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 2022  novembre 13 Domenica calendario

Prefazione a "Un’Italia da vignetta" di Emilio Giannelli con Paolo Conti (Solferino)

La scelta della vignetta di Emilio Giannelli da pubblicare ogni giorno sulla prima pagina del «Corriere della Sera» è uno dei riti quotidiani della vita del giornale. Quando fui assunto, nel 1997, Giannelli era già lì, con le sue telefonate, le sue bozze pomeridiane inviate via fax, la sua ultima stesura pronta per la stampa. Ero uno dei caporedattori centrali del giornale, e avevo il compito di sentirlo nel primo pomeriggio per raccontargli le notizie principali della giornata, i fatti e i personaggi che stavano emergendo. Colloqui rapidi, perché Giannelli è fulminante nelle sue intuizioni, tanto veloce da dirti già al telefono quale poteva essere il disegno e quale la battuta che lo avrebbe accompagnato. Ti lasciava sempre stupito, anche se qualche volta intuivi subito che il giorno seguente avrebbe provocato la telefonata di un politico arrabbiato.

Quando poco dopo arrivava la vignetta (di solito in brevissimo tempo, salvo per quelle corali con tanti personaggi o quelle composte da molte scene come un fumetto da scorrere) lo stupore diventava doppio: per i tratti irriverenti, ma soprattutto divertenti, dei personaggi, l’abilità per mezzo di un tratto di matita e di china di cogliere le posture, la camminata, il modo di gesticolare, l’atteggiamento verso gli altri. A me piaceva e piace ancora moltissimo, per esempio, il ritratto di Berlusconi con le sue scarpe rialzate, il doppiopetto d’ordinanza, il sorriso aperto da ragazzino impertinente che ne sta combinando un’altra. Tutto accompagnato quasi sempre da una battuta o una frase che vale l’editoriale del giorno.




Avere una vignetta quotidiana in prima pagina, dal 1991 a oggi, ha infatti un significato preciso. Affida a Giannelli il commento, a modo suo e con il linguaggio della satira, di quello che è il fatto del giorno. Completa gli editoriali delle firme più importanti del «Corriere». Il suo è uno sguardo ironico ma preciso, puntuale, che svela il lato nascosto di una notizia, ne esalta un’interpretazione, la offre al lettore senza tanti giri di parole, in un modo diretto: come a dire, ecco cosa c’è davvero dietro la scena, ecco cosa ti nasconde un politico o un importante leader mondiale. Scherziamoci pure su, ma non farti raggirare.


Emilio Giannelli conosce la politica e i suoi caratteri come pochi altri, ma soprattutto sa esaltare i dettagli: dei fatti, dei comportamenti, dei pregiudizi. Non è mai cattivo, ma ha il gusto toscano della battuta, che spesso lascia spaesati nei faccia a faccia privati e pubblici con tanti personaggi. Un gusto irresistibile che nessuno può frenare. Il risultato finale è qualche arrabbiatura, qualche incidente raro, come con i reali d’Inghilterra. Ma sono tantissimi quelli che lo adorano e chiamano il giornale per chiedere l’originale della vignetta per poterla incorniciare nel loro studio. Mi è capitato tante volte di ricevere la richiesta di leader, personalità istituzionali, capi d’azienda. Ricordo ancora lo sguardo divertito di papa Ratzinger quando in Vaticano gli consegnammo, con Massimo Franco, due disegni preparati per lui da Giannelli.


Ma soprattutto Giannelli è amato e guardato ogni mattina con avidità da tutti i lettori del «Corriere». Una prima pagina senza Giannelli è inconcepibile, è come se il giornale uscisse senza il titolo d’apertura. Questo rito Emilio lo ha rispettato sempre, senza saltare un giorno, organizzandosi anche nei momenti in cui sembrava per lui impossibile.


Il libro di Paolo Conti che iniziate a leggere e a sfogliare vi racconta la storia incredibile dell’intreccio tra la vita di un dirigente di banca e quella del vignettista nelle ore libere della giornata. Il suo arrivo al «Corriere» e i trent’anni attraversati, dall’avvento di Berlusconi all’esperienza di Draghi. E pubblica una selezione delle sue vignette che fanno ripercorrere, con il sorriso, trent’anni della storia nazionale e globale. Con il suo lato divertente, ma spesso anche tragico. Alla fine ci spinge tutti a non prenderci mai troppo sul serio, a non fare, come direbbe Emilio, «i bischeri».