la Repubblica, 12 novembre 2022
A casa di Emma Bonino
"Giramondo quale sono stata, non avevo mai apprezzato la casa come adesso. Un appartamento vicinissimo a Campo dè Fiori che devo indirettamente a mia madre. Donna semplice, molto intelligente, decise di spartire l’eredità quando noi figli eravamo giovani, affinché potessimo goderne subito. Comprai una casa a Trastevere, ma dato che mia mamma temeva che la ipotecassi per chissà quali iniziative politiche, la intestò a una società di cui lei aveva il controllo”.
Emma Bonino – leader di +Europa, paladina di tante battaglie per le donne e per i diritti civili – con la vendita di quella prima casa, nel 2011 ha acquistato la mansarda dove vive oggi, la cui vista abbraccia tutto Campo dè Fiori. Un ascensore sale fino all’ultimo piano e le porte si spalancano su una terrazza fiorita, tra alberelli di limone e melograno. La cupola di San Pietro sembra quasi poggiarsi sui tetti di Roma.
"Fino agli anni Cinquanta questo era l’appartamento del portiere del palazzo. Poi fu totalmente abbandonato e le condizioni di degrado in cui versava si possono ancora vedere in un album di foto a confronto: un com’era e com’è di ogni ambiente. Trovai l’annuncio della casa su internet e inizialmente ero molto perplessa. Ma Patrizia, la mia amica architetto, ne comprese subito le potenzialità”. Il risultato è un’accogliente mansarda tutta bianca: dal parquet al soffitto, dove lei raccomanda, premurosa, di stare attenti a non sbattere contro le travi basse del tetto spiovente.
"La terrazza è stata parte della mia cura. Mi ha dato sollievo e salute nei momenti più difficili della mia battaglia contro il cancro. Per nascondere gli effetti delle terapie, nel 2015 sono state le mie amiche africane – di cui c’è una bella foto nella libreria del soggiorno – a insegnarmi a fare questi miei turbanti”. E dalla cassettiera in camera da letto, dove è vietata la tv, mostra una collezione di stoffe colorate che usa come copricapo, molte delle quali sono dei regali.
Un’antica credenza nel soggiorno la riporta all’infanzia piemontese a Bra, in provincia di Cuneo, e contiene la dote lasciatale dalla madre Catterina Barge: un servizio completo di piatti, zuppiere, tazzine da te e caffè. In uno studiolo c’è lo scrittoio ereditato dalla zia e su cui poggia un dipinto di Claudio Castiglioni che ritrae Marco Pannella con l’immancabile sigaro. Sul retro, la dedica: “Per Emma Bonino in ricordo di Marco”. “Questa è l’unica cosa che ho portato via del mio ufficio al Senato”. Ancora Pannella – a cui è dedicata la docufiction per la Rai “Romanzo radicale” di Mimmo Calopresti con la testimonianza anche della Bonino – sorride in una foto abbracciato a lei.
Nella libreria, comprata nel ’72 con il primo stipendio, il testo bandiera della sua fede politica: “Il partito radicale” di Gianfranco Spadaccia, accanto a tanti volumi di storia, l’intera opera di Leonardo Sciascia e i libri di Antonio Scurati. Colonna sonora della casa, la musica di Leonard Cohen e le canzoni di Giorgio Gaber, mentre una simpatica lampada diffonde la luce attraverso la silhouette di Gandhi. Sul tavolino vicino al divano, un colorato gallo iraniano e un quadretto ritraente il Dalai Lama che rimanda all’incontro romano del ’94, quando insieme tennero una conferenza per i diritti del popolo tibetano. Molti i quadri poggiati direttamente per terra, perché le pareti sono basse e non consentono di appenderli. “E comunque non sono tipo da piantare un chiodo nel muro: meglio lasciarlo fare ad altri.
"Prima dell’incontro con i radicali ero una bella contadinotta in carne, perennemente a dieta. Poi i vari scioperi della fame e della sete devono aver sfasato il mio metabolismo e d’allora – come rivela anche il suo frigo morigerato – non ho mai fame. Mangio molto riso basmati e mi piacciono tanto le puntarelle che, quand’è la stagione, compro al mercato di Campo dè Fiori. Questa casa mi dà molta forza: è la consapevolezza che qualunque cosa accada, un tetto sulla testa ce l’ho”.