alzate i vostri occhi alla messe, Giovanni 4,34-35), il fiume Tevere (in ricordo di Roma, sua città natale), una Croce con l’A e l’Ω (Cristo come inizio e fine di tutte le cose, preso sull’arco trionfale della basilica di Santa Maria in Trastevere). Motto: Gaudium Domini fortitudo vestra.
Politica Considera destra e sinistra categorie superate. «Tutti dobbiamo difendere la nostra storia e la nostra tradizione. Mentre certe toponomastiche sono obsolete. Sono categorie vecchie ormai di cinquanta, sessant’anni, senza più riferimenti ideologici. Così anche nella Chiesa. La sfida è superare queste categorie e lavorare insieme. Fra le due parti ci sono spesso intolleranze ingiustificate mentre il punto è trovare risposte valide, sennò tutto sfocia in un ambiente elettrico».
Curiosità Una volta all’anno incontra i suoi compagni di liceo («Adesso sono tutti pensionati, alcuni fissati con i nipoti») • Mastica lo swahili • Per aver contribuito alla pace di Maputo, lui e Riccardi sono stati nominati cittadini onorari del Mozambico • Cittadino onorario di Veroli (Frosinone), da dove veniva la nonna paterna • Nominato presidente della Cei, ricevette in arcivescovado i giornalisti che volevano intervistarlo e offrì loro té e biscotti • Membro dell’Ufficio dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica («la Bce del Vaticano») • Non usa i social: «Non è il mio modo, ma so che hanno fatto una pagina Facebook dove mi prendono bonariamente per i fondelli». La pagina, da seimila seguaci, si chiama «Zuppi che fa cose» e fa il verso alla stampa, che da quando è diventato vescovo, nel 2012, lo esalta qualsiasi cosa faccia • Quando ha saputo che il Papa intendeva crearlo cardinale si trovava in pellegrinaggio a Lourdes • Ha scelto di non fare celebrazioni private, ogni giorno dice messa a San Petronio • Favorevole allo ius scholae • Quando andò alla Festa locale del Pd di San Lazzaro, il Giornale di Berlusconi titolò: «Pro-migranti e contro la destra: ora il vescovo va alla festa Pd» • Conosce Giorgia Meloni da quando lei era ministro della Gioventù con Berlusconi («La Chiesa non ha preclusioni di sorta e non abbiamo mai fatto nessuna analisi in merito. Per noi la volontà del popolo è sovrana») • Pur con parole felpate, si schierò contro il ddl Zan • Da giovane prete, a Trastevere, snobbava i segni tradizionali della pietà popolare. «Le considerarevo sopravvivenze del passato. E invece vi ho scoperto tanta profondità spirituale» • Nell’agosto 2022, a Ss. Trinità dei pellegrini, a Roma, ha celebrato una messa pre-conciliare. Uno dei pochi alti prelati ad averlo fatto dopo il motu proprio Traditiones custodes, con cui Francesco ha dato una stretta al rito antico • «Molti la definiscono un vescovo progressista: come immagina la chiesa italiana del futuro nel suo rapporto con temi proprio di questo genere? Saprà adattarsi ai cambiamenti della società? “Non esiste il vescovo progressista, di per sé deve esistere il vescovo del Vangelo. Che la Chiesa debba cambiare è evidente, però questo cambiamento non è diventare uguale al mondo, ma è farsi interrogare dai tanti segni dei tempi e trovare risposte adeguate”» (Beppe Facchini, Fanpage 21/6/2022) • Nel gennaio 2022 ha celebrato il funerale di Stato di David Sassoli, suo compagno di liceo. Quel giorno, le timeline di Twitter e i post sugli altri social, traboccavano di citazione della sua omelia. «Fedeli devoti e atei convinti, femministe e pie donne, lodavano le parole del porporato arcivescovo di Bologna scandite dal pulpito della basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, a Roma, davanti al feretro di un uomo per bene» (Matteo Matzuzzi, Foglio 29/1/2022).
Titoli di coda «In Mozambico come finì? “Finì che al tavolo ci siamo guardati negli occhi. I nemici sono diventati avversari politici, umani”» (Vecchi).