Estratto dell’articolo di Fabio Tonacci per repubblica.it, 11 novembre 2022
BALCANI IN FIAMME - NEL NORD DEL KOSOVO AGENTI (E POLITICI) D'ETNIA SERBA IN RIVOLTA CONTRO IL GOVERNO DI PRISTINA: "PRONTI A COMBATTERE SE IL PREMIER ALBIN KURTI INVIERÀ QUI LE FORZE SPECIALI PER COSTRINGERCI A METTERE LE TARGHE KOSOVARE. QUI SI RISCHIA UN’ALTRA GUERRA" - IL PREMIER KURTI ACCUSA LA RUSSIA DI ESSERE “STRUMENTO DEL CREMLINO” - BELGRADO METTE L’ESERCITO IN ALLERTA -
Oltrepassato il fiume Ibar che taglia in due la città, la Repubblica del Kosovo si dissolve. Nelle strade di Mitrovica Nord non girano più le pattuglie della polizia, gli agenti serbi si sono dimessi in blocco. Chi dovrebbe garantire l'ordine e la sicurezza adesso dice "sono pronto a combattere se il premier Albin Kurti invierà qui le forze speciali per costringerci a mettere le targhe kosovare".
Il municipio è deserto, il sindaco Milan Radojevic se n'è andato. "Gli uffici non funzionano, si sono dimessi i pubblici ufficiali serbi e anche i bosgnacchi", fa un ragazzo, sbucato da un ingresso laterale con dei fogli in mano. "Sì, pure io...". La Corte di base è aperta, ma non c'è speranza di trovare udienza: i giudici rimasti, di etnia albanese, hanno interrotto i processi. La sede del Comitato d'emergenza, sorta di protezione civile, è vuota. Lo Stato, nel Kosovo del Nord, è sospeso.
Non era mai accaduto. Nemmeno durante la notte delle barricate e degli spari contro i poliziotti della scorsa estate, quando il contingente militare Kfor a guida Nato stava per intervenire con le armi. Dalla firma degli accordi di Bruxelles (2013) tra Belgrado e Pristina che ha dato il via alla progressiva integrazione delle istituzioni della minoranza serba-ortodossa in quelle della Repubblica del Kosovo (la cui indipendenza è riconosciuta da 98 dei 193 Paesi dell'Onu), mai si è vista una protesta così partecipata: 600 agenti sui 997 di etnia serba che fanno parte del Corpo di polizia, 300 dipendenti ministeriali, 130 magistrati, 11 doganieri dei valichi di frontiera di Bernijak e Jarinje, i dieci parlamentari della Lista Srspka, i quattro sindaci delle municipalità del nord, hanno rassegnato le dimissioni, causando un vuoto di potere che è anche vuoto di autorità. Dunque, far west per la mafia locale.
Tutto per una targa che non è solo una targa.
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Davanti al ponte sull'Ibar presidiato dai carabinieri passeggiano i deputati dimissionari. "Fin dove volete arrivare? C'è Mosca dietro la vostra scelta? È vero che dei russi presenti qui vi stanno guidando, come sostiene il ministro dell'Interno?". Non rispondono. Non una parola sul segreto di Pulcinella, ossia che l'ordine sia partito dal presidente della Serbia Alexandar Vucic che oggi a Parigi potrebbe vedere Kurti a margine di un incontro organizzato da Macron. Si parlerà della proposta franco-tedesca, che prevede il riconoscimento dell'indipendenza e per questo già bocciata da Belgrado. E di come evitare altro spargimento di sangue in Kosovo.