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 2022  novembre 12 Sabato calendario

“PER MOSCA SI TRATTA DI UN SEGNALE DI SCONFITTA CLAMOROSO” – SECONDO L’AMBASCIATORE FERDINANDO NELLI FEROCI LA RITIRATA DELL’ “ARMATA LESSA” DI PUTIN DA KHERSON È “LA CONFERMA CHE I RUSSI NON RIESCONO A PORTARE AVANTI L'OFFENSIVA SUL TERRENO COM' ERA NEI LORO PIANI. AL MOMENTO PERO' MANTERREI LA PRUDENZA: IL RISCHIO È UN ALTRO, LA RICERCA DA PARTE DELLA RUSSIA DI VIE ALTERNATIVE ALLA GUERRA TRADIZIONALE…” -

La conquista di Kherson segna una svolta nella guerra in Ucraina, ma non quella definitiva. L'ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, diplomatico di lungo corso e attualmente presidente dell'Istituto affari internazionali ha spiegato perché una mediazione con Kiev al momento sia difficile.

Ambasciatore Nelli Feroci, i russi hanno ammesso di essersi ritirati da Kherson. Il mondo esulta, ma l'Ucraina no. «Al momento manterrei la prudenza degli ucraini. I russi hanno fatti parecchi annunci clamorosi. È anche curioso e inusuale il modo in cui è stata resa nota questa decisione: molto pubblicizzato, molto teatrale. Una sorta di commedia fra il generale Surovikin e il ministro della Difesa. Mi è sembrato tutto rivolto all'uditorio mondiale. Di solito queste decisioni non vengono condivise in questo modo».

Secondo molti questa mossa cambierà. È davvero così? «Se seguita dai fatti, la decisione è la conferma che i russi ora non riescono a portare avanti l'offensiva sul terreno com' era nei loro piani. Si tratta di un segnale di sconfitta abbastanza clamoroso. Specie se si pensa che loro avevano puntato sulla regione di Kherson (fra le prime a essere occupate), come uno dei territori da annettere alla Federazione russa dopo i noti referendum. È un segnale che qualcosa nel dispositivo militare non funziona».

Quali possono essere le conseguenze del ritiro russo? «Difficile da dirsi. Potrebbe essere un'operazione di natura tattica, che serve ai russi per prendere tempo, ricompattarsi sul terreno e fare arrivare le nuove leve. Va poi sottolineato che forse per Mosca mantenere Kherson era diventato difficile e costoso. Ritirarsi sulla riva sinistra del Dniepr dovrebbe rendere le cose più facili».

Le difficoltà sono altrove pare di capire. «Rimane difficile, se non imperscrutabile, comprendere quelli che dovrebbero essere gli obiettivi di questa operazione militare speciale da parte dei russi. Sono cambiati molte volte. Dopo l'annessione dei territori del Donbass più le regioni di Kherson e Zaporizhzhia sembrava che queste fossero diventate linee non valicabili. Ora, immagino che qualcosa sia vacillando nella strategia russa, ma diventa sempre più difficile capire quale sia l'obiettivo di Putin».

La settimana prossima a Bali ci sarà il G20. Putin non ci sarà, manderà il ministro degli Esteri, Sergeij Lavrov. Un'occasione persa? «Non credo che il G20 sia la sede per trattare del tema Ucraina. Ma il rischio è un altro, ossia la ricerca da parte della Russia di vie alternative alla guerra tradizionale. Una ricerca che diventerà ancora più di attualità quando Putin si renderà conto che la guerra sul terreno non sta funzionando. Se l'offensiva militare non funziona è perché è senza sbocchi e costa troppo in termini economici, reputazionali e sociali». 

Putin potrebbe quindi essere tentato di trovare la resistenza ucraina ad esempio con il ricatto energetico o con gli attacchi cyber.  «Difficile immaginare allo stato attuale le basi per un compromesso. La Russia ha dichiarato l'annessione di una parte dell'Ucraina che corrisponde grosso modo al 20% del suo territorio. Fare un passo indietro per Putin è politicamente insostenibile. Ma è altrettanto inaccettabile per Zelensky rinunciare a quei territori che tra l'altro non neppure interamente sotto il controllo delle truppe russe».