la Repubblica, 11 novembre 2022
Migranti, come funziona l’accordo europeo per la redistribuzione
Un «accordo storico», l’aveva definito a giugno la commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson. Ma ora all’Italia il patto di redistribuzione dei migranti, faticosamente riavviato dalla ex ministra Lamorgese d’intesa proprio con quel collega francese Darmanin che ora minaccia di strapparlo, non interessa più di tanto. «Numeri assolutamente insufficienti. L’Italia non darà la sua adesione a soluzioni per un Patto europeo non adeguatamente bilanciato tra solidarietà e responsabilità», dice il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
Il prossimo volo in partenza dall’Italia, con 50 migranti, era programmato a breve. Ma Parigi lo ha bloccato. Non che i numeri dei ricollocamenti di questi primi quattro mesi siano significativi. Ma le adesioni, crescenti, al meccanismo per redistribuire automaticamente in Europa chi sbarca nei Paesi costieri erano la prima pietra del Patto europeo per l’immigrazione e l’asilo. Patto sul quale i 27 Stati membri della Ue sono ancora lontani dal trovare un’intesa per superare il regolamento di Dublino, quello che inchioda i Paesi di primo approdo al dovere di accogliere chi sbarca.
Solo 117 le persone che, da giugno ad oggi, sono state redistribuite in Europa: 74 in Germania, 38 in Francia e 5 in Lussemburgo. Lo 0,13%, stima il Viminale, dei circa 90mila migranti arrivati in Italia nel 2022. Un numero assai lontano da quei 7-8.000 che, entro giugno 2023, dovrebbero lasciare il nostro Paese peressere ricollocati in uno dei 13 Stati che hanno dato la loro disponibilità ad accogliere migranti (altri 5 si sono offerti di dare un contributo finanziario per rimpatriare chi non ha diritto all’asilo). E assai lontano anche dai 987 che l’Italia era riuscitaa ricollocare con il Patto di Malta 1, il prologo (sperimentale) di questo nuovo accordo, voluto da Luciana Lamorgese nell’ottobre 2019 e decaduto poco prima della pandemia.
L’esiguità dei ricollocamenti conclusi è la spia di come, adesioni sullacarta a parte, il meccanismo di redistribuzione automatica che l’Italia invoca da anni stenti a mettersi in moto. Ma ecco come dovrebbe funzionare il nuovo accordo al quale hanno aderito 23 Paesi, 19 Stati membri e 4 extra Schengen. Il patto ha validità un anno e prevede la redistribuzione di 10.000 persone sbarcate nei Paesi di primo approdo, dunque Italia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta. Prevedibilmente, visto il numero degli arrivi del 2022, dall’Italia dovrebbero andar via circa 7.000 persone. Data la pressione migratoria degli ultimi mesi, maggiore rispetto agli altri Paesi costieri, si è deciso di dare priorità proprio all’Italia. La Francia (con 3.500) e la Germania (3.000) gli Stati che hanno dato la disponibilità più ampia ad accogliere.
La nuova versione del Patto, segnando una differenza fondamentale con Malta 1, prevede che ad essere redistribuiti siano non solo quanti hanno i requisiti per chiedere asilo ma anche i cosiddetti migranti economici (finora, di norma, restavano nei Paesi di primo approdo, che dunque avevano anche l’onere di rimpatriarli, operazione costosa e difficilissima). Che poi questo accada davvero è tutto da dimostrare. La redistribuzione, in concreto, continua a funzionare con gli ispettori dei Paesi di destinazione che vanno in visita nei centri di accoglienza di quelli costieri. Qui avvengono le interviste e vengono visionate le “schede” dei candidati al ricollocamento, che dunque continuano a essere scelti secondo criteri di utilità lavorativa o di (presunta) facile integrazione. L’Italia e gli altri Paesi costieri si sono impegnati a identificare in modo completo tutte le persone che sbarcano, e a inserirne i dati nella banca Eurodac: è un modo per limitare i “movimenti secondari”, che fanno sì che i Paesi del Centro e del Nord Europa siano alla fine quelli con più richieste d’asilo.