Corriere della Sera, 16 novembre 2022
Morti per il calcio. Storia della nazionale inglese del ’66
C’è una foto che fa star male tutta l’Inghilterra. La stessa che ha inorgoglito un Paese per sessant’anni. Ci sono ritratti undici campioni. I vincitori della Coppa del Mondo del 1966. Sei non ci sono più. Uno sta male. Ma l’età non c’entra. Sono morti, tranne il capitano Bobby Moore e il portiere Gordon Banks, per cause «innaturali». Colpa dello sport che amavano. E che ha provocato loro danni cerebrali irreversibili. I numeri sono impietosi. Uno studio dell’Oms, (Organizzazione mondiale della sanità) rivela che la demenza colpisce tra il 5 e l’8% della popolazione con oltre 60 anni. Ma nel caso della Nazionale inglese la percentuale si è innalzata fino al 46%. E una ricerca dell’Università di Glasgow ha dimostrato che i calciatori professionisti hanno tre volte e mezzo più possibilità di sviluppare la demenza rispetto ai non calciatori. Geoff Hurst, centravanti di quella mitica squadra fa riferimento al buon senso: «Se colpisci di testa una palla pesante e lo fai per 30-40 volte al giorno per dieci anni…». Ora un gruppo di ex giocatori e di loro familiari ha preparato un’azione legale contro la Federazione calcio inglese (Fa). Accusata di aver sottovalutato gli allarmi e di non adottare le misure per prevenire i danni cerebrali. Il calcio, senza protezione adeguata, fa male. Bisogna avere il coraggio di dirlo. La foto dei campioni del mondo è un monito. Undici ragazzi sorridenti con la maglia rossa della finale. E la Coppa Rimet tra le braccia di Bobby Moore. Il loro momento di gloria pagato un prezzo troppo caro. Nobby Stiles era il secondo da sinistra. Subito dopo il massaggiatore. Jack Charlton stava in mezzo. Il più alto e quello che sorrideva sempre. Martin Peters cominciava la fila dei Leoni seduti in prima fila. E la chiudeva Bobby, l’altro Charlton. Dietro di lui, in piedi, Ray Wilson. Campioni che forse scuoteranno le coscienze. E faranno riaprire gli archivi di storie dimenticate di altri giocatori morti per la stessa malattia. Scomparsi due volte.