il Fatto Quotidiano, 12 novembre 2022
I problemi giudiziari di Alessio D’Amato
C’è un fardello che pesa non poco sulla candidatura di Alessio D’Amato alla presidenza della Regione Lazio. Una macchia che si pensava ormai scolorita, tornata alla luce due mesi fa e che rischia di rovinare l’ottimo bagaglio di visibilità politica derivante da una gestione positiva della pandemia nella Capitale. L’assessore uscente alla Sanità della giunta di Nicola Zingaretti, infatti, il 1° settembre 2022 è stato condannato in primo grado dalla Corte dei Conti a risarcire proprio la Regione Lazio per 275 mila euro. La vicenda risale agli anni 2005 e 2006 e a due contributi da 205 mila e 70 mila euro assegnati dall’Ente regionale alla “Fondazione Italia Amazzonia Onlus”, che in quel momento vedeva come presidente l’attuale co-portavoce dei Verdi, Angelo Bonelli (mai coinvolto nell’inchiesta), e come vice proprio D’Amato, all’epoca dei fatti giovane consigliere regionale e leader locale dei Comunisti Italiani. Il problema, come accertato dalla Guardia di Finanza, è che questi soldi sono stati utilizzati “per finalità diverse da quelle proprie del progetto” finanziato.
Come? I fondi dovevano essere impiegati nella “realizzazione di un progetto di ricerca e divulgazione delle culture delle popolazioni amazzoniche” e per la “realizzazione di iniziative di conoscenza, solidarietà e difesa della cultura delle popolazioni indio-amazzoniche”. Invece, certifica la sentenza, i fondi furono usati per finanziare le iniziative organizzate dalla Onlus insieme alla Associazione RossoVerde-Sinistra Europea, di cui D’Amato era socio e fondatore. In particolare, nelle carte si parla di spese sostenute per il materiale pubblicitario di un evento del 4 dicembre 2005 dal titolo “Nasce Rosso Verde”, manifesti e annunci sui quotidiani rendicontati a Italia-Amazzonia. Per i giudici, una “preordinata commistione soggettiva” con “l’utilizzo di fondi pubblici per meri interessi privati”.
L’indagine penale fu archiviata per prescrizione nel 2014, ma il dispositivo fu utilizzato dalla magistratura contabile per riaprire il caso. D’Amato ha già detto che farà ricorso in Appello e ribadisce la linea difensiva e la correttezza del suo operato. Ma è ovvio che l’imbarazzo sia ancora forte. Basti pensare che già durante il primo mandato di Zingaretti in Regione (2013-2018) si evitò per un periodo di affidare l’assessorato a D’Amato, preferendo dargli il vertice della “cabina di regia sulla sanità”, che di fatto era la stessa cosa.
Da Roma a Milano, un problema molto simile ce l’ha anche Letizia Moratti, l’altra candidata governatrice lanciata dal sostegno di Azione e Italia Viva. Alla fine del 2018 l’ex sindaca di Milano e la sua ex giunta comunale furono condannati in Cassazione a risarcire 1 milione di euro per il danno erariale causato dalle “consulenze d’oro”, connesse all’assunzione senza requisiti di 6 addetti stampa e al conferimento di 11 consulenze esterne a non laureati.