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 2022  ottobre 28 Venerdì calendario

Biografia di Ėlvira Nabiullina (Ėlvira Sahipzadovna Nabiullina)

Ėlvira Nabiullina (Ėlvira Sahipzadovna Nabiullina), nata a Ufa (Baschiria, Russia) il 29 ottobre 1963 (59 anni). Economista. Governatore della Banca di Russia (dal 24 giugno 2013). Già ministro dello Sviluppo economico (2007-2012). «L’enigma più difficile da risolvere tra i tanti che aleggiano intorno al Cremlino» (Marco Imarisio) • «È nata il 29 ottobre del 1963 a Ufa, capitale della remota Repubblica di Baschiria, a ovest degli Urali, una regione coperta di maestose foreste e solcata da 13.000 fiumi, poco più vasta del Nord Italia, ma con soli 4 milioni di abitanti. I suoi genitori, operai, sono tartari, cioè membri di quell’antico popolo di stirpe guerriera che forniva le feroci cavallerie all’esercito di Timur Barlas, alias Tamerlano. Papà Sahipzada Nabiullin faceva l’autista dei taxi di Stato; mamma Zuleikha era invece impiegata in una fabbrica. Ha anche un fratello più giovane, Irek, manager di Angstrem, un’azienda di Mosca che produce componenti elettroniche e semiconduttori. Poiché i genitori lavoravano, i due ragazzini crebbero con la nonna materna, una signora amante della musica classica e delle buone letture, che trasmise loro lo sconfinato amore per lo studio. Fin dalle elementari, Elvira era una secchiona. […] Infatti si diplomò col massimo dei voti e la medaglia d’oro d’eccellenza sovietica, concessa ogni anno a una decina dei migliori studenti. Questo le fruttò una borsa di studio per l’Università di Mosca, facoltà di Economia di Stato. […] Tra un esame e l’altro, sempre superato di slancio, Elvira trovò però il tempo di coltivare un feeling intellettuale con uno dei suoi professori, il famoso economista Jaroslav Kuzminov, che poi si trasformò in amore e quindi in matrimonio. Nel 1988, la coppia ha avuto un figlio, Vasilij, analista finanziario presso la Scuola superiore di economia» (Gino Gullace Raugei). «È stata una brillante allieva dell’Università di Mosca, dove seguì i corsi di Storia del pensiero economico sovietico attraverso i testi di Lenin e Marx. Molti suoi compagni dell’epoca la ricordano come devota all’ideale comunista. Nel 1985, l’anno in cui salì al potere Michail Gorbačëv, si iscrisse al Pcus, condizione indispensabile per fare carriera. Nel 1991, quando la sorte dell’Urss era ormai segnata, restituì la tessera facendola passare sotto la porta dell’ufficio del partito nell’ateneo» (Imarisio). «Dopo la laurea, Elvira Nabiullina cominciò subito una brillante e inarrestabile carriera. Per prima cosa fu dirigente dell’Unione per la scienza e l’industria dell’Urss, che poi, nel 1991, diventò l’Unione russa degli industriali e degli imprenditori, una sorta di equivalente della nostra Confindustria» (Gullace Raugei). Nel frattempo «ha collaborato alla Scuola superiore di economia, fondata nel 1992 dal marito Jaroslav Kuzminov, che era considerata la culla del liberismo russo. […] Dal 1991 al 1998 lavora a fianco dei più importanti economisti russi, tra i quali Anatolij Čubajs, padre del piano di privatizzazioni che faranno nascere gli oligarchi» (Imarisio). Impiegata a partire dal 1994 presso il ministero dello Sviluppo economico e del Commercio, ne scalò la gerarchia fino a diventare viceministro nel 1997, per poi abbandonare l’esecutivo un anno dopo e assumere l’incarico di amministratore delegato della banca di Stato Sberbank: qui iniziò a collaborare col Centro per lo sviluppo strategico di Herman Gref, che nel 2000 sarebbe diventato ministro dello Sviluppo economico e del Commercio. «Creatura eltsiniana, presto finita nel cuore di Putin, Gref è un economista liberale che tanto ha insegnato in economia a un volenteroso autodidatta come Putin. Gli incontri ripetuti con lo squadra di Gref, diventato il guru del Cremlino in materia, hanno formato molte opinioni del presidente, che ha subito intuito le potenzialità di quella assistente discreta e apparentemente timida che spiegava le cose con grande semplicità e difendeva le sue opinioni con ostinata tenacia. Per questo, nel 2007 l’ha voluta al ministero dello Sviluppo economico nel governo che ha diretto personalmente prima di tornare per la terza volta al Cremlino. […] A porte chiuse, Nabiullina ha criticato più volte perfino l’operato del capo. In qualche caso è riuscita a cambiare la linea. In molti altri no. In pubblico però non ha mai tradito anche una sola smorfia di dissenso. E si è rivelata particolarmente utile per liquidare ministri diventati scomodi e non più utili, come quello del Lavoro e quello dell’Istruzione, messi alla porta da Putin dopo una riunione del Consiglio dei ministri in cui la futura governatrice ha giocato il ruolo dell’accusatrice snocciolando presunti errori, incompetenze e irregolarità dei suoi colleghi. Da ministro e poi da consigliera economica del presidente, avviene anche una piccola mutazione estetica. Famosa e molto presa in giro per il suo look grigio e senza troppa personalità, Nabiullina comincia a investire anche sulla sua immagine. Compaiono tailleur firmati, foulard colorati, montature degli occhiali meno “sovietiche”» (Nicola Lombardozzi). «Dopo la crisi finanziaria mondiale del 2008, Vladimir ringraziò pubblicamente Elvira, indicandola come la salvatrice della Russia» (Gullace Raugei). Lo stesso Putin, riconquistata nel 2012 la presidenza, dapprima nominò la Nabiullina suo consigliere personale per gli affari economici, e poi, l’anno successivo, al momento di nominare il nuovo governatore della Banca di Russia, «disse di avere in serbo “una sorpresa”. Dopo nove anni, se ne andava Sergej Ignatev. Il favorito a una successione naturale era il suo vice, Aleksej Uljukaev, fervente sostenitore della politica rigorista. Il 12 marzo di quell’anno Putin invece nominò lei, che non si era neppure candidata a ricoprire quel ruolo. La scelta fu vissuta dai dirigenti della Banca centrale come una pesante intromissione della politica» (Imarisio). «Quando fu nominata a capo della banca centrale russa nel 2013, Elvira Nabiullina entrò subito nella storia: prima donna a occupare la poltrona di governatrice tra le otto nazioni economicamente più forti (quando ancora c’era il G8). Da allora non ha fatto altro che schivare colpi: le sanzioni occidentali seguite nel 2014 all’annessione della Crimea e all’inizio del conflitto nel Donbass, la svalutazione del rublo, il crollo del prezzo del petrolio» (Rosalba Castelletti). «Elvira Nabiullina rastrella dollari, euro, sterline, oro. Gli economisti la chiamerebbero strategia mercantilista: vendere materie prime e accumulare denaro e ricchezze nei forzieri del principe; lo faceva anche Jean-Baptiste Colbert. Il potente ministro del re Sole utilizzava il tesoro non solo per finanziare le guerre, ma per creare imprese manifatturiere: la banca centrale russa lo ha chiuso nel caveau per spenderlo a tempo e a luogo» (Stefano Cingolani). «Dal 2014, con le sanzioni seguite all’annessione della Crimea, Nabiullina ha lavorato strenuamente a costruire quella che è stata definita la “Fortezza Russia”, con provvedimenti volti a consentire il proseguimento della normale attività anche di fronte a un ulteriore isolamento dal resto del mondo. Intanto il Fondo di sicurezza nazionale, riserve e altro, che ha superato abbondantemente i seicento miliardi di dollari. Poi contatti con altri Paesi e banche per far fronte a un eventuale sganciamento dal dollaro. Infine un sistema di pagamenti interni basato sulla carta di credito Mir. Nel frattempo Nabiullina, specializzatasi negli Stati Uniti, continuava a lavorare per rendere l’economia russa sempre più trasparente e attraente per investitori internazionali. […] Il suo lavoro aveva portato alla stabilizzazione dell’economia russa, al controllo dell’inflazione e a una crescita accettabile del prodotto interno» (Fabrizio Dragosei). «Tra il 2014 e il 2015, fa chiudere 276 istituti “zombie”, sospettati di riciclaggio, dando stabilità al sistema bancario, e si oppone più volte alla richiesta del Cremlino di un rialzo dei tassi» (Imarisio). «Nel 2015 il mensile di lingua inglese Euromoney l’ha nominato banchiera centrale dell’anno, lo stesso riconoscimento che le ha attribuito la rivista britannica The Banker nel 2017. […] Perfino Forbes ha celebrato Nabiullina, […] inserendola, nel maggio 2014, tra le donne più potenti del mondo per aver gestito il cambio del rublo durante la prima crisi ucraina, culminata nell’annessione russa della Crimea» (Giuliana Ferraino). «Il governo economico in Russia è sempre stato “tecnico”, nel senso che le politiche vengono decise dal presidente, che però finora si è piegato alle necessità dell’economia. Infatti […] il blocco economico dell’esecutivo è rimasto l’ultima roccaforte dei “liberali sistemici”, che hanno continuato a comportarsi come se stessero amministrando l’economia di un Paese occidentale. I tecnici economici del governo e Nabiullina non si sono piegati a pressioni populiste, cercando di parare per quanto possibile le ripercussioni della politica sulla disastrata moneta russa, e stringendo i cordoni della borsa, fin troppo secondo alcuni critici, perfino quando si sarebbe potuto utilizzare i fondi cospicui accumulati nel Fondo sovrano per finanziare il lockdown. Una scelta che si potrebbe etichettare come appartenente a una scuola “liberista”, alla quale Nabiullina senz’altro appartiene, se non fosse che, invece di perseguire una finalità di libero scambio in un mondo irenico, alla fine questa scelta è stata utilizzata in nome di un ritorno imperiale» (Giorgio Arfaras). «Appena prima della guerra la governatrice pareva trionfante: il suo rigore aveva portato l’inflazione sotto il 4% e aveva vinto la sua linea dura contro le criptovalute. Andava tutto bene. Nel frattempo Putin, forte dei successi di Nabiullina, preparava il suo attacco all’Ucraina. Europa e Stati Uniti, in reazione all’invasione inaspettata e feroce, hanno tentato di colpire al cuore la fortezza russa, comminando anche sanzioni, per la prima volta nella storia, a una banca centrale del G20. Le riserve internazionali sono state congelate, inibendo così gran parte della capacità di Nabiullina di sostenere il rublo, mentre i russi si sono messi in fila ai bancomat nel tentativo di ritirare contanti dopo lo stop ai prelievi in valuta estera. […] Durante un vertice di emergenza dopo l’annuncio delle sanzioni contro la Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina, unica donna in un grande tavolo di uomini che pendevano dalle labbra di Putin, appariva terrea, lo sguardo cupo e basso, una maschera di scontento, le mani a tormentarsi il viso. Quello stesso giorno, il 28 febbraio scorso, vestita di nero e senza spille, Nabiullina, in conferenza stampa, ha comunicato il suo verdetto: “La banca centrale russa ha deciso oggi di alzare il tasso chiave al 20% annuo”. Era al 9,5%. Gli analisti, dal livore facciale e dalla scelta cromatica, hanno colto inequivocabili segnali di disapprovazione per lo slancio bellico. Pare che per ben due volte […] abbia presentato le sue dimissioni e che Putin abbia risposto rinnovandole l’incarico, in scadenza a giugno, per altri cinque anni» (Claudia De Lillo). Nei primi giorni del conflitto, comunque, «la banchiera ha parlato pochissimo e si è guardata bene dall’esprimere giudizi. Le uniche sue parole rese pubbliche sono quelle contenute nell’appello ai dipendenti della banca che ha registrato il 2 marzo. Ha parlato di una situazione “straordinaria e fuori da ogni standard”. Poi ha aggiunto: “Certamente noi tutti avremmo voluto che ciò non accadesse”. Quindi l’invito a “lavorare più del solito”, a “lasciare da parte qualunque discordia” e a “evitare discussioni politiche in ufficio, a casa o sui social”» (Dragosei). In aprile, «mentre il presidente Vladimir Putin continua a insistere che “il blitzkrieg economico occidentale è fallito” e che “l’economia russa ha resistito a una pressione senza precedenti”, l’austera governatrice ammette candidamente di non aver trovato alternative alle principali valute di riserva dopo che le sanzioni l’hanno lasciata in possesso solamente di yuan e oro: “Dobbiamo guardare al futuro, ma al momento faccio fatica a dare suggerimenti specifici”. In ogni caso, ha ammonito […] parlando a una commissione parlamentare, “è finito il periodo in cui l’economia può vivere di riserve”» (Castelletti). In giugno, poi, «al Forum economico di San Pietroburgo, ha messo da parte il linguaggio da banchiere e ha detto di fronte ai massimi dirigenti del Paese: il Pil è un indice efficace per capire come si muove l’economia, ma la cosa più importante è il livello di benessere dei cittadini, anche perché la distribuzione della ricchezza in Russia resta un tema scottante. È stata l’unica a esprimersi in modo così netto sulle condizioni in cui il Paese versa. […] Nel suo intervento a San Pietroburgo Nabiullina ha avvertito che “le condizioni esterne sono cambiate forse per sempre” e che la Russia dovrebbe ripensare al suo modello di sviluppo» (Luigi De Biase). Alla vigilia dell’annuncio della mobilitazione parziale, in settembre, «Putin ha incontrato la governatrice della banca centrale russa, Elvira Nabiullina, ben due volte, anticipandole la sua decisione e imponendole di prendere tutte le contromisure economiche per sostenere il nuovo corso del conflitto. L’economista, molto stimata internazionalmente, ha risposto chiedendo di potersi dimettere, cosa che aveva già provato a fare tre volte» (Marta Ottaviani). «Gli osservatori stranieri sostengono che l’unica onorevole via di uscita per lei siano le dimissioni, che tuttavia Putin non vuole. Nabiullina è quindi prigioniera della sua fortezza? Secondo alcuni analisti lei, consapevole dell’importanza del proprio lavoro in questo frangente, ritiene, forse non a torto, di farlo meglio di chiunque altro. Sa che se si opponesse apertamente a Putin sarebbe cacciata e non sarebbe più in grado di aiutare il suo popolo. Quindi, a testa bassa, difende quello che ha costruito» (De Lillo). «La governatrice, appena riconfermata in carica, dovrà sostenere la politica di espansione imperiale voluta dal Cremlino stampando moneta, cioè l’esatto contrario di quello ha sempre fatto. E si capisce allora il perché avrebbe chiesto inutilmente a Putin le dimissioni: dopo avere per anni salvato l’economia nazionale dalle derive populiste, ora deve finanziare una guerra che il Cremlino non può permettersi. Se non ci riesce, avrà distrutto il suo lavoro ventennale. Se ci riesce, rischia, come scrive il sociologo Grigorij Judin, di venire inserita nella lista dei “criminali di guerra” putiniani» (Arfaras) • «È dotata di una memoria che le consente di recitare tabelle piene di numeri e le poesie del suo amato Paul Verlaine, al quale si ispira per comporre a sua volta sonetti che si ostina a tenere nel cassetto. “Per pudore”, disse anni fa» (Imarisio). Tra le sue altre passioni, l’opera lirica e le auto da corsa (possiede una Jaguar S-Type verde) • «Schiva con i giornalisti, aspetto austero oltre i limiti dell’etichetta» (De Biase). «Unico vezzo: delle spille di varia forma e foggia usate per chiudere il colletto della camicia o appuntate sulla giacca, che per sua stessa ammissione usa come simboli di un linguaggio subliminale. […] Quando si presentò in conferenza stampa per annunciare il taglio dei tassi di interesse che mise fine alla rivolta dei pensionati russi, aveva una spilla a forma di colomba della pace; quando annunciò il lockdown bancario causa Covid, ne aveva una a forma di casa, per dire ai russi di non uscire. Ne ha indossate alcune a forma di onda blu, di semplice pallino rosso, di bicchiere da whisky, di cicogna: cosa volessero segnalare, nessuno l’ha capito, e lei non l’ha spiegato. “L’esatto significato deve rimanere misterioso e ambiguo”, ha rivelato in una rara intervista. Tutti hanno invece capito che cosa volesse dire quando si è presentata completamente vestita di nero dopo l’invasione dell’Ucraina» (Gullace Raugei). «Sì, ogni spilla ha un significato. Mi diverte vedere le diverse interpretazioni delle mie spille. La gente ha un’immaginazione molto fervida» • «Non ha mai fatto mistero di considerare una catastrofe lo scioglimento dell’Unione Sovietica, sentimento che condivide con Putin» (Imarisio) • «Falco, ossessionata dall’inflazione» (De Lillo). «Nabiullina ricorda bene quando, tra il 1998 e il 1999, la Russia fallì. Lo ricorda benissimo Putin perché fu il suo trampolino di lancio, prima al governo poi al posto di Boris Eltsin, messo a terra dal tracollo finanziario ancor più che dalla vodka. Inutile fu il tentativo di salvataggio da parte del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, anche perché gli aiuti sparirono come per incanto. […] Quel default innescò un terremoto finanziario che, sommato allo scoppio della bolla internet, ha provocato la prima recessione del nuovo secolo. Oggi l’impatto sarebbe ancora maggiore: è vero che le sanzioni finanziarie hanno isolato la Russia, ma, con buona pace dei no global vecchi e nuovi, il mercato resta integrato e segue sempre la regola della farfalla» (Cingolani) • «La sua ex collega Bella Zlatkis, adesso vicepresidente della pubblica Sberbank, ne è convinta: “Alla fine ottiene sempre quello che vuole. Solo che lo fa senza quell’aria ridicola che hanno quasi tutti gli uomini di potere. Senza quella spocchia di chi pensa di essere l’unico ad aver capito le cose. Lei ascolta sempre tutti. Per rispetto e perché non si sa mai. Una buona idea può venire a chiunque”» (Lombardozzi) • «Non è un mistero che, ove mai Putin perdesse il potere, la sua banchiera potrebbe essere un’eccellente sostituta. Così almeno si pensa e si spera nei palazzi dei governi occidentali» (Gullace Raugei).