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 2022  ottobre 11 Martedì calendario

Biografia di Gaetano Miccichè

Gaetano Miccichè, nato a Palermo il 12 ottobre 1950 (72 anni). Banchiere. Dirigente d’azienda. Dirigente sportivo. Presidente (dal 2020) della divisione Imi Corporate e Investment Banking di Intesa Sanpaolo, nata nel 2020 dall’incorporazione di Banca Imi, di cui era stato amministratore delegato (dal 2007 al 2015) e presidente (dal 2016 al 2020), all’interno della divisione Corporate e Investment Banking di Intesa Sanpaolo, di cui era stato responsabile (dal 2007 al 2016). Presidente di Engineering Ingegneria Informatica (dal 2022) e vicepresidente di Prelios (dal 2020). Ex presidente della Lega Serie A e vicepresidente della Federazione italiana giuoco calcio (2018-2019). «Miccichè è uomo di crocevia e di confine. Si trova al crocevia fra le tre città chiave della storia italiana degli ultimi cinquant’anni: Palermo, Milano e Roma. E opera sul confine fra la dimensione industriale e la dimensione finanziaria, la doppia anima del nostro capitalismo» (Paolo Bricco) • «Appartiene a una delle maggiori famiglie di Palermo: il padre Gerlando […] fu nel 1946 e nel 1947 segretario particolare di Vittorio Emanuele Orlando a Roma, entrò poi nel Banco di Sicilia fino a diventarne vicedirettore generale, uno dei signori di una delle città più belle e complicate, insieme dentro la storia e fuori dalla storia del nostro Paese» (Bricco). «Gaetano è fratello di Gianfranco […] (presidente dell’Assemblea regionale siciliana) e di Guglielmo, ex vice presidente del Palermo calcio. Il quarto fratello è Gabriele e fa l’editore, e tutti hanno il nome che comincia con la stessa iniziale del padre» (Nino Sunseri). «“La nostra casa a Palermo era aperta. Mio padre Gerlando e mia madre Maria Teresa avevano l’abitudine di ospitare sempre tantissimi amici. Spesso si giocava a bridge. Le signore a canasta. Si ascoltava musica classica e lirica. Si parlava di tutto con persone molto interessanti. Venivano anche Elvira ed Enzo Sellerio, Leonardo Sciascia e Renato Guttuso, che a tavola voleva sempre una bottiglia di whiskey Johnnie Walker etichetta rossa. Alla fine del pranzo, dopo il caffè, Guttuso prendeva i tovaglioli, vi disegnava sopra delle colombe e poi li regalava alle signore. […] I nostri amici erano i nostri amici, non li frequentavamo per una ragione di interesse o di convenienza. Quell’ambiente mi ha insegnato a trattare con gentilezza e rispetto tutti: il rapporto viene prima di ogni cosa”. […] Miccichè è cresciuto nella violenta e sensuale Palermo: “Ero con mio padre a Milano quando, un giorno di fine settembre del 1979, la mafia assassinò il suo amico Cesare Terranova: rientrammo subito a Palermo”, “le donne di allora erano affascinanti nella loro bellezza naturale: nessun naso rifatto, nessun seno rifatto, i corpi nascosti nei vestiti”. Ci ha lavorato: “Alla Cassa di Risparmio delle Province Siciliane, da neoassunto dopo la laurea in Giurisprudenza, ho fatto tutto: cassa, fidi, mutui”. È arrivato, a poco più di trent’anni, nella Milano in cui nessuno è straniero: “Quando, nel 1983, venni qui per l’Mba alla Bocconi, era una città diversa da oggi: la domenica diventava deserta, pochi bar erano aperti per bere un cappuccino, c’era perfino più nebbia. Ogni volta che un banchiere, un avvocato o un imprenditore era ospite alle lezioni, mi scrivevo il suo numero di telefono sulla prima pagina della mia rubrica. È così che ho iniziato, a Milano, a costruire la mia agenda. Ed è allora che ho capito che, qualunque cosa mi fosse successa, quelle relazioni sarebbero state importanti”» (Bricco). «Il passato alla Sicilcassa fa parte di un altro mondo, lasciato nell’89 rinunciando alla pensione che di lì a poco (a quei tempi, bastavano 20 anni di contributi) avrebbe maturato. […] Aveva accettato di andare alla Rodriquez, società leader nella costruzione degli aliscafi. Passaggio cruciale per due ragioni: perché ha segnato l’addio alla banca per il mondo dell’industria e della finanza e perché ha creato l’occasione per incontrare Corrado Passera e Arnaldo Borghesi, […] brillanti “giovani” che lavoravano per l’ingegner De Benedetti (che attraverso Sabaudia aveva preso una partecipazione pre-quotazione nella Rodriquez). “Proprio la Rodriquez è stata a lungo, per certi aspetti, la mia spina nel fianco”, ricorda Miccichè, “perché la non felice acquisizione da parte del gruppo Cameli la fece trovare indebitata e indebolita; non fu una buona cosa per l’unica quotazione di una società siciliana”. Ma proprio quel passaggio portò il manager a specializzarsi nelle storie di turnaround: dalla Gerolimich (in cui fu prima direttore generale e poi liquidatore delegato, salvando i molti marchi industriali del gruppo) alla Santavaleria (anche in questo caso, con un piano di ristrutturazione del debito, salvando in larga misura gli interessi delle banche ma anche cedendo a terzi le principali società operative) […] all’ultima avventura industriale, l’Olcese, […] società tessile, di cui Miccichè è stato amministratore delegato dal ’97 all’inizio del 2002» (Vittoria Puledda). «Dunque, oltre dieci anni trascorsi nel capitalismo privato e nel capitalismo generato dalla crisi dell’economia pubblica di matrice Iri. “Negli anni Novanta – ricorda – […] andavo ogni due mesi da Enrico Cuccia. Mio padre lo aveva chiamato e poi mi aveva detto: ‘Vai a trovarlo, è nostro parente’. Cuccia e mio papà avevano in comune il nonno, Simone Cuccia, senatore del Regno d’Italia. I nostri colloqui ogni volta duravano un’ora e seguivano sempre lo stesso schema: io lo aspettavo nella sala del consiglio di via Filodrammatici, lui entrava, passava la prima parte dell’incontro a parlare degli zii e delle zie, dei cugini e degli amici di Palermo, chi c’era e chi da tempo se ne era andato, e poi discutevamo di industria ed economia. Era curioso e ironico. Qualche volta si univa Renato Pagliaro. Mi colpiva che Pagliaro fumasse in sua presenza”. Nel 2002 Miccichè entra nell’allora Intesa-Bci. Che ha la presidenza di Giovanni Bazoli, la leadership di Corrado Passera e nella prima linea manageriale, fra gli altri, Pier Francesco Saviotti, Francesco Micheli, Stefano Lucchini e Carlo Messina. Lui guida la divisione corporate. E, in una banca autodefinitasi “di sistema”, il suo ruolo – all’interno della gerarchia – diventa importante per molti casi che compongono […] la partitura economica nazionale alla stregua – al di là dei singoli esiti – di una politica industriale condotta dalla banca» (Bricco). «A Miccichè, che al ruolo di uomo di finanza ha sempre unito anche quello di uomo di industria, non pare vero snocciolare l’elenco delle principali aziende che con la banca ha aiutato a portare in Serie A o almeno ha salvato dalla retrocessione, “contribuendo in modo non ovvio a operazioni straordinarie”, che poi sarebbero fusioni, ristrutturazioni, aumenti di capitale vari. “Yomo, Piaggio, Prada, Esaote, Sigma Tau, NH Hotel, Fca, Ntv, Impregilo, Rcs…”, manco fosse la formazione dell’amato Milan degli olandesi di fine anni ’80. Altri casi, vedi l’Alitalia, giudicati sulla lunga distanza sono andati meno bene. Ma ricordarglielo significa impegnarsi in un estenuante dibattito» (Francesco Manacorda). «Non c’è storia di crisi aziendale, non c’è dossier di rilievo che non sia passato per la scrivania di Miccichè e per i finanziamenti di Intesa. “Ho sempre voluto lavorare per una grande istituzione, per fare qualcosa non solo nell’interesse del conto economico ma anche della società civile”, spiega il banchiere. Ignorando, volutamente, qualche polemica sulle scelte “politiche” in senso lato che il banchiere si trova a fare quando si pone da un’ottica non unicamente reddituale» (Puledda). «“Lavorando a questi casi ho puntato a realizzare un metodo fatto di ricerca e individuazione delle priorità, costruendo una eccellente squadra manageriale”, spiega Miccichè, che ha applicato a complesse questioni di industria e di finanza di impresa la sua capacità di lasciare che le cose si assestino in maniera naturale per poi orientarle secondo uno schema preciso. […] L’attitudine combinatoria – appunto fra il permettere alle situazioni di trovare un punto di equilibrio autonomo e il perimetrarle e il ricomporle secondo un disegno preciso – è una delle ragioni per cui il “sistema” lo ha scelto per una posizione difficile come la Lega Calcio. Il calcio rappresenta la metafora dell’Italia» (Bricco). «A volerlo è stato Giovanni Malagò “con cui ci conosciamo da tanti anni, lo stimo molto”. Telefonata malaghesca […] dalle Olimpiadi in Corea, preannuncio di “un’idea pazza” e di un imminente incontro. Ed eccola, l’idea, figlia anche della riforma dello statuto della Lega, che in qualche misura democratizza l’organizzazione della Serie A. Nel mondo finanziario, quello di Miccichè, si parlerebbe di riforma della governance, e anche per questo – spiega lui – ha accettato. “Tre sole condizioni ho posto per la mia nomina: avere il via libera di Carlo Messina (l’ad di Intesa-Sanpaolo, ndr), ricevere un consenso unanime sulla mia candidatura e individuare un amministratore delegato all’altezza della situazione”. Condizioni soddisfatte, pare» (Manacorda). «La missione Lega ha un avvio promettente: “Il giorno in cui mi elessero all’unanimità, Malagò alle 7 di sera mi chiamò per invitarmi a raggiungere i presidenti che mi aspettavano”. Durante il mandato Miccichè si ritrova a gestire il caso Mediapro e favorisce l’ingresso di Dazn fra i broadcaster che trasmettono il campionato: la vendita dei diritti tv 2018-2021 si attesta sui 973 milioni di euro. Dirige con autorevolezza le assemblee, tanto che le delibere vengono tutte approvate all’unanimità, finché le dichiarazioni di Enrico Preziosi al sito Business Insider mettono in dubbio la correttezza della procedura di elezione avvenuta nel marzo del 2018, e che, secondo statuto, sarebbe dovuta avvenire a scrutinio segreto, e invece fu per acclamazione. “Rimasi stupito, perché Preziosi di persona mai aveva pronunciato una sola parola di insoddisfazione nei miei confronti”. È l’inizio della fine. La Procura della Repubblica acquisisce le schede riposte in cassaforte dal giudice Mastrandrea, e anche la Procura federale apre un’inchiesta. “Gravina mi disse che per legittimare il mio incarico i club avrebbero dovuto, a distanza di oltre un anno e mezzo, ripetere la votazione. Lo considerai inaccettabile: peraltro sulle schede 19 voti erano per Miccichè e sulla restante c’era la scritta ‘Va bene’ accanto al mio nome cancellato”» (Monica Colombo e Daniele Dallera). Nel novembre 2019 Miccichè rassegnò quindi le proprie dimissioni dall’incarico. «“Se ripenso a quel periodo della Lega Serie A, il mio sentimento è ambivalente. Umanamente è stata una fase splendida della mia vita professionale: ho avuto l’opportunità di conoscere gruppi di lavoro, rappresentanti venti realtà territoriali differenti, ciascuna con la propria storia sportiva. Ho cercato di fornire il mio contributo in maniera onesta, partendo dalla consapevolezza maturata in cinquant’anni di carriera: nelle aziende ci sono comportamenti standard da seguire, avere bilanci in ordine, una governance chiara, deleghe definite”. Elementi che non sembrano essere i tratti caratteristici di un club di A. “Ecco perché devo confessare che, oltre all’entusiasmo, l’esperienza mi ha procurato grande fatica. È un ambiente che manca totalmente di regole”. […] “Uscivo da ogni assemblea con un mal di testa violento: non era facile dirigere le riunioni tra presidenti che urlavano, altri che pensavano ai fatti propri e altri ancora che si scambiavano insulti. Però, se un sistema non funziona, chi lo rappresenta maggiormente, e penso ai grandi club, ha più responsabilità degli altri”» (Colombo e Dallera). Significative furono anche, nel luglio 2021, le sue dimissioni «per scelta personale» dal consiglio d’amministrazione del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera (Rcs). «Perché sono così rilevanti le dimissioni di Miccichè? Perché segnalano, per la prima volta pubblicamente, i rapporti ormai inesistenti tra Banca Intesa e Cairo, che pure è padrone di Rcs solo perché l’ultima “banca di sistema” finanziò la sua scalata nel 2016, accettando pure di incassare con grande calma i molti debiti della società. Miccichè fu al centro di quell’operazione, i cui risultati, a livello di conti, non sono malvagi. […] L’azzardo di Cairo è stato la causa a Blackstone. […] E qui torniamo a Miccichè, da vent’anni manager di Intesa e da un quindicennio a capo di Banca Imi, la boutique degli investimenti del gruppo. Un particolare non secondario, perché fu proprio Imi, in vertiginoso conflitto di interessi con l’allora ruolo di Intesa in Rcs (creditore e azionista), a fare da advisor alla vendita di via Solferino a Blackstone: in sostanza, Miccichè tenne il sacco – secondo la tesi di Cairo – ai rapinatori della sua società. Con perfidia, il banchiere lascia il cda dopo che l’arbitrato ha sancito la bontà dell’affare immobiliare e prima che si discuta della causa per danni» (Marco Palombi) • Nominato Cavaliere dell’Ordine al merito del lavoro dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 31 maggio 2013 • Divorziato, tre figli. Sentimentalmente legato a Giacaranda «Jacaranda» Falck Caracciolo Borghese, nata dalla relazione extraconiugale tra il principe editore Carlo Caracciolo (che la riconobbe, nominandola erede universale) e Anna Cataldi, all’epoca sposata con l’imprenditore Giorgio Falck e in seguito risposatasi con l’imprenditore ed editore Urbano Cairo • «Roma, come città, non l’ho mai amata particolarmente: è disordinata e le cose si fanno con poca puntualità. A Roma ho lavorato soltanto un anno più di vent’anni fa in Iritecna, ma vivevo in albergo. Roma però non è sovrapponibile ai romani. Ho molti amici fra loro, più antichi e più recenti. E, molti, li frequento anche a Capalbio, nella casa della mia compagna Jacaranda» • «Del siciliano a Milano conserva la cadenza inconfondibile, la costruzione formale e qualche volta un po’ barocca della frase, le maniere galanti e ricercate della buona borghesia palermitana» (Puledda) • Suole portare il fazzoletto nel taschino della giacca. «All’inizio, quando andavo nei consigli di amministrazione lo toglievo perché mi sembrava una sciccheria poco apprezzata, poi ho deciso di tenerlo sempre» • «Lo sport è una componente fondamentale della vita». «Da giovane sono stato un buon mediano». «Milanista convinto (“Mio padre aveva rapporti di lavoro con Angelo Moratti e aveva fatto giurare a noi quattro figli maschi che nella vita non avremmo mai tifato Inter”), lettore onnivoro e appassionato, grande cultore delle Harley-Davidson» (Puledda). «Tifoso del Milan, ma ancora di più del Palermo (difficile non trovarlo a San Siro quando giocavano i rosanero), ha dato uno sguardo alla società nel momento in cui sembrava che Zamparini dovesse passare la mano. […] Buon giocatore di tennis e appassionato di nuoto» (Sunseri) • Grande passione per l’ippica, «“cominciata quando ero ragazzo, ai tempi dell’università. E non mi è più passata”. […] Ancor prima di iniziare la sua carriera Miccichè aveva cominciato a frequentare l’ippodromo della Favorita di Palermo, la sua città, rimanendo contagiato da quella passione unica e profonda rappresentata dalle corse dei cavalli. “Era la fine degli anni ’60 e a causa del terremoto erano state sospese le lezioni. Così un amico ci ha portati all’ippodromo per vedere le corse. Da allora non ho mai smesso di appassionarmi”. Da fan a proprietario, il passo è stato quasi obbligato. “Abbiamo iniziato con un cavallo, che abbiamo acquistato a Roma per portarlo in Sicilia. I soldi erano pochi e non era un campione, ma quello è stato il primo passo, e da allora, con un periodo di pausa intorno agli anni ’80, sono sempre rimasto nel mondo del trotto”. […] “Le corse sono una delle mie passioni e le seguo costantemente, come va fatto. Le guardo in televisione, sono abbonato a Trotto & Turf, il giornale del settore, parlo di cavalli con mio fratello Guglielmo, che è anche mio socio nella scuderia Pink & Black, i colori del Palermo, del quale Guglielmo è stato vicepresidente e ad. Mi sento regolarmente con Enrico e Alessandro Gocciadoro, che allenano i nostri cavalli a Noceto, nell’appennino parmense. Insomma, sono un proprietario che segue costantemente i suoi cavalli”. […] “Quando hai la passione per i cavalli è entusiasmante viverla fino in fondo”, continua Miccichè. “Non si tratta solo di vedere la propria giubba in pista, ma di partecipare a tutto quello che sta intorno alle corse. È bello viverle all’ippodromo, partecipare ai riti che le precedono. E quando il tuo cavallo vince è una grande, grandissima soddisfazione. Che diventa enorme quando hai la fortuna di vincere una corsa importante”. Vitruvio, il numero uno della Pink & Black, è un campione, uno dei migliori trottatori del mondo. Lo ha dimostrato vincendo i gruppi 1 (il massimo livello di corsa) anche all’estero. […] “Vitruvio è un gran cavallo che abbiamo l’onore di avere nel nostro team”» (Marco Trentini) • «Abile tessitore di relazioni, ha un ruolo centrale nel catalizzare investimenti stranieri a livello di “sistema”» (Camilla Conti) • «Gentilezza e rispetto delle persone e delle gerarchie […] gli consentono di rimanere sempre un metro avanti e un metro indietro rispetto all’apparenza del potere, secondo un’arte appunto molto borghese e molto siciliana. Questo strano amalgama di cortesia e di caparbietà, di consistenza e di plasticità è la caratteristica principale di Gaetano Miccichè» (Bricco).