La Stampa, 17 novembre 2022
Titti compie 80 anni
Non li dimostra, decisamente. Ma Titti sta per diventare ottuagenario, perché la sua prima apparizione data 21 novembre del 1942, all’interno del cortometraggio A Tale of Two Kitties, realizzato dal regista e animatore statunitense Robert Emerson Clampett per la Warner Bros. Del resto, in effetti, si rivela difficile attribuire al celeberrimo canarino giallo un’età (e pure un sesso). Alle origini, prima della metamorfosi visuale che lo ha reso un simbolo, Titti era un implume uccellino rosa, che di nome faceva Orson – un atto di omaggio di Clampett all’adorato Orson Welles. E ben presto ha spiccato il volo, diventando universalmente noto e una delle star dei Looney Tunes (insieme a Bugs Bunny, Duffy Duck, Porky Pig), mentre completava la sua trasformazione nella versione definitiva, quella del canarino domestico e molto yellow. Nel 1945 fa la sua comparsa anche Gatto Silvestro, partorito dall’immaginazione del regista e produttore Friz Freleng (altra figura chiave della Warner Bros), il personaggio con il quale Titti prenderà a fare «coppia fissa» ed estremamente conflittuale. All’insegna di una messa in scena divertente e fumettistica (e, nondimeno, con qualche tratto di ambiguità) di quella logica darwiniana della selezione naturale che Titti riuscirà ben presto a rovesciare nel suo opposto, finendo sempre per prevalere e mettendo in ridicolo il suo cacciatore.
La «coppia di fatto» tra il canarino giallo e il gatto antropomorfo bianco e nero dominato dalla «magnifica ossessione» della sua cattura è un distillato polisemico di interpretazioni (oltre ad avere fatto scuola come modello nei cartoni e nell’animazione del Secolo breve). Un’opera aperta – come lo è questa coppia di antagonisti che, a volte, sfiorano loro malgrado la condizione degli «amici-nemici» – dalle molteplici chiavi di lettura. A partire, sicuramente, dalla positivity, rivisitata e corretta in chiave novecentesca, sullo scontro tra Davide (Titti) e Golia(Silvestro). Il canarino, cervello fino e forza fisica molto modesta, insegna ai più giovani che la logica di sopraffazione del predatore sulla preda non è inesorabile, e che la civiltà può sovvertire la spietatezza della catena alimentare del regno animale. Grazie all’astuzia, all’inventiva e alla scaltrezza, chi dovrebbe soccombere ed essere «naturalmente» destinato alla sconfitta può rovesciare i rapporti di forza e abbattere nemici più grandi e muscolosi. Titti che assurgerà ad attore protagonista della cultura pop globale è anche, va da sé, un’icona tipicamente a stelle e strisce, perché la vittoria sul più forte e prepotente si conquista a colpi di ottimismo (come predica incessantemente l’American way of life), e in virtù di quei surrogati e sostituti della potenza – o, per meglio dire, loro moltiplicatori – che rispondono ai nomi di scienza e tecnica. Insomma, Titti è neopositivista in tutto e per tutto, e ha colonizzato un pezzo di immaginario sbarcando anche nella moda e nello stile e, di recente, facendosi apprezzare dagli influencer della rete. Dunque, in tutto e per tutto anche uno specchio delle ambivalenze degli Usa, incarnazione di un soft power che a suon di narrazioni efficaci può rovesciare la realtà piegandola a proprio uso e consumo. Alzi la mano chi non è mai stato sfiorato almeno una volta dal pensiero che la vittima autentica sia il malcapitato Gatto Silvestro (che finisce per avere sempre la peggio, e cade immancabilmente nella ragnatela di tranelli in cui Titti riesce ad avvilupparlo)? Cambiando angolazione visuale, il canarino proietta talora l’impressione di una personalità passiva aggressiva, e il gatto si converte nella sua goffa vittima predestinata. La furbizia assume le sembianze della malizia, e la sovversione dei rapporti di forza apre la strada a quella che qualche studioso di teoria culturale ha descritto come una relazione sado-maso e una sorta di «sindrome di Stoccolma» (di cui soffre il vero prigioniero/vittima: Silvestro). D’altronde, di esegesi psicanalitiche di questa «strana coppia» ne sono fiorite parecchie; e specialmente intorno all’asessuato Titti, disegnato in quel modo per non generare «turbamenti» nei piccoli spettatori (come prescritto dal puritanesimo ideologia pubblica ufficiale – ma solo formale – degli studios di Hollywood). Così oggi, per ritornare dalle parti della positivity, il coloratissimo canarino potrebbe, allora, essere guardato anche come un’icona della fluidità e liquidità sessuale. Cento di questi giorni Titti! —