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 2022  novembre 17 Giovedì calendario

Il nuovo arbitro: da giudice supremo a funzionario

Il gioco del calcio vive da sempre: basta un pallone sul prato per farlo fiorire. Si basa su due regole, sfida fisica e gioco frontale tra due avversari. Perciò i piedi vanno rispettati e i giocatori, che si insinuano alle spalle della difesa avversaria, vanno giudicati fuori dal gioco perché sleali. Fallito il tentativo di far arbitrare i due capitani in campo, si ricercò un arbitro neutrale, una figura notarile per garantire un servizio equo al gioco e utile all’organizzazione centrale. Per l’arbitro, fin da allora, un potere politico e non solo tecnico. In una conferenza agli arbitri romani, nel 1959, il professor G. Zappalà tracciò,con passione, il profilo del nuovo arbitro: «L’arbitraggio richiede menti elette, cervelli superiori, appartenenza a classi sociali elevate. Il contegno dell’arbitro deve essere il frutto spontaneo della sua coscienza». Un super uomo col fischietto, rimasto teoria. Quando, vent’anni dopo, mi ritrovai in serie A, l’arbitraggio era già orientato verso un servizio per il calcio e la televisione scopriva una realtà arbitrale umana e con errori certi. La corsa verso il calcio televisivo con molti gol, cominciò dopo il Mondiale del 1990. Il giudizio popolare sposò rapidamente la verità televisiva a danno di quella giudicata sul campo e sempre più criticata. Ecco i due arbitri in campo, verso la fine del 2000: poco uniformi e quindi bocciati. Segue un esperimento con sei arbitri, in particolare con due sulla linea di fondo: non vedono i gol. Bocciati. Arriva la Goal Line Technology per certificare almeno il gol. Perfetta ma rara. Bisogna dare il monitor all’arbitro per potersi correggere, con l’assistenza di più colleghi. Nasce la Var, diminuiscono gli errori ma aumentano le libere interpretazioni. In questi ultimi anni, purtroppo, la Fifa ha tentato di rendere oggettivo il fallo di gioco, soprattutto in area di rigore, adottando valutazioni tecnologiche al posto di quelle umane dell’arbitro. Con la presunzione che l’uomo potesse disporre della tecnologia, come mezzo proprio. Il filosofo Umberto Galimberti, in Psiche e Techne, ricorda «che la tecnica non salva e non svela verità: la tecnica funziona». L’arbitro da maestro libero diventerà un funzionario ubbidiente.