la Repubblica, 12 novembre 2022
Le atlete viste dall’indice di massa corporea
C’è stato un momento in cui la ginnastica ritmica italiana ha deciso che per essere competitiva doveva fare un altro buco alla cintura. Il come lo stiamo scoprendo in questi giorni con l’inchiesta diRepubblicache documenta gli abusi psicologici sulle atlete. Il quando si può collocare a partire dalle Olimpiadi di Barcellona del 1992. Le prime dopo la caduta del Muro e dell’Urss.
I dati ci parlano
Tommaso Anastasia, 29 anni, laurea in Economia all’Università di Padova, è un data scientist di Horsa Insight: il suo lavoro è quello di modellare e interpretare dati. Di recente, nell’ambito di un progetto di formazione sui dati e sulla loro efficace rappresentazione grafica da proporre alle aziende, ha lavorato a titolo esemplificativo sul grande archivio degli atleti olimpici da Mosca 1980 a Rio 2016. Esploso lo scandalo della ritmica, ha focalizzato l’attenzione su questo sport, prendendo in considerazione l’indice di massa corporea (Imc) delle atlete, il rapporto fra il peso e il quadrato dell’altezza. I valori associati al normopeso, come definito dall’Oms, sono compresi fra 18,5 e 25. «Non è un indice sufficiente per valutare lo stato di salute di un singolo atleta – spiega Anastasia – ma, nel loro insieme, e riferiti a un intero gruppo, i dati ci forniscono spunti rilevanti. Così, ad esempio, raccontano che tra i Giochi del 1988 e quelli del 1992 le azzurre di ginnastica ritmica, come media di Imc, sono scese dall’area del normopeso a quella del sottopeso, per poi restarvi stabilmente. E tale condizione risulta condivisa con tutta la ritmica presente alle Olimpiadi. Dai dati emerge anche che, nel perimetro temporale considerato, chi ha vinto le medaglie si trovava sempre in una condizione di sottopeso o di grave magrezza. Si tratta di dati che sollevano domande e riflessioni».
I numeri, già. Il 75% delle atlete della ritmica è sottopeso, il 25% nella fascia di grave magrezza (Imc di 16). L’Italia è in linea con Usa, Giappone, Cina. Francia e Russia hanno valori ancora più bassi. A Tokyo, un anno fa, le sette azzurre (due nell’individuale, cinque nella gara a squadre) avevano in media 17,2 di Imc.
Da Seul a Barcellona
Non è stato sempre così. A Seul, nel 1988, le due azzurre Micaela Imperatori e Giulia Staccioli in media avevano un indice di 20,37. Quattro anni dopo, a Barcellona, con Samantha Ferrari e Irene Germini, il dato precipita a 16,65. Da allora, la squadra italiana è sempre rimasta sottopeso. È come se a un certo punto la nostra ginnastica ritmica avesse iniziato a guardarsi allo specchio e a mettersi compulsivamente sulla bilancia, obbligandosi a perdere ulteriori otto, nove, dieci chili per mettersi al passo dei Paesi dominanti.
Giulia Staccioli è una delle pioniere azzurre, era ai Giochi di Los Angeles 1984 (boicottati dai Paesi del Patto di Varsavia) e a quelli coreani del 1988. Oggi si occupa di danza con la sua compagnia Kataklò a Milano. Ha un’idea di quel che può essere successo tra la fine degli Anni 80 e l’inizio dei 90. «Premetto che i racconti delle ragazze della ritmica di oggi sarebbero potuti essere i nostri, gli stessi identici, quarant’anni fa. Oggi, per fortuna, è cambiata la sensibilità su questi temi, si è più ribelli, nel modo più sano possibile. Nina Corradini e Anna Basta hanno tutto il mio sostegno e il mio affetto». Poi entra nella questione: «C’è un aspetto estetico nella valutazione espressa dalle giurie. Una voce del punteggio e del codice si sofferma proprio sul canone estetico, a cui se vuoi vincere devi necessariamente uniformarti. Questo, pur con varie declinazioni, c’è sempre stato. Ma la ritmica, come l’artistica del resto, ha conosciuto alla fine degli Anni 80 una vera e propria rivoluzione per la diffusione di metodologie provenienti dall’Est Europa, dalla Russia in particolare, anche grazie alla condizione politica dei Paesi oltre-cortina dopo la caduta del comunismo. I maestri hanno iniziato a viaggiare, a portare il loro know- how altrove. Io ho lasciato la Nazionale a 25 anni, nel 1989. Sono alta 174 cm e non pesavo più di 50kg. Con rinunce incredibili. Immagino cosa debbano essere quelle di oggi, con l’evoluzione che quei metodi hanno avuto negli ultimi decenni».
La triade dell’atleta
«Il rischio» sottolinea la nutrizionista Viola Massone, «è quello di cadere nella cosiddetta “triade dell’atleta”: l’eccessiva magrezza ha come conseguenza disturbi alimentari, amenorrea e osteoporosi. Problemi che ci si porta dietro per anni». L’Italia ha iniziato ad essere competitiva dall’inizio degli anni Duemila, con l’avvento della dt Emanuela Maccarani, entrata in Federazione nel 1996, ex compagna di Nazionale di Giulia Staccioli. Nel 2004 il primo podio olimpico, l’argento nella gara a squadre. A Londra 2012 e Tokyo, nel 2021, due bronzi. La Russia, con le sue tante denominazioni (Urss nell’88, Csi nel ’92, Roc nel 2021) è sempre stata sul podio nella gara a squadre e ha sempre, finora, vinto l’oro individuale, tranne nel 1984 (assente) e nel 2021, quando a beffare Dina Averina e la bielorussa Alina Harnasko è arrivata l’israeliana Linoy Ashram, ritiratasi poi a 22 anni. Nel giugno precedente Maccarani aveva chiesto pubblicamente, in un’intervista, alle due individualiste azzurre Milena Baldassarri e Alexandra Agiurgiuculese di «darsi una svegliata», «ho visto ginnaste mordere la pedana», e agitava lo spettro della stellina Sofia Raffaeli, vicina a prendere il posto di una delle due nelle convocazioni. Cosa non accaduta, poi. Ma all’Ariake Arena, ad agosto, arrivarono un 6° e un 15° posto, compensati in parte dal bronzo a squadre.