la Repubblica, 13 novembre 2022
Sociologia, la sfida di Trento
L’avvocato Bruno Kessler nell’autunno del 1962 ha trentasei anni. Fianchi largheggianti. Mani tozze. Robusta facondia. Gran cacciatore. Un democristiano di intelligenza visionaria. È nato povero, a Cogolo di Pejo, in val di Sole, e da due anni presiede la Provincia di Trento, cattolica e contadina, la più arretrata nel Nord in tumultuosa crescita. La Dc vorrebbe farne la sede della facoltà di scienze forestali, sede distaccata della Cattolica: il Trentino non è del resto ricco di boschi? A Kessler la scelta pare riduttiva. Si batte per una scienza della modernità, che formi i tecnocrati del futuro: una facoltà di Sociologia, la prima in Italia. Gli oppongono l’obiezione che la città è priva di tradizioni accademiche, fuori dalle rotte più battute, e lui risponde che anche negli Usa le università non hanno sede nelle metropoli. È solo con il suo coraggio. Persino l’unico consigliere del Pci, Sandro Canestrini, lo osteggia. Piega le resistenze come una furia, in sei mesi la facoltà è istituita: in via Verdi, alle spalle del Duomo. «No al Trentino piccolo e solo» è il suo mantra. Una scommessa. Una grande storia dell’Italia del boom.Sociologia, questa sconosciuta, è un azzardo anche per gli studenti, alle prese con un titolo di studio che inizialmente non è nemmeno riconosciuto. Ci si può iscrivere dagli istituti tecnici, un richiamo irresistibile per i figli della piccola borghesia. Il primo anno gli iscritti sono 226, espressione di un ceto nuovo. Giungono dall’America, come Larry e Garry, da Napoli come Paolo Sorbi, da Venezia come Marco Boato e Checco Zotti, alcuni già sposati e con esperienze da operai come il torinese Mauro Rostagno, un Dio della contestazione, che al Covent Garden di Londra aveva scaricato cassette di mele. Bussano perfino i preti, come Piergiorgio Rauzi, il primo di nove sacerdoti- studenti. Formano una specie di divisione militare, isolata dal resto della piccola città, di settantamila abitanti. Kessler ingaggia uno squadrone di docenti: Francesco Alberoni, il suo amico Beniamino Andreatta, i giovanissimi Romano Prodi, Pietro Scoppola, Mario Monti, Chiara Saraceno e il marito Gian Enrico Rusconi. Lo studio della società può iniziare.Ma poi irrompe il Sessantotto e scompagina i piani. Anche quelli di Kessler. Fino a quel momento si andava in facoltà in giacca e cravatta, ora Trento s’incendia nella contestazione. È un fronte d’impronta cattolica che perciò affascina gli altri movimenti studenteschi. Rostagno conia parole d’ordine che resistono tuttora: «Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto». Il rettore Alberoni viaggia in Spider e tiene lezioni a casa sua. Il collegio di Villa Tambosi viene ribattezzato Casa del popolo Rosa Luxemburg. Si contestano l’invasione di Praga e le condizioni di lavoro delle commesse all’Upim. Cattolici del dissenso interrompono le prediche. Femministe d’antan, come Silvia Motta, Giovanna Pompili, Leslie Leonelli, Elena Medi, Marianella Pirzio Biroli, formano l’avanguardia del femminismo nostrano. Folletti della comunicazione, muniti di ciclostile, graffiti, tazebao, reclamano il sociologo come scienziato sociale e non come tecno-burocrate “servo del potere”. I riferimenti sono Charles Wright Mills, Theodor W. Adorno e Max Horkheimer.Va in scena un enorme Carnevale intellettuale. La Dc mormora, i trentini sono a disagio. Come in ogni rivoluzione non mancano asprezze ed eccessi. Andreatta definisce i contestatori «Hitlerjugend». Scoppola, colmo di paura, rinuncia all’insegnamento. Franco Venturi paragona i comportamenti dei giovani a quelli degli squadristi.Studiano a Trento Renato Curcio e Mara Cagol, i futuri fondatori delle Brigate Rosse, il che nella vulgata fa della facoltà la culla del terrorismo italiano. Ma le Br nasceranno a Milano nel 1970, dove i due studenti innamorati si saranno stabiliti dopo aver abbandonato l’università. Cagol morirà in un conflitto a fuoco nel 1976.Il ’68, rivoluzione del costume, quindi spazza via l’Italia delle residue incrostazioni fasciste. Fino a quel momento sono in vigore leggi come quelle che consentono l’adulterio maschile, purché commesso fuori dal tetto coniugale, e puniscono quello femminile. La pillola è ammessa solo come regolatore dei cicli mestruali. Poi il Sessantotto passa, ma Sociologia resta, confermando l’intuizione di Kessler. Ha cambiato il destino di un luogo, Trento. E questa è un’altra storia nella storia.