Avvenire, 12 novembre 2022
Ribellione umana (e letteraria) alle angherie sulle giovani atlete
Si sta costruendo un nuovo significato per una parola del nostro vocabolario, “maialino”, ed è un significato lontanissimo dall’accezione tradizionale del termine. “Maialino” è un piccolo maiale, un maiale da appena nato a pochi mesi, dalla carne tenerissima, perciò ricercata nei ristoranti. È un animale per definizione “grasso”. Il mio amico scrittore, che purtroppo non c’è più, Giuseppe Pon-tiggia, pareva a prima vista “grasso”, ma lui spiegava che tra “grasso” e “grosso” cambia solo una vocale, e questa vocale può cambiarla l’osservatore, non l’osservato. Era una tecnica autoconsolatoria. In questi giorni si fa un uso maligno del termine “maialino”, per indicare una categoria di persone (anticipando il senso della frase, mi vien da dire “personcine”) che sono il più lontano possibile dalla grassezza, l’opposto della grassezza. E queste persone, o affettuosamente personcine, sono le ballerine della ginnastica ritmica, quelle che in gruppo vengono chiamate “farfalle”. Sembrano senza peso. Non saltano ma volano. Si librano. Non sono soggette alla gravità. Sembrano l’essenza incorporea della loro musica.
Vien da pensare che sono così per grazia della Natura, non per costruzione dell’esercizio e della tecnica. Si resta increduli e sbigottiti quando si sente che è in corso una battaglia tra certe loro allenatrici e loro: le allenatrici vedono difetti che noi non vediamo, errori che noi non notiamo, e pensano che questi difetti ed errori dipendano da una colpa imperdonabile:
le bambine mangiano troppo, pesano troppo, non sono libellule librate in aria, ma sono (ecco la definizione che salta fuori) “maialini”. C’è in particolare una ginnasta di pochi anni, ampiamente minorenne, che si muove nell’aria e plana sul pavimento con la leggerezza e l’inconsistenza corporea di una piuma. Le allenatrici la pesano ogni giorno. Anzi, se non capisco male, più volte al giorno. La magnifica fanciulla oscilla un po’ sopra e un po’ sotto i 38 chili, e quando li supera vien terrorizzata con i più turpi nomi, è lei che vien chiamata “maialino”.
Il mondo della ritmica è una sfera a sé, in cui la leggerezza è la angelicità e il peso è la diabolicità. In questo mondo di angeli la poveretta viene accusata di essere l’incarnazione del Maligno. Chi è stato che credeva di essere l’incarnazione del diavolo e per fare morire il diavolo dentro di sé non ha più toccato cibo, e s’è lasciato morire di fame? Ah, Gogol. Se continua così, la poveretta farà la fine di Gogol. A noi, a me e a quelli come me, non esattamente libellule, viene l’impulso di difendere questa fanciulla (“fanciulla” è più angelico, e meno corporeo, di “ragazza”) per un senso di autodifesa: se questa danzatrice è un maialino, cosa siamo noi? E quelli come noi? E tutti? Questa danzatrice di pochi anni e di pochi chili quando va in bagno la seguono, per controllare che non mangi di nascosto. Ma dunque la piccola ha fame? Cerca cibo? Essere bella è una grazia, avere fame è una disgrazia. La grazia a questa fanciulla gliela dà la Natura, la disgrazia gliela dà il mondo dello sport-spettacolo. Cioè noi. La Natura è bella. Siamo noi che sappiamo essere brutti.