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 2022  novembre 18 Venerdì calendario

Intervista a Francesco Guccini


Incede un po’ faticosamente, sì, il fisico un pochino l’ha tradito, dopo anni di palcoscenici (e qualche vizio, più che altro enologico). Ma non la testa, quella sempre lucida a 82 anni e mezzo, mentre un po’ è serio e un po’ sorride, come quei bambini che sanno di aver fatto una promessa che poi non hanno voluto mantenere. Già, un voto che però scontentava tutti tranne (apparentemente) lui: perché in questa affollata bocciofila da tempi andati, alla periferia di Milano, in molti sono lieti di venire a sapere che Francesco Guccini è tornato a cantare, a dieci anni dall’ultimo disco che di finale sembrava avere anche il titolo: L’ultima Thule. Sì, il Maestrone aveva giurato e spergiurato di volersi dedicare solamente alla scrittura, oramai affermato autore di gialli.
E invece è sceso in città, dal suo consueto eremo sull’Appennino Tosco-emiliano, Pavana, per presentare Canzoni da intorto. Ovvero quelle che dovrebbero servire per conquistare le signore, in realtà una mappa dei sentimenti, personali, ma soprattutto politici del Maestrone. Perché trattasi di sole cover, undici. E che cover: dagli inni anarchici Addio Lugano bella e Nel fosco fin del secolo (scherza lui «La nonna della Locomotiva») al dolente e durissimo Morti di Reggio Emilia fino ai brani della Resistenza Ma mi o la jannacciana Sei minuti all’alba. Ma anche la surreale El me gatt di Ivan Dalla Mea o il traditional inglese: Greens Sleeves.
Perché ha rotto il voto?
«In realtà ho sempre detto che non sono più capace di scrivere brani e che non sarei più salito su un palco, non che avrei smesso del tutto di cantare».
Perché non si sente più capace?
«Ho deciso di chiudere con la scrittura per non arrampicarmi sugli specchi, facendo una cosa che non so fare più. Da quel momento non ho più toccato la chitarra e non so comporre senza. E, anche con la voce, ora faccio molta più fatica di prima. Ma eccomi qui».
Come le ha scelte queste «Canzoni da intorto»?
«Sono quelle delle serate con gli amici, delle partite a briscola e tressette, di uno che mi dà il la e poi si parte tutti insieme. Le avevo nel cassetto da anni: ora mi hanno convinto, follemente, a inciderle».
Peraltro solo in formato fisico, non le si può ascoltare streaming...
Guccini ride: «Cos’è lo streaming? Lo ignoro, qualunque cosa sia...».
Di sicuro però c’è poco da «intortare», questo è un disco molto politico
«Ma no, la tecnica è proprio quella di spiegare il senso delle canzoni alle signore che non lo sapevano. Comunque, oggi come oggi, io sono casto come una vergine. Quasi».
Noto che Fratelli d’Italia
non ha tolto la fiamma dal simbolo:
è quella
che ardeva e arde ancora sulla tomba di Mussolini Non è che mi faccia molto piacere
La politica e la musica, già: recentemente, Francesco De Gregori e Antonello Venditti hanno detto che si rischia di essere retorici nello sbandierare le proprie idee.
«Una loro scelta. Dicevano che io ero comunista e De Gregori no: anche se era il contrario, io semmai anarchico. Comunque, non ho nessuna paura di dire quali sono le mie opinioni. D’altra parte, la storia della mia vita segue sempre una traccia, iniziata al liceo: leggevamo l’Iliade e tra i compagni si doveva scegliere tra achei e troiani. E io sempre dalla parte della minoranza, i troiani. I perdenti. Come ora».
Già, come vive questo scenario politico, con Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia maggioranza del Paese?
«Noto che la fiamma non l’hanno tolta. Ed è quella che ardeva e arde ancora sulla tomba di Mussolini. Non è che mi faccia molto piacere».
Il Pd che lei vota è stato definito da Carlo De Benedetti «un partito di baroni».
«Mi sembra una definizione ingiusta, i problemi mi paiono altri».
E li ha invitati a non essere schizzinosi con Letizia Moratti. Nel disco c’è un brano che sembra paradossalmente alludere alla questione: «Quella cosa in Lombardia».
«No, no, quella è una canzone d’amore, scritta peraltro da Franco Fortini. Venendo a Moratti, se ha voglia di presentarsi che lo faccia. Non mi sembra che abbia molto lavorato con la sinistra, quindi fa bene il Pd, per quel che ne resta, a non appoggiarla».
Ma tornerà anche a suonare, Francesco?
«Non esageriamo con la “rottura” di promesse, mi basta averne già infranta una».