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 2022  novembre 14 Lunedì calendario

Una lunga intervista a Novak Djokovic

Novak Djokovic non è solo uno straordinario campione sportivo, capace di vincere sette volte Wimbledon, 21 tornei del Grande Slam e rimanere più a lungo di tutti numero 1 del mondo, per ben 373 settimane. È un uomo che ha il coraggio di difendere le proprie idee, a costo di schierarsi contro tutto e tutti, senza paura di pagarne le conseguenze. A 35 anni è ancora il favorito delle Atp Finals di Torino, e ha ancora tanti progetti da realizzare, tante battaglie da combattere, fuori e dentro lo sport.
Dopo tanti successi, quali sono i sogni di Novak Djokovic? Come uomo, prima che come sportivo.
«Ho molti sogni e molto grandi. Il più grande di tutti è essere il miglior papà possibile per i miei due figli, Stefan e Tara. Per capire cosa significa essere genitore devi leggere, confrontarti, studiare, imparare. È come un lavoro, perché nessuno nasce genitore. Noi ci concentriamo spesso sulle cose da insegnare ai nostri figli, su come formare il loro carattere. Io credo però che la cosa fondamentale sia lavorare su se stessi, imparare a rimanere calmi quando ti criticano e ti attaccano, sfruttare l’esperienza, avere la consapevolezza che le esigenze più importanti sono quelle dei figli, non le tue. Sono cose a cui penso ogni giorno».
Non un compito facile, per chi per mestiere viaggia in continuazione.
«Purtroppo passo ancora tanto tempo lontano da loro e questo mi fa sempre più male, specie se devo lasciarli per più di 7-10 giorni. Se parti per America e Australia devi stare fuori anche un mese, e quando sono piccoli in un mese succedono tante cose».
Neanche la vita di coppia è facile per uno sportivo.
«Io e mia moglie Jelena stiamo insieme da quando ho 18 anni. Lei, come la mia famiglia, ha fatto tanti sacrifici per consentirmi di inseguire il sogno di diventare il miglior tennista del mondo, ora poi sta facendo un lavoro incredibile con i nostri figli. E tutto questo aiuta me. Voglio migliorare anche nei suoi confronti, darle l’attenzione che merita».
Poi c’è il Djokovic imprenditore. Come se la cava?
«Ho tanti progetti: il mio centro tennis in Serbia, la fondazione con cui aiuto l’educazione dei giovani, una bibita sportiva che sto sviluppando da due anni e che uscirà presto sul mercato. Non so se sono bravo o no, il mio obiettivo è mantenere sempre la mente aperta, informarmi, imparare. Essere la miglior versione possibile di me stesso in tutto ciò che faccio»
Le sue idee e i suoi atteggiamenti spesso le hanno attirato critiche molto dure.
«Sì, lo so che la gente a volte pensa che io sia finto, che faccio certe cose perché voglio essere amato. Non è così, io cerco solo di essere genuino. È una cosa che stiamo perdendo. Non è possibile piacere a tutti ma ormai il politicamente corretto ci costringe a rinunciare a esprimere con rispetto, senza odio, ma con libertà, le proprie idee. La libertà di parola per me oggi è solo un’illusione».
Che cosa glielo fa pensare?
«Ne ho avuto un esempio straordinario quest’anno, con quello che mi è capitato attorno alla questione del vaccino. Io mi sono espresso per la libertà di poter disporre del proprio corpo, e subito sono stato tacciato di essere un no-vax, cosa che non sono. Se non fai parte di un certo modo di pensare, diventi subito il cattivo. Non va bene».
Come diceva Voltaire, non condivido le tue idee ma mi batterò fino alla morte per permetterti di esprimerle.
«Ecco, questa è la vera democrazia».
Lei ha fatto tanto per la Serbia: la politica la tenta?
«Si può essere utili al tuo Paese in ambiti diversi dalla politica. Io rispetto gli atleti che si impegnano in politica, anche a livello sportivo, ma finisci sempre per essere condizionato. La politica un tempo era il modo per alcune persone di successo di restituire qualcosa al proprio Paese, alla propria comunità, oggi non è più così. Oggi c’è tanta falsità, tante bugie, i politici non sono trasparenti, usano la stampa e i media per manipolare le opinioni a proprio vantaggio. E badi che non faccio distinzioni fra destra e sinistra, non mi interessano».
Che cosa le interessa, allora?
«Tutto ciò che ha che fare con la salute, ad esempio. Ma mi interessa anche parlare di ciò che non va nel mondo del tennis. Uno sport che come popolarità e diffusione viene dopo solo al calcio e al basket della Nba, che è seguito e praticato ovunque, anche in Cina ci sono tantissimi campi, ma che dà di che vivere ad appena 500 persone: le sembra possibile? Anche qui c’entra la manipolazione dei media: si parla solo dei 2 o 3 milioni che guadagna chi vince uno Slam, e non delle migliaia di giocatori in tutto il mondo che non hanno la possibilità di farne un lavoro».
Per questo ha fondato una sua associazione, la Professional Tennis Player Association.
«Ho provato a cambiare le cose dall’interno, per 7-8 anni sono stato nel board dell’Atp, ma è impossibile. Capisco le esigenze dei tornei, e forse ad alto livello si sta lavorando bene. Ma fino a quando non ci sarà chi difende al 100 per cento gli interessi dei giocatori non riusciremo a lavorare davvero per la base».
Lei ha un talento comico spiccato, come Fiorello qualche anno fa ci ha fatto scoprire, le sue imitazioni restano memorabili. Le sarebbe piaciuto fare l’attore?
«Forse sì. Amo il teatro, soprattutto la commedia, ci vado spesso con la mia famiglia e ho tanti amici attori. Ho anche recitato in due o tre occasioni con Dragan Jovanovic, il più famoso attore brillante serbo. In un suo spettacolo molto popolare c’è un personaggio che entra in scena con due ragazze sottobraccio ed è l’unico che riesce a intimorire gli altri. Dragan mi ha detto: “È il ruolo perfetto per te!”. Sono due battute, dura un minuto, ma è stato molto divertente. E prima di entrare in scena sentivo battermi il cuore a mille, proprio come prima di un grande match».
Il campo come un palcoscenico?
«Sì, in fondo anche il tennis è così: sei uno sportivo ma devi anche fare spettacolo. Io vorrei sempre che il pubblico andasse a casa contento di essersi divertito».
A Torino in questi giorni ha avuto modo di incontrare i tanti calciatori serbi di Juventus e Torino?
«Ho incontrato Radonjic in albergo, gli ho augurato di vincere il Mondiale, il primo per la Serbia: visto che l’Italia non c’è... Spero di incontrare anche Vlahovic, anche lui in partenza per il Qatar. Seguo tutti gli atleti serbi, essendo uno sportivo anch’io capisco i loro problemi»
In futuro allora si vede più come ministro dello Sport o della Salute?
«Non lo so. Per ora mi vedo come un professionista dello sport».
Lei è milanista: vede il bis dello scudetto?
«Difficile. Siamo a otto punti dal Napoli, che sta giocando benissimo. Però quest’anno vinceremo la Champions».
Lei è un esperto di alimentazione, un argomento su cui ha scritto anche un libro: a Torino come si mangia?
«Edoardo Artaldi, il mio manager, conosce tutti i ristoranti, rigorosamente italiani, e qui mi ha portato a mangiare il tartufo bianco, che mi fa impazzire. Io sono quasi 100 per cento vegano, e ci sono dei buoni ristoranti vegani in città, ad esempio l’Orto. Sì, si mangia bene a Torino, una bellissima città. Ma posso dire una cosa?».
Prego.
«Ieri sono arrivati i miei figli e ho notato che in centro per i bambini ci sono pochi spazi per giocare».
Stefan e Tara sono sportivi e amano il tennis?
«Tara fa ginnastica e danza, anche un po’ di tennis, ma non le piace più di tanto. Mio figlio Stefan invece è molto concentrato su questo sport. Chissà perché…».
Da poco anche Rafa Nadal è diventato padre: Rafa junior e Stefan si sfideranno in futuro?
«Be’, ci sono otto anni di differenza, ma il figlio di Rafa è come suo papà, magari vincerà il Roland Garros a quindici anni. Vedremo».
A Londra quest’anno ci siamo tutti commossi, lei compreso, per l’addio di Federer. Lei ci promette che continuerà a giocare ancora a lungo?
«Non posso promettere, perché se io se prometto una cosa, poi per forza devo mantenerla, e in questo caso non posso promettere niente perché non è prevedibile come il mio corpo e la mia mente reagiranno in futuro. Però posso promettere che continuerò a giocare finché ce la farò, e ne avrò voglia».
Ci sono i giovani che premono…
«Ecco, questa è sicuramente una motivazione. Sono molto felice per Alcaraz e Rune, per i risultati che stanno ottenendo da ventenni, ed è sicuramente positivo per il tennis che ci siano nuovi volti alla ribalta. Ma dentro di me c’è sempre un guerriero che ha voglia di lottare. Non voglio lasciare che i giovani vincano i tornei. Li rispetto molto, ma sono fatto così: quando sono in campo li voglio spaccare in due». —