ItaliaOggi, 12 novembre 2022
Ritratto di Pio XII
Andrea Riccardi, La guerra del silenzio, Laterza ed., pp. XVIII + 462
Giovanni XXIII è santo, Paolo VI è santo, Giovanni Paolo I è beato (e sarà canonizzato), Giovanni Paolo II è santo. Pio XII, no. Gli è stata riconosciuta l’eroicità della virtù, ragione per la quale gli è attribuito l’epiteto «venerabile»; ma di passarlo nella schiera dei beati non si parla. L’attuale pontefice chiarì che mancherebbe il necessario miracolo. Strano, perché di miracoli abbondano personaggi che salgono alla gloria degli altari, non importa se a pochi anni o qualche secolo dalla morte. Inoltre, la memoria di papa Pacelli è diffusa.
La verità è che la Santa Sede non intende fomentare proteste nel mondo ebraico che, dopo anni di reverenza verso Pio XII per gli aiuti da lui concessi nel periodo bellico, è passato a un’ostilità crescente verso il defunto pontefice. Non sono mancati segni esteriori di dissidio che, qualora si giungesse a beatificare Pacelli, sarebbero destinati a mutarsi in pesanti reazioni con gravi ripercussioni sull’immagine dell’intera Chiesa cattolica. Ciò si capisce dalla recente ricostruzione storica di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di s. Egidio e ministro nel gabinetto Monti. Riccardi scava nel ventennio pacelliano, consultabile con un’eccezionale anticipazione rispetto ai tempi ordinari dell’Archivio apostolico. Tale fatto quasi nessun autore lo ricorda, come se i documenti sotto il pontificato di Pio XII fossero visibili solo per pressione di chi li riteneva tenuti nascosti, mentre il limpido papa Bergoglio li avrebbe resi pubblici. L’autore ammette che la ricerca «non sembra essere stata guidata da una strategia difensiva».
La critica essenziale a Pio XII è semplice: fu un papa diplomatico, non un papa profetico. Quel che gli si rimprovera è la ricerca di transazioni, di vie di salvezza, di rimedi, in luogo di un profetismo che non è ben chiaro come avrebbe potuto esprimersi, anche se molti ritengono che avrebbe dovuto, tanto per chiarire, sdraiarsi sui binari di un treno diretto in un campo di concentramento. Ovviamente chi si diletta di profetismo si guarda bene dall’applicarlo a papa Bergoglio quando cede in toto all’egemonia del comunismo cinese regalandogli, di fatto, la scelta dei vescovi. Chi vorrebbe un Pio XII profeta apprezza Agostino Casaroli nelle sue costanti concessioni agli Stati comunisti, quando nutriva l’illusione di convertirli. La verità è stata sempre ripetuta dagli osservatori che capiscono il dramma di Pacelli: ogni intervento che superasse un limite molto ristretto, di denuncia, provocava conseguenze gravissime verso i perseguitati, come si sperimentò.
Riccardi non tace questi condizionamenti che limitavano le possibilità di Pio XII, del quale conosce una certa timidezza che era propria del pontefice, ben diversamente dal predecessore Pio XI. Questi era l’uomo che batteva i pugni sulla scrivania e parlava a braccio, sovente improvvisando, laddove Pacelli era un mistico che rifletteva su ciascuna parola fino all’ultimo momento prima di pronunciarla. Pio XI guardava al presente, Pio XII ai secoli futuri. Infatti, il pontefice stesso ricordava che il linguaggio del pontefice non può essere quello di un Paese in guerra, perché il papa è padre di tutti. Imparziale, dunque, pur se «l’imparzialità non è neutralità e non è indifferenza, perché la Chiesa partecipa al dramma dei popoli».
Riccardi è documentato quando rammenta che il termine «silenzio» prende l’avvio con l’atteggiamento di Pio XII nei confronti della Polonia. Si parla allora di «delitto del silenzio». Del resto, come annotava il caustico Domenico Tardini, dal 1944 massimo collaboratore di Pacelli, «gli americani credono possibile che il governo comunista, una volta vincitore della guerra, entri come un mansueto agnellino nella famiglia delle nazioni europee».Tutti i paesi volevano che Pio XII denunciasse l’uno o l’altro Stato. Non erano appagati delle sue dichiarazioni, con suo grande stupore. «Non vuole accusare, nominatim, i responsabili, perché è convinto che dovrebbe farlo, pur a livello diverso, quasi per tutti i belligeranti»..La Chiesa con la fine della guerra assunse il ruolo di «vittima del nazismo»: non aveva mai percepito le dimensioni reali dell’eliminazione degli ebrei, pur se le giungevano molte informazioni. «Pio XII non ha parlato apertamente degli ebrei durante la guerra, ma ha operato per una politica di asilo e ha fatto pressione su vari Stati europei».