24 ottobre 2022
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Biografia di Marco Damilano
Marco Damilano, nato a Roma il 25 ottobre 1968 (54 anni). Giornalista, saggista e opinionista. Direttore de l’Espresso dal 2017 al 2022. Oggi conduce Il cavallo e la torre, una striscia quotidiana di informazione in onda su Rai 3.
Titoli di testa «Romano, romanista, romanesco» [Luigi Mascheroni, il Giornale].
Vita Nato alla Balduina, di famiglia morotea, figlio di una insegnante e di un giornalista Rai • «Svezzato a congressi e campagne elettorali ,dove i campioni erano Berlinguer e De Mita, cresciuto a pane, Pci, mortadella e Ulivo; una vita per il centrosinistra, dove il centro è sempre troppo a destra e la sinistra troppo poco a sinistra, chierichetto di quel cattolicesimo democratico che ebbe il proprio Papa in Pietro Scoppola, modi preteschi e tratto ecumenico, confondendo la predica con lo spiegone, Damilano a Roma, andata senza mai fare ritorno, resta da comunista bianco l’alfiere più sincero della sinistra-sinistra di Propaganda e di intelletto, pronto a ogni sacrificio per il Partito» [Mascheroni, cit.] • Scuole private, liceo classico alla Scuola Pontificia Pio IX, legge la Repubblica da quando aveva 13 anni: «e poi gli è rimasto sempre il debole per la mazzetta, compagno di banco del futuro politologo Giovanni Orsina, associazione giovani cattolici della Rosa Bianca» [Mascheroni, cit.] • Da piccolo il padre Andrea lo porta nella chiesa di San Francesco al Trionfale per fargli vedere Aldo Moro che pregava [Pistelli, ItaOg]: «Non l’ho mai dimenticato, quell’uomo inginocchiato, in solitudine. La sua preghiera, il riconoscimento quotidiano del limite, della finitezza, delle fragilità di un uomo che tutti ritenevano onnipotente, mi è sempre sembrato non un atto di sottomissione, ma il gesto più eversivo che si possa immaginare, il tentativo di ritrovare nella debolezza dell’uomo le ragioni della forza, eliminare “lo spettacolo di una grandezza apparente” e abbracciare il segreto di una vita» [Damilano, Un atomo di verità, Feltrinelli] • Quattordicenne, il padre lo inizia ai riti dei congressi Dc e diciassettenne segue in stato di trance l’elevazione di Cossiga al Colle [Mascheroni, cit.] • «Laurea in Storia contemporanea a Scienze politiche della Sapienza (con tesi su televisione e politica, e a qualcosa gli sarà servita...), voto, ex voto e il mito di Giampaolo Pansa (il primo Giampaolo Pansa...), debutto nel sacro mondo dell’informazione anno Domini 1995 al settimanale dell’Azione cattolica Segno 7, poi Diario e dal 2001 all’Espresso» [ibid.] • «Di querele in vita mia ne ho ricevute... abbastanza. A dire il vero soprattutto nei primi anni di lavoro e quasi sempre da politici. Alcune sono state persino divertenti. Come quando scrissi che Ferdinando Adornato, che al tempo era l’intellettuale del Centrodestra, si era laureato con un certo ritardo e lui mi querelò perché sosteneva che nella costruzione della frase io avessi posticipato il giorno della sua laurea» [a Matteo Grandi, RollingStone] • All’Espresso «fui assunto il primo marzo 2001. Entrai con emozione nella mia stanza, nella vecchia sede di via Po, la palazzina liberty affacciata su villa Borghese, con il parquet ai pavimenti, nelle stanze si fumava e si rideva, c’erano Guido Quaranta, Edmondo Berselli e il mio adorato Giampaolo Pansa. Il direttore era Giulio Anselmi, dopo Claudio Rinaldi. Uno squadrone, la redazione più forte d’Italia, in un Paese dominato da Silvio Berlusconi che di noi aveva paura. Per arrivare alla mia stanza, ogni mattina, percorrevo un lungo corridoio al secondo piano dove quasi sempre incontravo una figura alta e magra, Carlo Caracciolo, il principe-editore. A volte lo incrociavo che si faceva il caffè nella piccola cucina di servizio, altre volte con il cane. Era lì con noi, in mezzo ai giornalisti e al giornale che aveva fondato e che amava più di ogni altra cosa. L’Espresso» [Damilano] • Ricorda il suo primo pezzo su L’Espresso? «Era un ritratto di don Pierino Gelmini. Il primo servizio di copertina: Berlusconi, dipinto come Crudelia Demon. Io raccontavo che i 101 avrebbero fatto strada se avesse vinto le elezioni come fece. A quella inchiesta collaborò Marco Travaglio che scriveva su Repubblica a Torino. La settimana dopo andò in tv da Daniele Luttazzi e cominciò tutta la sarabanda» [Pistelli, cit.] • Sarabanda che si concluse nel 2013 a Omnibus con Berlusconi che dà una cartellata in testa a Damilano: «Dopo circa un’ora dall’inizio della puntata si giunge a parlare del caso Tarantini e della magistratura, che si sarebbe dovuta riformare se non fosse stato per “Casini, Follini, Fini”. Damilano interviene: “Lei non è riuscito a fare nulla, figuriamoci la riforma della giustizia”. Ed ecco che il Cavaliera bacchetta il giornalista con il suo cartello delle riforme attuate» [Fanpage] • A lui il compito nel 2007 di scrivere la biografia ufficiale di Walter Veltroni che intitola Il piccolo principe. «Pacato, educato, studiato, non ambizioso, né competitivo, capace di slanci di affetto, dicono gli amici, epperò - la tavolata è quella ideologica, sino al fideismo. Amatriciana, abbacchio alla scottadito e carciofi alla Giudìa» [Mascheroni] • Nominato direttore il 25 ottobre del 2017. Giorno del suo compleanno e del decimo anniversario della morte di Pietro Scoppola. «Scoppola lo conobbi a Scienze politiche facendo Storia. Aveva da poco lasciato il Senato […] Io cominciai a frequentarlo anche alla scuola di formazione politica messa su da don Luigi Di Liegro, direttore della Caritas romana. Finiva la lezione e poi prendeva il tram per andare a insegnare in un istituto laddove oggi c’è la Luiss» [Pistelli, cit.] • Il 4 marzo 2022, contrario alla cessione dell’Espresso a Danilo Iervolino, si dimette: «Questa mattina ho scritto una mail all’ingegnere John Elkann, presidente del gruppo Gedi, per comunicare la mia decisione di lasciare la direzione dell’Espresso, dopo quattro anni e mezzo. Sento in questo momento di dover dare qualche spiegazione ai lettori, che per un giornalista sono i veri padroni. Per un debito di gratitudine nei vostri confronti, per senso di responsabilità, per un dovere di verità. Lascio la direzione del settimanale dopo quasi quattro anni e mezzo di direzione e esattamente dopo ventidue anni di servizio prestato nella testata più importante del giornalismo italiano, un mito per chi fa il nostro mestiere» [Damilano] • Quando è entrato a L’Espresso, il settimanale vendeva 200mila copie cartacee, quando s’è dimesso era sotto le 90mila. «Mah... Forse quelle copertine con l’uomo incinto e i pipponi sulla “diversità come ricchezza” non erano una grande idea... E comunque ormai era tempo di dimissioni, in polemica con la proprietà per via della vendita del settimanale a Danilo Iervolino. Passare dagli Agnelli al patron della Salernitana era troppo anche per uno come lui che crede nell’uguaglianza sociale» [Mascheroni, cit.] • «Marco Damilano vive per la politica, il giornalismo e la televisione, in ordine inverso di preferenza. La terza è un divertissement ex cathedra, il secondo un mandato apostolico, la prima una passione inestinguibile» [Mascheroni, cit.] • È stato ospite fisso di Gazebo e suoi gli spiegoni di Propaganda Live, «quindi tutti i La7 peccati capitali: Omnibus, Tagadà, Dimartedì, In Onda, Piazzapulita, Otto e mezzo, le Maratona Mentana, fiato corto e lingua felpata... Marco Damilano per non farsi sfuggire neppure uno spazio ha iniziato a scrivere su Domani» [ibid.] • Passato in Rai conduce Il cavallo e la torre. Aldo Grasso: «Il problema principale di Marco Damilano è che dovrebbe togliersi quell’espressione da “sincero democratico”; lo penalizza, ne fa un eroe da ceto medio riflessivo. La nuova trasmissione su Rai3, Il cavallo e la torre, lo chiama a un’altra missione: ora è un personaggio coinvolto dal destino in una recitazione ardua e sottile che deve sedurre l’intenditore e insieme irretire la più vasta platea» [CdS] • Viene pagato «1.000 euro a puntata per dieci minuti di radicalchicchismo tartinato» [Vattino, Affaritaliani] • Il 19 settembre invita Bernard Henry-Lévy. Il filosofo francese esprime giudizi assai taglienti sul centrodestra italiano e sui pericoli che a suo avviso rappresenta per il nostro Paese e per l’Europa che si possono riassumere in questa frase: «Non bisogna rispettare l’elettorato, quando gli elettori portano al potere Mussolini, Hitler o Putin la loro scelta non va rispettata». Lui si dissocia ma scoppiano le polemiche: «Il presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Alberto Barachini, senatore di Forza Italia, parla di “un grave attacco contro la democrazia italiana”. Il Carroccio, con Matteo Salvini, lancia la proposta di togliere il canone e chiede le dimissioni dell’amministratore delegato Carlo Fuortes. Lamentele arrivate anche da Usigrai, in particolare contro Damilano: “Il conduttore scelto all’esterno dell’azienda nonostante si potesse contare su quasi 2000 profili interni”» [Fatto]. L’Agcom lo sanziona: «Damilano ha violato i principi di correttezza e imparzialità sanciti dalle disposizioni in materia di par condicio» e lo costringe a pubbliche scuse: «Non è stato assicurato il rispetto dei principi di pluralismo, obiettività, completezza, correttezza, lealtà, imparzialità dell’informazione nel corso del programma andato in onda su Rai 3 il 19 settembre 2022. Questo l’Agcom, con delibera numero 33522, ordina di comunicare. Fatto, andiamo avanti!» • «Se c’è una firma che ci sentiremmo di definire naturalmente pluralista, imbottigliata all’origine (direbbe Sergio Saviane), quella è proprio Damilano. Appena apre bocca e affronta la parola del giorno, uno darebbe per scontato di ascoltare Marco Daroma. Cadenza, rotacismi, raddoppiamenti fonosintattici non lasciano dubbi. Invece, colpo di scena: ti parla Marco Damilano, ma con pura inflessione romanesca» [Delbecchi, Fatto] • «Il benvenuto di Marco Damilano alla leader di Fratelli d’Italia, arrivata a Palazzo Chigi dopo la vittoria alle elezioni del 25 settembre, è un ritratto che parte dal “femminismo di destra” documentato in un vecchio servizio Rai realizzato da Giampiero Mughini fino al famoso discorso a Vox e alla vittoria alle elezioni. Ma il culmine della puntata di venerdì 21 ottobre de Il cavallo e la torre sono alcune immagini tratte da una intervista del 1997, quando Meloni aveva solo 20 anni. L’attuale premier era intervistata dal programma Rai Regione Italia e al collo aveva una medaglietta su cui si concentra l’attenzione del conduttore. “La croce celtica spunta al collo della giovane promessa della politica alla prima apparizione in televisione”, quando Meloni militava in Azione studentesca» [Il Tempo] • Tra i suoi libri si ricordano: Il partito di Dio: la nuova galassia dei cattolici italiani (2006), Democristiani immaginari: tutto quello che c’è da sapere sulla Balena bianca (2006), Lost in PD (2009), Eutanasia di un potere: storia politica d’Italia da tangentopoli alla seconda Repubblica (2012), Chi ha sbagliato più forte. Le vittorie, le cadute, i duelli dall’Ulivo al PD (2013), La Repubblica del Selfie. Dalla meglio gioventù a Matteo Renzi (2015), Processo al nuovo (2017), Un atomo di verità (2018) e Il Presidente (2021). Nel 2015 ha curato l’intervista a Romani Prodi Missione incompiuta.
Curiosità Il sito true-news.it ci fa sapere che pesa 80 chili per 177 centimetri d’altezza • A metà degli anni Novanta, firma a quattro mani soggetto e sceneggiatura di Piovono mucche • Su Twitter ha 60mila follower ma segue solo 8 account: «Makkox-Marco Dambrosio, il megadirettore de La7 Andrea Salerno, Diego Bianchi, il New York Times, la Casa Bianca, Michelle e Barack Obama... e #sticazzi, no?» [Mascheroni, cit.] • Damilano che non ha la patente va a piedi. O in taxi • Gioca a calcetto: «In campo è come in tv: la tecnica è quella che è, ma basta picchiare l’avversario sulle caviglie» [ibid.]
Amori «Non sposato, niente figli, variamente fidanzato» [Mascheroni, cit.]
Titoli di coda «Non sono contro Berlusconi ma contro il Berlusconismo».