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 2022  novembre 12 Sabato calendario

Quello che pensa Giulia Bongiorno

Roma Ha ballato tra le caselle di ministro della Giustizia, dell’Interno e della Pa. Da mercoledì Giulia Bongiorno, penalista, molto impegnata nella tutela delle donne, ex ministro della Pa, è presidente della commissione Giustizia al Senato.
Soddisfatta?
«Sul momento, emozionata. Per chi va tutti i giorni in tribunale, partecipare al processo di formazione delle leggi è una grande opportunità».
Lo era già stata, alla Camera, con il governo Berlusconi-Fini. Cambiano gli obiettivi?
«Ho sempre cercato di mantenere la linea dell’equilibrio. Si può contribuire in qualsiasi ruolo. Da presidente in commissione ho dato priorità alla legge sullo stalking e da ministro della Pa ho contribuito a scrivere il codice rosso. Spero che questa sia la legislatura della svolta».
Svolta? Verso dove?
«Dobbiamo agire su due piani. Primo, velocizzare i processi senza ridurre le garanzie. Altrimenti falliamo».
La Riforma Cartabia non c’è riuscita?
«Gli interventi sono stati poco incisivi, basti pensare al Csm. Immaginavo che il nuovo sistema non avrebbe cambiato nulla delle logiche correntizie. In un’intervista ho indovinato il numero di eletti per ciascuna corrente».
Auspica un’altra riforma?
«Servono modifiche costituzionali. Non dobbiamo aver paura di toccare la Costituzione, abbiamo il dovere di usare equilibrio nel cambiarla. Serve un Csm all’altezza: magistrati liberi non dalle correnti ma dalla loro degenerazione».
Quando partirà la commissione?
«La prossima settimana. Ci è già stato assegnato il decreto Rave, di cui ha parlato l’Italia intera e per il quale tutti, improvvisandosi giuristi, propongono stravolgimenti».
Lei come lo valuta?
«Un decreto delicato che avrà l’attenzione che merita».
C’è chi critica, nel dl, le intercettazioni. Che ne pensa?
«Non parlo del dl. In generale penso che le intercettazioni siano uno strumento fondamentale di ricerca della prova e non sono favorevole a cancellarle. Ma dilatarle troppo può essere fuorviante».
Il dl sui Rave? Ce lo hanno assegnato in Com-missione
Tutti, in proposito, si sono im-provvisati giuristi
Analizzerete il dl in ottica garantista o da «linea dura»?
«Ora ho il dovere di astenermi da giudizi nel merito. In generale, però, coniugare garantismo e rigore è la scommessa di questa maggioranza e, credo, del governo».
Non è contraddittorio?
«Si può trovare l’equilibrio tra fermezza e garantismo. Non si può condannare sommariamente una persona, ma non si può nemmeno continuare con il Far West».
Che intende per Far West?
«La sistematica violazione delle regole e l’assuefazione all’illegalità. Questo vale per molti settori. Anche per l’immigrazione».
Ora tema di scontro con la Francia. Valeva la pena?
«È una dialettica franca tra due Paesi alleati. Ma alcuni punti vanno fissati».
Cioè?
«L’idea che l’Italia sia fuori dalle regole e che le Ong abbiano sempre ragione perché seguirebbero l’interesse dei migranti è sbagliata».
Perché?
«Bisogna tracciare un confine netto tra il soccorso ai migranti e la tratta di esseri umani. Le Ong hanno il dovere di cooperare con le autorità nazionali competenti, informando tempestivamente lo Stato Sar (l’area di mare di ricerca e salvataggio, ndr) di riferimento e quello di bandiera, nel rispetto delle direttive impartite. Quando invece agiscono in autonomia, senza coordinamento, potrebbero celare legami con trafficanti e perciò concorrere nella commissione di reati che non possono più rimanere impuniti».
Lei ha difeso il ministro Salvini nei processi sugli sbarchi. Continuerà a farlo?
«Con questo incarico non c’è incompatibilità. I processi vanno avanti da anni, a Catania c’è stato il non luogo a procedere, in altre procure l’archiviazione, a Palermo è in dibattimento. Differente interpretazione di eventi analoghi. Difformità che andrebbe risolta a livello normativo nazionale e internazionale. Non si può lasciare ai magistrati la responsabilità di affrontare anche questo problema».
È una delle poche donne nominate. E le quote rosa?
«Ho sempre preferito quelle fucsia: la promozione delle donne di valore, non una valorizzazione meccanica. Ma alla maggioranza non si può rimproverare nulla perché ha espresso il primo presidente del Consiglio donna nella storia d’Italia. Una donna che ha puntato solo sul suo talento».